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Nessuna deterrenza possibile contro Kim Jong Un

Kim Jong Un è immune alla residua e minimale capacità di deterrenza degli Stati Uniti d’America, questa la nostra tesi.
Dopo che la Corea del Nord ha impunemente affondato la corvetta Cheonan, Kim è profondamente convinto che gli Stati Uniti non posseggano più quel mix di volontà e unità politica che permettevano agli States di imporre le loro decisioni al mondo intero soltanto spostando un gruppo attacco portaerei.
Kim non può essere fermato con le parole e non solo per questa ormai labile detterenza americana.
Kim non può essere fermato dai discorsi e dalle minacce americane perché ha osservato che dotarsi dell’arma atomica, e poi dei vettori per trasportala a 10000 km di distanza, fa sì che, non solo gli Stati Uniti, ma anche tutti gli avversari regionali cerchino di intraprendere con la Corea del Nord, sempre e comunque, la via diplomatica.
Questo accade mentre la Corea del Nord non ha ancora pienamente dimostrato le sue capacità missilistiche, né ha proposto esplosioni nucleari di grande potenza. Se Kim dimostrasse al mondo di essere veramente a capo di una potenza nucleare, cosa potrebbe ottenere al tavolo delle trattative?
Al contrario, se Kim cedesse alla pressione americana senza colpo ferire, egli sarebbe un bersaglio per l’ampia schiera di generali, alti funzionari e parenti stretti, che ambiscono ad al vertice del potere nord-coreano, magari contando su di un maggiore appoggio da parte della Cina. Kim è incastrato all’interno della retorica che egli stesso ha contribuito a costruire.
Il grande nemico americano ha minacciato direttamente e pubblicamente la Corea del Nord e il Leader Supremo non può certo cedere davanti a questo comportamento di Trump, il quale ha utilizzato con Kim la stessa fraseologia spesso sentita nelle dichiarazioni ufficiali di Pyongyang.
Ma quella che osserviamo in Corea del Nord non è una disputa locale, bensì un problema globale.
Se è vero, come è vero, che Kim è immune alla deterrenza americana, è altresì corretto affermare che se il dittatore della Corea del Nord dimostrerà di aver ottenuto rispetto e soldi grazie all’avventura nucleare, altri paesi lo seguiranno rapidamente lungo la medesima strada.
Iran, Arabia Saudita, Turchia, ma anche Giappone ed Egitto, potrebbero decidere la costruzione della bomba.
Tra queste nazioni un discorso a parte lo merita l’Iran, e questo per due motivi: primo, è il miglior alleato della Corea del Nord; secondo, ha già infrastrutture, a livello industriale, e la volontà, a livello politico, di diventare uno stato dotato di armi nucleari.
Oggi non è nell’interesse di medio e lungo termine degli Stati Uniti accettare un compromesso che permetta comunque alla Corea del Nord di avanzare verso il rango di potenza atomica. Certo, darla ancora una volta vinta a Kim, e di conseguenza permettere un domani la proliferazione atomica in molti altri paesi, sarebbe per un politico in carica negli attuali Stati Uniti la scelta più semplice.
Trump, al pari di Obama, sarebbe acclamato come un uomo di pace che ripudia la guerra. Non è un fatto nuovo, è avvenuto moltissime volte nella storia dell’umanità.
Uno degli episodi più famosi vide protagonisti il cancelliere del Reich Hitler e il Primo Ministro britannico Chamberlain. Il britannico ottenne la firma di Hitler su un pezzo di carta e allo stesso tempo concesse alla Germania la provincia dei Sudeti.
La Gran Bretagna e il mondo evitarono una guerra, per poi doverne affrontare una molto più spaventosa pochi anni dopo e profetiche furono, poco dopo la firma dell’accordo, le parole di Churchill:

You were given the choice between war and dishonor. You chose dishonor, and you will have war.