I Neo-Ottomani preparano l’attacco all’Occidente.
Per loro, per gli ideologi del neo-ottomanesimo intrisi di retorica nazionalista, mistica, religiosa noi, noi Occidente, siamo semplicemente il nemico. Noi, noi Europa, noi cristiani, noi ebrei siamo per loro semplicemente un terreno di conquista. Che questo semplice concetto rappresenti integralmente la visione neo-ottomana è dimostrato direttamente dalle dichiarazioni che arrivano da Ankara, da Istanbul, dagli estremisti che oggi prendono sempre più piede in Libia, da un’ampia fetta della popolazione rurale che abita la Turchia. Che questo semplice concetto sia aderente alla realtà lo si nota dalla sempre maggiore aggressività, sia verbale sia militare, messe in campo dal paese che oggi incarna lo spirito neo-ottomano che sta sorgendo nel Mediterraneo orientale e non solo. Al momento però la Turchia non possiede una struttura militare capace di sostenere questo progetto imperiale nel breve periodo; per diventare una potenza imperiale oggi la Turchia deve assolutamente diventare egemone nella gestione di alcuni beni primari e indispensabili al sostentamento stesso di quei nemici che abbiamo elencato in apertura di questa analisi.
Uno dei beni indispensabili all’Europa é il gas naturale, gas naturale di cui il Mediterraneo orientale è ricco: giacimenti di grandissima rilevanza sono presenti nelle acque cipriote, nelle acque israeliane, nelle acque libanesi ed egiziane. Le compagnie petrolifere di tutto il mondo sono accorse in quest’area geografica per sviluppare progetti di scoperta e poi estrazione funzionali ai bisogni dell’intero continente europeo e dei paesi rivieraschi e poveri (fino ad ora) di materie energetiche. Ma il Mediterraneo non è solamente il luogo dove trovare il gas naturale, il Mediterraneo è anche e soprattutto il luogo dove far transitare i gasdotti che possono portare ingentissime quantità di metano verso l’Europa, metano che non necessariamente deve provenire dai giacimenti ivi presenti. Il Mediterraneo infatti può ospitare sul suo fondo gasdotti che provengono dal Caucaso, dalla Persia, dal paesi del Golfo. Ed è su questo aspetto geografico e geopolitico che la Turchia di Erdogan pensa di costruire quella sua vita economica e quella indispensabilità strategica che potrebbe portare Ankara (o forse Istanbul) a diventare veramente la capitale di un nuovo impero. È funzionale a questo tentativo l’accordo ottenuto da Erdogan con il governo libico di Tripoli, accordo secondo il quale la Turchia e Libia condividerebbero il confine di una zona economica esclusiva marittima in grado di tagliare letteralmente in due il Mediterraneo. Chiunque volesse posare un gasdotto che attraversasse in Mediterraneo dovrebbe fare i conti con la volontà turca e quindi anche con le condizioni turche. Tuttavia questa arbitraria decisione di identificare un confine marittimo comune tra Turchia e Libia si scontra con la presenza, fisica e reale, della Grecia e di tutte le isole che appartengono ad Atene nel mar Egeo. La costellazione di isole greche nell’Egeo, e l’imponente presenza dell’isola di Creta, rendono la delimitazione di una zona economica esclusiva tra Turchia e Libia semplicemente un’utopia.
In risposta alla dichiarazione libico-turca riguardante la zona economica esclusiva, Atene e il Cairo hanno siglato poche ore fa un accordo analogo istituendo e delimitando un’altra zona economica esclusiva che relega la Turchia a uno Stato litoraneo, senza possibili pretese di controllo integrale del Mediterraneo orientale.
L’accordo tra Grecia ed Egitto ha alterato un labile equilibrio raggiunto grazie alla mediazione tedesca alcune settimane fa. In quei giorni infatti la Turchia si apprestava a iniziare l’esplorazione petrolifera all’interno di aree rivendicate, anzi possedute, dalla Repubblica ellenica, ci riferiamo in particolare a tratti di mare presenti nella competenza meridionale delle isole greche di Rodi, Karpatos e Kastellorizo. Poco più a nord di tali aree sono previste dal giorno 10 agosto esercitazioni militari turche, che però saranno svolte all’interno delle acque territoriali di Ankara. Il fatto che in quest’area vi sia, o non vi sia, presenza di idrocarburi è del tutto irrilevante, la Turchia con questa azione punta a dimostrare che le isole greche non posseggono una loro zona economica esclusiva.
La strategia di Erdogan potrebbe mimare quanto già accaduto nella zona economica esclusiva di Cipro, quando unità militare turche hanno impedito con la forza le attività di ricerca di una nave italiana, la SAIPEM 2000, inviata nell’area di sua competenza dopo che era stata vinta da parte italiana una concessione di esplorazione emessa dalle autorità cipriote. Allo stesso modo, nei prossimi giorni, Erdogan potrebbe mandare una nave per esplorazioni marittime all’interno della zona economica esclusiva greca, facendo scortare tale unità dalla sua marina militare. Questo atteggiamento Turco è figlio della debolezza italiana che alcuni mesi fa ha concesso ai turchi di prevalere con la forza contro il diritto internazionale.
Siamo assolutamente certi che al contrario dell’Italia la Grecia non permetterà che la violenza prevarichi il diritto e l’indipendenza della Repubblica ellenica. In un tale scenario, e qui dedicheremo un articolo specifico ad un’ipotesi di conflitto nell’area Rodi-Karpatos-Kastellorizo, l’unità dell’Occidente contro i progetti neo-ottomani e contro l’imperialismo Turco sarà fondamentale, non tanto per vincere una guerra, quanto per evitarla.
Nel caso in cui la Grecia sia lasciata da sola a confrontarsi contro i turchi la tentazione per Ankara di usare ancora una volta la forza del Mediterraneo potrebbe essere un richiamo troppo forte da vincere, scatenando così un conflitto armato tra due Stati che da sempre combattono l’uno contro l’altro contendendosi i medesimi territori. Se al contrario l’Europa tutta, l’Occidente tutto, la Nato nel suo complesso, prendesse posizione a difesa della legge e del diritto internazionale e conseguentemente a difesa della Grecia, non assisteremo a nessuna guerra in quanto Erdogan sa benissimo di non potersi confrontare contro un simile schieramento.
Nel nostro intimo attendiamo invece che, come spesso accaduto, alcuni paesi, per prima l’Italia, non prendano posizione a difesa del diritto internazionale e della legge. Spesso Roma tende a schierarsi dalla parte di colui che sembra il più forte e più determinato, già troppe volte abbiamo visto il nostro Paese appiattirsi sulle posizioni turche, cedere alle pressioni di Ankara, non difendere i propri interessi nazionali per il timore di dover ricorrere, anche in maniera molto limitata, allo strumento militare.
Nel malaugurato caso di conflitto tra Ankara ed Atene, la Grecia chiederà aiuto all’Occidente, alla NATO, a noi tutti; speriamo che questa volta, almeno questa volta, i governanti dell’Europa non si girino dall’altra parte, facendo finta che nulla stia accadendo alle porte della nostra Europa, dove un nuovo impero cerca di emergere a discapito nostro, mettendo in discussione ogni aspetto della nostra cultura e della nostra società.