Alla luce dei recenti fatti che accadono in Libia e del collasso delle trattative per la formazione di un governo di unità nazionale vi riproponiamo un nistro editoriale di circa un mese fa era il 24 Gennaio 2016.
Premessa: ogni cosa scritta in questo post deriva dall’analisi sistematica delle fonti Open, inclusi i social media, le dichiarazioni del governo e del parlamento italiano (ufficiali ed ufficiose), interviste dei vertici politici della nazione, sintetizzate e organizzate dal nostro gruppo. Sono informazioni grigie non riconducibili e nostre “fonti riservate”. Non entreremo in quelli che potrebbero essere, a nostro avviso, i particolari di questo intervento per non dare altri problemi alle nostre forze armate.
L’Italia va in Guerra. E ci va nel modo peggiore possibile.
Ecco, basterebbe questa frase per sintetizzare questo post, tuttavia dobbiamo a Voi cari amici lettori alcune spiegazioni riguardanti questo nostro perentorio giudizio.
Come molti voi, che ci seguono da anni, sapete che da questa pagina chiediamo da almeno 30 mesi un intervento militare in terra di Libia (Quando iniziammo a parlare di Rivoluzione Islamica Globale e del suo fulcro nella Libia senza guida). Sapete da quanto tempo facciamo presente quanto la strategia scelta nelle gestione della Libia post Gheddafi sia sbagliata, così come scriviamo essere stato sbagliato non aver scelto una parte dell’arco politico libico come nostro alleato preferenziale.
Quando chiedevamo un intervento militare in Libia, pensavamo ad un intervento diverso da quanto visto in Irak, in Siria, o in Somalia agli anni 90. Quando chiedevamo un intervento militare in Libia pensavamo ad una operazione massiccia, in grado contemporaneamente di controllare fisicamente ogni città della Libia, ogni zona strategica per gli interessi economici di Tripoli, ma che fosse in grado di cambiare, radicalmente in breve tempo ed in meglio, la vita dalla popolazione della Libia.
Non pensavamo a raid aerei, ed operazioni delle forze speciali, se non in una limitatissima fase del conflitto. Non pensavamo di dover attendere l’invito di un “governo di unità nazionale” che di autorevole in Libia (oggi) non può che avere solo il nome. Chiedevamo uno sforzo importante alla Nazione, il ritiro dei nostri contingenti in Afghanistan e in Libano per poter supportare, sia economicamente che militarmente lo sforzo bellico in Libia, chiedevamo che fossero mobilitate le nostre strutture (sia militari che civili) in grado di fornire assistenza medica alla popolazione delle Libia, con l’apertura di una decina di ospedali da campo e la presa in gestione dei presidi ospedalieri già presenti (e allo sfascio) in terra di Libia. Chiedevamo la presenza di migliaia di nostri tecnici per ripristinare le forniture di acqua potabile, la funzionalità della rete elettrica, delle fognature, dei trasporti e dell’istruzione.
Ma nulla di tutto ciò si intravede all’orizzonte.
Si intravede invece una strategia che puzza di fallimento quando ancora non è nata. Si intravede ancora l’utilizzo dell’arma aerea come mezzo primario per la gestione del conflitto, si scorge nell’ombra il dispiegamento dei nostri carabinieri nel centro di Tripoli per creare un’area sicura per il governo di unità nazionale, che verrà visto dai libici solo come il fantoccio dell’occidente coloniale, e i nostri uomini come i nemici da uccidere a costo della vita.
Non si vede invece nulla di quell’apparato di Welfare che sarebbe l’unica carta a nostra disposizione per far comprendere ai libici che l’Italia di oggi non è la potenza coloniale dei primi anni del 900, non è un paese invasore che desidera dominare la Libia, ma è un paese amico che vuole la prosperità del popolo libico affinché questa prosperità si rifletta nel mediterraneo dando benefici anche all’Italia.
Oggi sappiamo che il governo ha destinato, anche se ancora non lo ha comunicato ufficialmente al parlamento e alla nazione, solo 200 milioni per un intervento in Libia. Denari che possono coprire le spese per una campagna aerea limitata e gli interventi di poche centinaia di uomini sul campo, ma nulla più.
Se questa è scelta del Governo, noi che abbiamo più volte invocato l’intervento armato in Libia, chiediamo di non intervenire. Le mezze misure, dalle Forche Caudine ad Oggi, non hanno mai funzionato e non cominceranno certo a funzionare ora.
Se le argomentazioni del Governo della Repubblica sono che non ci sono i soldi, bhè allora signori che sedete a Palazzo Chigi, lasciate perdere le velleità di Guerra. Se pensate che l’alleato americano farà al posto nostro il lavoro sporco, e poi risponderà alle nostre richieste non avete studiato la storia, né quella recente né quella dei primi interventi militari internazionali dell’Italia, Libano in Primis.
Mandare i nostri carabinieri a fare opera di polizia a Tripoli, senza tutti gli altri elementi da noi enunciati è un suicidio. E’ un suicidio politico, un suicidio militare, un suicidio geopolitico e non non abbiamo voglia di piangere ancora la morte di nostri fratelli e sorelle mandati a morire senza un perché, e senza una minima possibilità di successo.