La parola d’ordine su molti profili filo russi della rete è questa: Primavera Russa.
Una primavera riferita ale città di Karkov, Lugansk, Donetsk e forse a qualcosa di più. Una primavera di espansione, non solamente culturale o ideologica, della sfera di influenza russa. Per fare ciò, per espandere l’influenza di Mosca verso ovest, il primo passo è rappresentato dalle rivolte delle città e delle regioni la cui popolazione russofona desidera tornare ad essere parte organica della Federazione Russa.
Già sabato, ma ancora di più ieri nelle tre principali città dell’Ucraina orientale, e cioè Kharkov, Lugansk e Donetsk, migliaia di dimostranti sono scesi per le strade e poi hanno preso possesso, nell’indifferenza delle unità di polizia locali, dei palazzi governativi presenti nelle città. Un’azione apparentemente coordinata, che si è svolta in ogni città con simili metodologie. Manifestanti in abiti civili hanno occupato gli edifici governativi, mentre nelle piazze “forze di autodifesa” in tenuta antisommossa (non avevano le mostrine ma le uniformi sembravano quelle dei reparti Berkut) garantivano l’ordine nelle immediate vicinanze dell’area della manifestazione.
A Donetsk è apparso anche uno striscione, esposto sulla sede della locale assemblea legislativa, con scritto “Repubblica di Donetsk”, casomai qualcuno non avesse ben capito che siamo dinnanzi alla prima concreta fase di un processo indipendentista molto simile a quello della Crimea.
Per ora le forze fedeli a Kiev non reagiscono, troppa la paura da parte del governo centrale ucraino di dare luogo ad incidenti di piazza, che potrebbero teoricamente giustificare un intervento delle forze armate russe in difesa dei connazionali di Kharkov, Lugansk e Donetsk.
Ma anche il non intervento non risolverà i problemi al governo di Kiev. I manifestanti sembrano avere tutta l’intenzione di andare avanti e cercare di organizzare una forma di referendum per chiedere l’annessione alla Federazione Russa, un referendum che se si terrà in queste condizioni di parziale anarchia sarà solamente un passaggio formale atto,a giustificare l’intervento russo.
Un altro problema per i nuovi governanti dell’Ucraina risiede nel fatto che la popolazione non filo russa delle aree orientali potrebbe spontaneamente scendere in piazza e cercare di ostacolare i piani di secessione dei filo russi. Ne scaturirebbe una guerriglia urbana, se non una vera e propria guerra tra fazioni che potrebbe fornire un ulteriore pretesto alle forze russe per intervenire.
Stranamente i media tradizionali non stanno evidenziando questa situazione di grave tensione in Ucraina, ma il fatto che i telegiornali non ne parlino non significa che nulla stia accadendo.
La situazione in Ucraina è estremamente grave e il governo di Kiev dispone solamente di cattive opzioni. Cattive nel senso che qualunque sarà la scelta del governo filo occidentale ucraino l’iniziativa rimarrà nelle mani della Russia e del suo presidente Vladimir Putin. Sarà di Putin e della Russia la scelta di se, quando e come cercare con ancora maggior decisione la secessione delle regioni orientali dell’Ucraina. Il governo di Kiev potrà limitare i danni ma secondo il nostro gruppo non sarà in grado di opporsi ad una eventuale decisione del Cremlino di annettere Kharkov, Lugansk e Donetsk. Un passo che permetterebbe un collegamento diretto tra Russia e Crimea ed allo stesso tempo avvicinerebbe fisicamente alla Federazione Russa quell’area balcanica così importaste nella geopolitica del Cremlino. Quell’area formata da Moldavia, Bulgaria e Serbia che Putin valuta come aree vitali di quel pan-slavismo così caro al Cremlino.