Il governo indiano avrebbe dato indicazione alla polizia nazionale indiana di non utilizzare la legge antiterrorismo nei confronti dei due fucilieri di marina italiani prigionieri in India.
Finalmente, e ripetiamo grazie alle pressioni esercitate dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale americana Susan Rice, l’India riconosce che non è possibile invocare la legge contro il terrorismo per perseguire chi in acque internazionali aveva proprio lo specifico mandato di combattere il terrorismo e la pirateria.
Venutà meno l’applicazione della legge antiterrorismo contro i nostri Marò, viene a cadere anche il rischio della pena di morte per impiccagione. Ma guai a chi credesse che questa è la giusta soluzione della controversia. Lasciare i nostri soldati al giudizio di un tribunale indiano, anche se non vi fosse il pericolo della pena capitale, sarebbe una sconfitta dell’Italia, di tutti i suoi alleati e soprattutto del diritto intenzionale. Massimiliano e Salvatore devono, devono, essere giudicati in Italia. questo per due motivi.
Il primo lo conoscete ormai benissimo e sono le norme internazionali che regolano il Diritto del Mare.
Il secondo motivo è invece molto più pratico. Se Massimiliano e Salvatore venissero condannati essi dovrebbero scontare la pena in una prigione indiana; e sarebbe una pena di parecchi anni di carcere. Per un occidentale però, trascorrere mesi non anni ma mesi nelle prigioni indiane e equivale alla garanzia di contrarre malattie che il suo sistema immunitario non conosce, e quindi la garanzia di ammalarsi anche gravemente, in particolare a causa di batteri a circolazione orofecale e parassiti di varie specie, che in particolare attaccano il sistema muscoloscheletrico ed il fegato.
Trascorrere anni in una prigione indiana equivale invece ad andare incontro con grande possibilità a morte per le medesime cause.
Che nessuno quindi esulti per questo primo risultato ottenuto dall’Italia e dai suoi alleati. Per una volta l’inviato dell’Italia De Mistura ha mantenuto il punto e non ha abbassato la testa, che continui così e sarà ricordato in patria per una grande vittoria dopo una carriera diplomatica durata una vita intera.
Cari amici e lettori, cari militari che all’estero difendete l’onore e l’orgoglio della nostra nazione, non accontentiamoci di aver evitato la pena di morte, ingiusta e infamante, per i nostri uomini, ma continuiamo ad informare ogni cittadino di questa nazione, ogni militare in servizio in patria e all’estero di come evolve la vicenda di Massimiliano e Salvatore. Ricordiamo a noi stessi ed al mondo intero che siamo una nazione e un popolo unito davanti alle difficoltà, davanti all’avversario che cerca ingiustamente di usare la nostra bandiera come paravento per nascondere le sue mancanze e i suoi errori.
Continuiamo a scrivere e a parlare dei nostri fucilieri, continuiamo a diffondere le nostre informazioni sula rete e su tutti i social media, su Facebbok, su twitter, su G+, perché sarà solo così che potremo tenere sveglie le coscienze di una nazione ormai rassegnata al fallimento e alla derisione del mondo intero.
Da qui, dalla battaglia per Massimiliano e Salvatore, dovrà partire un sentimento di unità e di fratellanza che dovrà trasferirsi anche alla vita di tutti i giorni.
Quando avremo riportato indietro i nostri due concittadini dovremo continuare a non lasciare indietro nessuno, ne all’estero ne in Patria, nessuno dovrà sentirsi solo ma anzi dovrà avere l’impressione che tutta la Nazione soffre, lavora, lotta con lui fino alla fine e possibilmente fino al successo.
Avanti, riportiamoli a casa!