Il consenso si guadagna con i programmi e con le promesse, ma quando queste non vengono mantenute subentra la delusione, che trasforma un leader osannato in un presidente odiato anche da coloro che lo avevano votato. Tuttavia mantenere le promesse, per Trump, non è solo questione di non deludere le aspettative: per lui equivale a ripristinare parte della deterrenza americana, svanita durante la presidenza Obama.
Proprio per tale ragione, nelle prime due settimane di mandato il neo-presidente ha emesso una serie di ordini esecutivi che mantengono in tutto e per tutto le promesse fatte in campagna elettorale: decreti che parlano all’America, ma ancor di più parlano al mondo degli amici e dei nemici. Trump manterrà le promesse, facendo rispettare le linee rosse già tracciate in questi giorni convulsi della sua nuova amministrazione. Proprio così, l’amministrazione Trump ha già imposto due linee rosse: una nei confronti della Cina e l’altra nei confronti dell’Iran.
Per quanto riguarda la Cina, il Segretario di Stato Rex Tillerson ha affermato dinanzi al Senato Americano che gli Stati Uniti non permetteranno a Pechino di utilizzare liberamente le isole artificiali che ha costruito nel Mar Cinese Meridionale. L’Iran, ritenuto responsabile di perseguire un programma missilistico funzionale al trasporto di armi atomiche, è inoltre considerato da Trump come il principale fautore dell’instabilità in Yemen, Sudan e nel vicino Iraq. In questo caso è stato direttamente il presidente americano a definire l’Iran come una minaccia, mentre il consigliere per la Sicurezza Nazionale, il Gen. Flynn ha messo la potenza sciita “On Notice”, quasi si trattasse dell’ultimo avviso prima di una ritorsione militare diretta americana contro Teheran.
Ecco come le promesse mantenute di Trump tramite gli ordini esecutivi servono a ristabilire la deterrenza americana sul piano internazionale. Esse fanno capire agli avversari e ai nemici dell’America che la Casa Bianca non minaccerà invano reazioni americane e che, se le linee rosse del presidente saranno oltrepassate, le forze armate americane agiranno per difendere gli interessi di Washington nel mondo.
Questa è la semplice strategia di Trump. Tuttavia, a nostro avviso, è una strategia che sarà efficace solo in parte, o perlomeno lo sarà quando il presidente dimostrerà almeno una volta di pensare e agire con le forze armate nella stessa maniera con la quale pensa e agisce in politica interna. E’ per questo motivo che osserviamo un’accelerazione degli “avvertimenti” nei confronti dell’Iran.
Dal nostro punto di vista, per il Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca è preferibile affermare la capacità decisionale di Trump in un confronto militare con l’Iran, piuttosto che con la Cina o addirittura con la Russia. Ed è sempre per questo motivo che, dal prossimo 20 di febbraio, il rischio di un confronto militare tra Iran e Stati Uniti si potrà concretizzare effettivamente, una situazione mai raggiunta negli otto anni di presidenza Obama.
Non è infatti augurabile che sia la Cina la nazione che per prima dovrà verificare se il presidente americano farà seguire alle parole e alle minacce azioni concrete nello scacchiere militare.