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Un Nuovo Assetto Globale – Teoria per un Nuovo Equilibrio di Pace

Geopolitica

Il mondo è cambiato, la politica dei blocchi è fallita, il tentativo di rendere la Russia una “potenza regionale” (di Obamiano concetto) è naufragato, l’idea che la Cina sarebbe stata un docile partner dell’Occidente violentemente abortita, il sogno di una Europa dei Popoli federale e equa interrotto dal patto di Aquisgrana. 

Nel mondo, nel nostro mondo, oggi la Russia ha ripreso (anche se solo in parte) il suo ruolo di attore globale, sebbene sia lontana dalla superpotenza di sovietica memoria. La Cina ha assaporato il gusto del Potere e ora nulla può indurre la sua leadership a mitigare il desiderio di una Grande Cina egemone fisicamente in Asia ed economicamente e politicamente nel mondo. L’Europa è  divenuta una diarchia franco-tedesca sebbene fortemente instabile per il desiderio tedesco di relegare i francesi ad una loro appendice militare. In questo scenario gli Stati Uniti (e non per colpa di Trump) cercano di recuperare i danni di otto anni di presidenza Obama. 

A latere di questi attori principali decine di paesi cercano di diventare protagonisti nella loro regione, e punti di riferimento per le potenze mondiali che operano vicino a loro.

Egitto, Turchia, Iran, Corea del Nord, Arabia Saudita, India lottano con ogni energia per diventare indipendenti sotto ogni punto di vista, non dover dipendere dall’estero per approvvigionamenti alimentari, forniture industriali, produzione meccanica, sviluppo di capacità militari. Nello scenario attuale abbiamo assistito ad un fortissimo e diffuso interventismo cinese (economico e politico al momento) che ha portato Pechino ad avere in ogni paese del mondo lobbisti (prezzolati e non) pronti a difendere gli interessi cinesi, spesso a scapito degli interessi nazionali delle nazioni terze. Sebbene, come abbiamo detto, i cinesi abbiano cercato di creare una rete globale di analisti, politici e dirigenti di azienda a loro vicini, si sono sviluppate anche “alleanze” politiche a livello di stato con alcuni di questi paesi: Iran, Corea del Nord, Italia e soprattutto con la Russia. 

Parliamo in particolare della Russia perché potrebbe essere Mosca il vero ago della bilancia del nuovo assetto globale. Se Pechino riuscirà a neutralizzare Mosca, e a farla diventare un “socio” (sempre però minoritario nello schema di pensiero cinese), allora Pechino avrà aperte le porte che la condurranno al controllo globale. La Cina infatti, al fine di focalizzare la sua forza militare (oltre che come già detto politica) oltre il mar della Cina, ha dovuto garantirsi la sicurezza dei suoi confini terrestri e con essa la certezza che nessuna forza ostile potrà mai invadere la madrepatria cinese. Questa condizione ha rappresentato la forza stessa degli Stati Uniti che, isolati dal resto delle terre emerse e confinante con due paesi alleati e non minacciosi (Messico e Canada) non hanno dovuto badare alla difesa dei confini ma hanno potuto proiettare la sua potenza in tutto il globo. Questa nostra affermazione è sostenuta dal fatto che nell’unica occasione nella quale la madrepatria americana è stata minacciata da breve distanza (ci riferiamo alla crisi di Cuba) gli Usa non esitarono ad arrivare ad un passo dalla guerra mondiale per mantenere la loro sicurezza dei confini. 

Ecco oggi l’unico paese in grado di minacciare i confini cinesi è proprio la Russia e su di essa ora ci concentreremo. Russia e Cina sono geograficamente nemici naturali, a differenza di Russia e Stati Uniti.  La storica ambizione russa di un posto al sole nel Pacifico a sud di Vladivostok è stata mitigata dopo il crollo dell’Unione Sovietica ed il conseguente focus della politica russa rivolto alla parte occidentale della Federazione. Negli ultimi anni della presidenza Putin la Russia ha esteso il suo interesse nuovamente alla regione artica ed in parte anche alla regione del Pacifico. La carenza di una moderna flotta navale e gli anni di oblio in cui è versata la regione siberiana rallentano le ambizioni russe nell’estremo oriente, che però rimane dai tempi di Port Arthur ad oggi una delle direttrici di espansione politica, commerciale e militare naturale della Russia. 
La Cina, ben conscia di questa situazione, cerca costantemente di garantirsi una Russia non ostile, allettandola con due elementi non secondari per il Cremlino. Il primo elemento è la possibilità per la Russia di esportare in Cina ingenti quantità di gas naturale, la seconda è dichiararsi disponibile a fare fronte comune per abbattere l’egemonia americana. Putin però è ben cosciente che nel momento in cui la Cina dovesse prevalere definitivamente contro gli Stati Uniti, inevitabilmente e conseguentemente la Russia sarebbe la “vittima” successiva dell’espansionismo cinese. 

La Russia è oggi senza opzioni, obbligata dallo status quo a fornire energia a basso costo alla Cina, a lottare per mantenere una distanza fisica tra i confini della nazione russa e confrontarsi con potenziali armi offensive che potrebbero minacciare l’integrità e l’indipendenza della Federazione Russa. La Cina invece agisce in maniera più spregiudicata e tenta di inserirsi anche nelle possibili aeree di influenza russe, Europa e Mediterraneo in primis. Interessante sarà osservare la postura cinese verso la Turchia, che potrebbe essere utilizzata da Pechino in una duplice maniera. La Turchia odierna reclama il suo spazio vitale, sia con il concetto terreste del neo ottomanesimo (la rinascita della sfera di influenza turca da Baghdad a Gibilterra), sia con la teoria marittima della “patria blu” (l’annessione alla Turchia di tutte le isole dell’Egeo prossime alla terraferma turca, da sempre terre greche). Ecco questa Turchia è l’ideale candidato cinese per un ruolo chiave nel mediterraneo.

Guidata da uomo, Erdogan, che si crede predestinato a riportare, nel nome di Allah, la Turchia, anzi l’Impero Ottomano, alla “grandezza che merita”. Pechino potrebbe essere molto interessata ad aiutare Erdogan nella sua missione e non solo in chiave anti-occidentale in senso lato ma anche e soprattuto per far sorgere una nazione in grado di contendere alla Russia il dominio nel Mar Nero, mettere condizioni alle esportazioni russe verso l’Europa e rendere quindi più “conveniente” per Putin rifornire di gas Pechino, e non ultimo far sì che una nazione musulmana minacci e metta in difficoltà la più importante comunità ortodossa “non moscovita”, quale è la Grecia. 

La Turchia in questa ottica rimane comunque uno strumento delle azioni cinesi mentre l’obiettivo principale della geopolitica globale cinese, al di fuori del mar Cinese Meridionale, è a nostro avviso rendere la Russia non in grado di nuocere ai progetti espansionistici di Pechino. 
Ecco perché una forma di collaborazione tra Occidente e Russia non solo è auspicabile ma risulta invece indispensabile in ottica di contenimento dell’espansionismo cinese. Putin stesso ha ben chiaro questo concetto, ed infatti non ha atteso un minuto per fornire all’India, storico avversario cinese, tutto l’hardware militare che New Delhi ha richiesto viste le continue provocazioni cinesi al confine tra i due Stati. Allo stesso tempo il Cremlino ha ordinato lo stop alle forniture dei sistemi di difesa aerea S-400 al governo di Pechino, ben cosciente delle capacità degli ingegneri cinesi di assimilare rapidamente le conoscenze tecnologiche applicate al sistema S-400 il quale potrebbe essere impiegato, in una forma evoluta Made in Cina, contro la stessa Russia. 

Ma come mettere in atto questa strategia di coinvolgimento della Russia, dopo i tanti fallimenti del passato e dopo gli scontri che hanno visto contrapposti Mosca e gli Stati Uniti, nonché Mosca e l’Unione Europea. Dopo la speranza di Pratica di Mare, il collasso del trattato ABM, il crollo del trattato INF, la fine del trattato Open Sky, il Maidan di Kiev, le primavere arabe (che avevano come ultimo obiettivo quello di relegare la Russia ad una potenza terrestre senza accesso al Mediterraneo), i vari interventi in Siria, ed ora i tentativi di rivolta in Bielorussia, Mosca vede ormai parte dell’Europa (e segnatamente la Germania, seguita dalla Polonia, dai Baltici e dagli Scandinavi) non come un avversario ma ormai come un nemico. 


Per prima cosa è necessario garantire una via di esportazione sicura del gas russo verso il sud Europa. Per fare ciò è indispensabile che la Turchia non riesca ad instaurare una Zona Economica Esclusiva in grado di condizionare la posa e la gestione di ogni gasdotto che volesse attraversare il mediterraneo da est verso ovest. Per fare questo l’unica possibilità è appoggiare politicamente, economicamente, diplomaticamente e militarmente Grecia ed Egitto nella loro battaglia di sopravvivenza contro i turchi. La Germania non ha invece alcun vantaggio da una vittoria occidentale nel Mar Mediterraneo in quanto, come la Cina, necessita e già ottiene forniture energetiche dalla Russia, che troverebbe  nel sud Europa un mercato alternativo.

Il secondo passaggio riguarda la Libia che dovrebbe essere accompagnata nella sua rinascita da Italia ed Egitto estromettendo la Turchia ed allo stesso tempo ottenere dai Russi l’assicurazione di un loro disimpegno dal Nord Africa al fine di impedire che missili a raggio intermedio russi possano minacciare direttamente il comando sud della NATO. Come contropartita a questa concessione russa, Mosca dovrebbe avere garantita la non influenza occidentale in Bielorussia (per le stesse ragioni a parti invertite riguardanti la presenza di missili a raggio intermedio, sistemi antimissile ecc), e la neutralità dell’Ucraina sulla falsariga del trattato di stato austriaco, ridisegnando in parte i confini tra Russia e Ucraina stessa. 

Terzo punto (il più importante e che a livello globale potrebbe essere anche il solo veramente in grado di modificare l’attuale situazione di conflitto): la stipula di un nuovo trattato-quadro che deve comprendere gli elementi classici della deterrenza e del bilanciamento delle forze (ABM, INF, Open Sky), con un importante paragrafo che metta al bando l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI) in campo militare (elemento al quale dedicheremo un ampio spazio nelle prossime settimane). Tale trattato-quadro dovrà impegnare Stati Uniti, Europa, Russia, Giappone e Cina. La Cina potrebbe essere l’unica nazione a rifiutare tale trattato, evidenziando ancora una volta la sua attitudine espansionistica. Questo trattato potrebbe essere definito come la garanzia di una pace globale, in quanto potrebbe eliminare gli elementi di conflitto e di sospetto che stanno generando una corsa agli armamenti di proporzioni potenzialmente in grado di alterare l’intero assetto produttivo mondiale.

Il quarto punto è economico ed è rappresentato dalla creazione di una commissione per la rimozione graduale e calendarizzata delle sanzioni economiche e dei dazi reciproci che dovrà avanzare simultaneamente con i passi del trattato-quadro riguardante gli elementi base del nuovo equilibrio globale 

In assenza di questi passaggi, e ancor di più in caso di vittoria democratica alle prossime elezioni americane, la Russia identificherà noi, noi europei, noi occidentali, come una minaccia diretta alla sovranità e all’indipendenza della Federazione e di conseguenza torneremo ad essere un obiettivo strategico primario per gli analisti, e per le armi russe. Da un punto di vista economico le sanzioni e le contro-sanzioni tra Europa e Russia ci priveranno di un mercato dalle grandi potenzialità, mentre l’Africa è ormai già sotto il tallone economico di Pechino e nel momento in cui gli Stati Uniti hanno riscoperto i vantaggi che ha per gli Usa un protezionismo ben ponderato. 

Molto, se non tutto, si giocherà nella notte elettorale americana, se Trump dovesse prevalere (fatto oggi molto difficile, come già 4 anni fa) e l’Europa scegliesse la via tedesca di conflitto con Mosca, Roma non dovrebbe ripetere gli errori sciagurati del 1938. Se i Democratici Usa prevarranno dovremo lasciare la Germania al suo destino, lavorando in ogni modo per cercare di procedere verso lo scenario da noi descritto. 

In caso contrario diverremo inevitabilmente, e senza che i nostri stessi decisori se ne rendano conto, strumento e vittima dell’espansionismo globale  cinese.