Tre protagonisti, tutti determinanti, nessuno indispensabile, e tutti con lo stesso obiettivo: impedire che il nemico vada al potere. Così si può riassumere la situazione politica italiana alla vigilia della convocazione delle camere fissata per la prossima settimana.
I tre protagonisti sono la coalizione di Centro-destra, il Movimento 5 Stelle ed il Partito Democratico, nessuno dei tre possiede i numeri per garantire una maggioranza parlamentare ad un esecutivo “monocolore” e quindi nessuno dei tre è in grado di dettare condizioni inamovibili.
Un altro elemento da considerare è la frammentazione (ideologica oltre che legata alla lotta per il potere) che è presente all’interno della Coalizione di Centro-destra. La frattura più evidente riguarda la scelta pro-europeista di Berlusconi, evidenziata chiaramente dalla scelta di Antonio Tajani come candidato premier, una scelta che nella nostra visione dei fatti ha determinato (unitamente alla monopolizzazione dello schermo da parte di Berlusconi che non ha lasciato spazio ad altre importanti figure di FI come ad esempio i capigruppo Romani e Brunetta), il crollo dei consensi dello storico partito dei moderati italiani. Anche in questa fase Berlusconi sembra ribadire la sua vocazione europeista mentre Salvini e la sua nuova Lega continuano con i toni usati in campagna elettorale, tenendo fede a quella vocazione “No Euro” che aveva caratterizzato le prime fasi della campagna elettorale. La divisione tra FI e Lega prosegue anche sui possibili partner per la scelta delle presidenze di Camera e Senato: Salvini vorrebbe (e forse già ha ottenuto) un accordo con i 5 Stelle, mentre Forza Italia aspirerebbe ad un accordo con il PD.
Altra questione è relativa a chi sia il dominus della coalizione. La Lega ha più voti di Forza Italia ma nei gruppi parlamentari è il partito di Berlusconi che vanta più eletti. Riteniamo verrà rispettato l’accordo pre-elettorale che prevedeva l’espressione del premier da parte di chi avesse preso più voti, ma che la futura linea politica del centro-destra non sarà determinata secondo questo principio.
Veniamo quindi al PD che si trova spaccato nuovamente tra una minoranza ed una maggioranza. Questa volta il motivo del contendere è la scelta del posizionamento politico del partito. La minoranza desidera un accordo organico con i 5 Stelle, mentre la maggioranza ex-renziana (oggi gentiloniana) preferisce un percorso di opposizione, nella speranza che un eventuale governo Lega-M5S sia foriero per il paese più di problemi che di benefici. La scelta di stare all’opposizione sarebbe anche compatibile con l’ultimo desiderio di Matteo Renzi, e cioè assumere la guida del COPASIR, il comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica, da sempre luogo di potere per chi non è al governo.
Il Movimento 5 Stelle, per sua stessa natura e per l’alto numero di neo-eletti, è invece una forza coesa e al momento priva di correnti che ufficialmente non accetta mediazioni sui punti del proprio programma. Il “capo politico” e chi sopra di lui coordina il Movimento cercano non tanto un partner ma un partito da annettere ad un esecutivo Di Maio. Allo stesso tempo il giovane ormai ex vice presidente della Camera continua con dichiarazioni da moderato, quasi democristiane, riaffermando gli impegni internazionali dell’Italia e cercando così appoggio nei poteri forti extra-nazionali.
Ecco quindi definita una triade che si confronta per raggiungere il potere. E’ indubbio che se questo stallo alla messicana vorrà essere risolvere dovremo assistere alla nascita di una diade. La trasformazione della triade oggi in essere (M5S, Centro-destra, PD) in una diade (PD+M5S e Opposizione Centro-destra) oppure (Lega+M5S e Opposizione PD+Forza Italia) oppure (Centro-destra+PD e Opposizione M5S), sarà foriera di effetti a breve medio e lungo termine.
In sintesi chiunque si alleerà con i 5 Stelle dovrà accettare la completa applicazione del loro programma e in caso di futuro conflitto politico sarà facile preda della propaganda del Movimento in vista delle nuove elezioni, tuttavia questa mossa consentirebbe all’alleato dei 5S di iniziare ad avere a disposizione frammenti di potere immediato, ma precluderebbe a questa forza politica (se oggi essa si trovasse all’interno di una coalizione) un nuovo accordo politico con i partiti che non hanno condiviso l’esperienza di governo. Questo sarebbe il caso di Lega+5 Stelle, una alleanza in grado di distruggere l’unico vero avversario del Centro-destra e che quindi sarebbe da un punto di vista tattico funzionale agli interessi dei 5S. Il partito che fu di Grillo però vedrebbe calare parte del suo consenso, che oggi deriva anche e soprattutto da elettori delusi del PD, i quali vedono la Lega come uno dei peggiori partner possibili.
Non è detto inoltre che le due forze che si alleeranno e riusciranno a formare il nuovo governo potranno inoltre scrivere a colpi di maggioranza la nuova legge elettorale in quanto i “bisogni” dei tre attori divergono in questo campo su tutti i fattori chiave.
Forse la soluzione migliore è tornare alle urne in ottobre, sperando che gli elettori giudichino il comportamento dei partiti in questi mesi di stallo premiando chi sceglierà di rinunciare ad un poco di potere per permettere al paese di tornare alle urne senza che l’Italia sia lasciata alla deriva con al timone un governo svuotato da ogni legittimazione popolare e incapace di difendere la nostra nazione nei consessi internazionali.
Se anche il secondo tentativo di voto si rivelasse inutile allora un governo di scopo per modificare la legge elettorale sarebbe l’unico argine al caos e alla possibile ondata di malcontento e di possibile violenza che potrebbe emergere in un paese senza governo.
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