La Libia si sta disgregando, anzi si è già disgregata. Il governo di Tripoli controlla in pratica solamente la capitale, parte dell’area di Misurata e parte del Fezzan. Nell’estremo sud le bande ancora fedeli a quello che fu il regime di Gheddafi controllano il traffico di armi e di esseri umani verso l’Africa sub Sahariana, ad est ed in particolare nell’area di Bengasi le tribù locali amministrano la giustizia controllano i commerci e alcuni terminal petroliferi.
La Libia, per stessa ammissione delle Nazioni Unite, è oggi il paese ai vertici dei traffici illeciti di armi, armi dirette a gruppi terroristici in Africa, in Medio Oriente e forse anche in Europa.
Che la situazione in Libia sia ormai fuori controllo è chiaro a tutti, ma ciò ancora non è motivo sufficiente per un intervento dei governi europei.
Intervento militare, una parola che terrorizza i più sia in Europa sia negli Stati Uniti, tuttavia tra poco, tra pochi mesi anche un intervento militare non potrà più stabilizzare il paese.
Per farvi comprendere cosa sta succedendo in Libia, non fosse bastato l’assassinio del povero ambasciatore americano, vi raccontiamo un fatto decisamente inconcepibile.
Un gruppo di tribù ribelli nell’est del paese ha preso il controllo dei terminali petroliferi ad est di Bengasi, e ha caricato di petrolio libico una petroliera Nord coreana. Il governo di Tripoli, teoricamente e praticamene nostro alleato, ha cercato di bloccare la partenza di questa petroliera utilizzando piccoli aerei da addestramento malamente armati e i pattugliatori di cui dispone, in quanto i proventi della vendita del greggio sarebbero passati direttamene nelle tasche dei ribelli aumentandone il potere. Inoltre non è chiaro come la Corea del Nord potrebbe pagare questo carico di greggio, esiste la concreta possibilità che almeno in parte il petrolio possa essere pagato con armi Made in Pyongyang, armi basiche ma comunque più efficaci di quelle ora nelle mani del governo di Tripoli, armi che renderebbero la regione orientale uno stato nello stato, con un proprio sistema di finanziamento e un proprio “esercito”, fatto questo che potrebbe innescare una vera e propria guerra civile in stile somalo per il controllo della totalità delle risorse energetiche del paese.
Ma la Libia non è la Somalia, non è una nazione a migliaia di chilometri dall’Europa. La Libia é nel cuore del mediterraneo a poche ore di navigazione dall’Europa (dall’Italia), la Libia è una fonte importante di energia per l’Italia ed un luogo dove tanti denari italiani sono stati spesi nell’ultimo secolo.
Per questo bisogna agire adesso.
La lezione della Somalia non è servita. Servirà a poco organizzare una missione quando il paese sarà sprofondato nella guerra civile, servirà a poco organizzare conferenze e summit degli “Amici della Libia”. In Libia è necessario intervenire militarmente, coordinandosi con gli egiziani e farlo al più presto, intanto che il governo di Tripoli ha ancora una parvenza di autorità.
E ad intervenire deve essere l’Europa, e prima fra tutti l’Italia, perché in questa situazione geopolitica dove le nostre forniture di energia da est sono fortemente messe in discussione, l’unica area che possiamo effettivamente influenzare è la Libia. Inoltre se nessuno interverrà assisteremo all’ennesima carneficina africana, con decine di migliaia di morti, profughi e orfani.
L’Italia non deve girare la testa dalla parte sbagliata e non può non guardare cosa accade in Libia, l’Italia questa volta non può aspettare che qualcun altro faccia il lavoro al posto suo, l’Italia deve intervenire, ora.