Netanyahu come con Putin nelle dichiarazioni degli uomini dell’amministrazione Obama, i quali hanno detto pubblicamente che il Premier israeliano “pagherà un prezzo”, per non aver rifiutato, nonostante l’opposizione del presidente, l’invito a parlare davanti al Congresso.
“Pagherà un prezzo” la medesima frase utilizzata contro il presidente russo Putin, quando egli non si volle piegare al volere americano difronte al colpo di stato in Ucraina, la stessa frase ripetuta più volte quando Putin ha annesso la Crimea e successivamente quando ha inviato equipaggiamenti e uomini nel Donbass che cercava l’indipendenza da Kiev.
Una frase che teoricamente dovrebbe essere riservata ai nemici o agli avversari viene oggi utilizzata contro un alleato dell’America, ma un nemico ed un avversario del presidente Obama. Ma perché Obama non vuole che il premier israeliano parli al Congresso americano? Cosa teme il presidente americano?
Secondo il nostro punto di vista il presidente Usa teme che Netanyahu faccia comprendere al Congresso, e all’America tutta, che i tentativi di Obama di raggiungere un accordo con Teheran riguardante il programma atomico iraniano si sono rivelati inefficaci anzi, grazie alle trattative l’Iran è riuscito ad allentare la pressione economica sul proprio settore economico ed industriale, senza concedere nulla in cambio, se non la riduzione dello Stock di uranio al 20% in purezza dell’isotopo 235, stock che può essere rapidamente ripristinato in quanto l’Uranio al 20% non è stato alienato, ma diluito al 5% di purezza, mentre una piccola parte è stata convertita in combustibile per i reattori di ricerca.
Dinnanzi a questa prospettiva il Congresso a guida Repubblicana ha dichiarato di voler emanare una legislazione che imponga nuove sanzioni all’Iran, se non verrà trovato un accordo definitivo sul programma atomico. Un accordo che però, secondo i senatori repubblicani, dovrebbe impedire all’Iran di dotarsi dell’arma atomica. L’arma atomica che nel mondo odierno rappresenta l’unica vera garanzia di indipendenza e sovranità delle nazioni del mondo.
Per confermare questa nostra affermazione vi portiamo tre esempi di grande attualità.
Il primo è rappresentato dall’Ucraina. L’Ucraina deteneva il terzo arsenale atomico del mondo. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’Ucraina rinunciò alle armi atomiche in cambio di garanzia e di protezione da parte delle potenze occidentali e della stessa Russia, firmando il cosiddetto “protocollo di Budapest”; abbiamo visto in questi mesi di guerra che tale protocollo si è rivelato lettera morta. Molto diversa sarebbe stata la situazione se l’Ucraina fosse stata una potenza atomica.
Secondo esempio la Libia. Anche la Libia di Gheddafi rinunciò al proprio programma atomico e chimico in cambio di cooperazione con l’occidente e un trattato di non aggressione con l’Italia. Anche in questo caso i trattati e i patti sono stati traditi, e il leader della rivoluzione libica ucciso dopo la sconfitta del suo esercito.
Il terzo esempio riguarda la Corea del Nord. Lo stato comunista a differenza di Ucraina e Libia ha costituito il suo, seppur piccolo e primitivo, arsenale atomico e questo fatto ha messo al riparo la nazione nord coreana da qualsiasi velleità militare dei sui nemici.
L’Iran ha osservato questi accadimenti e, a nostro avviso, punta deciso alla produzione di una industria nucleare “dual use” sia civile che bellica, una industria che gli consenta di dotarsi dell’arma atomica e garantirsi così la sua sopravvivenza. Tuttavia un Iran dotato di armi atomiche non avrebbe nel medio oriente i medesimi effetti che ha avuto in estremo oriente una Corea del Nord dotata della bomba.
Un Iran dotato di armi atomiche significherebbe la fine della sicurezza dello stato di Israele e forse la fine dell’immigrazione ebraica in Israele, mettendo a rischio il modello di sviluppo dello Stato Ebraico. Inoltre l’Irak cadrebbe definitivamente sotto la sfera di influenza Iraniana e i ribelli sciiti che vivono nella penisola araba acquisirebbero una forza dirompente, così come il movimento sciita dell’Hezbollah che potrebbe contare sulla'”ombrello nucleare” iraniano.
Noi riteniamo che Netanyahu vada a spigare queste cose al congresso di Washington e che questo fatto metterà in forte difficoltà il presidente, il quale verrebbe pubblicamente accusato di aver concesso all’Iran di diventare potenza atomica, in quanto l’alternativa sarebbe stata la guerra, una guerra aperta e non la solita guerriglia combattuta da altri in stile Obama, con gli americani a “guidare da dietro” come spesso si dice alla Casa Bianca da sei anni a questa parte.
Per questi motivi ora Netanyahu è un nemico di Obama e da nemico viene trattato. Tuttavia Israele è ancora un amico ed alleato dell’America, e nel sistema americano il potere esecutivo è in mano al presidente ma il Congresso, se Senato e Camera sono in mano ad un solo partito, hanno probabilmente più poteri ed influenza sulla nazione dello stesso presidente, e questo fatto i leader del Congresso ed il medesimo primo ministro di Israele lo sanno bene.
Il primo ministro di Israele potrebbe subire lo stessa sorte toccata ad altri nemici politici di Obama, come ad esempio l’ex presidente egiziano Mubarak, o l’ex primo ministro italiano Berlusconi, caduti in disgrazia dopo aver manifestato ostilità alle politiche dell’inquilino della Casa Bianca, anche se oggi il potere del Presidente americano non è paragonabile a quello che egli aveva nella mani quando i politici, da noi nominati ed a lui ostili, terminarono nella polvere la loro carriera.