Questo non è uno scenario futuribile di GPC, questa è la realtà dei fatti che si stanno svolgendo in Libia da quando è caduto il governo del dittatore libico Gheddafi.
In Libia contro Gheddafi intervenne la NATO, tuttavia alcuni paesi dell’alleanza non parteciparono alle azioni. Alcuni come la Germania forti di una scelta strategica che non vedeva una soluzione la deposizione tout court di Gheddafi, altri come la Turchia invece procedettero a un ponte aereo con le città ribelli fornendo “aiuti umanitari”, e portando nei fatti mezzi e forniture turche sul suolo di Libia.
In quei giorni la Turchia, usci dalla strategia NATO per perseguire una propria strategia che, a nostro avviso in quei giorni, la Turchia puntava a portare la Libia sotto la sfera di influenza di Ankara.
La situazione in Libia è poi evoluta e il coinvolgimento turco si è fatto meno evidente ma è rimasto sempre presente, favorendo una sola formazione “Alba Libica”; una formazione islamista che ritiene l’Egitto un nemico (come la Turchia del resto) e che circa sei mesi fa, dopo un anno di difficile convivenza, ha preso con le armi il potere a Tripoli, messo in fuga la parte laica e filoccidentale del paese, costringendo il Primo Ministro Al Thani ed il parlamento legittimo ad insediarsi a Tobruk.
Da quelle settimane l’appoggio turco ai libici islamisti si è fatto sempre più evidente. da Tripoli e da Misurata, dopo che la sicurezza dello scalo di Tripoli fu messa in discussione, gli unici collegamenti aerei internazionali della Libia islamista sono con la Turchia; un intenso traffico di aeri passeggeri e aerei cargo movimenta lo scalo di Misurata. I voli possono essere tracciati da chiunque di voi visitando il sito flightradar.com. Su questo sito potrete osservare i voli tra la Libia islamista e la Turchia, e ogni tanto potrete anche osservare la comparsa di aerei non previsti nella lista ufficiale dei voli dall’aeroporto di Misurata, tutti con destinazione o provenienza la Turchia.
La stessa Turchia che è la porta di ingresso dei “foreign fighters” che combattono per i Califfato in Siria e Irak, la Turchia la via dei commerci leciti e meno leciti tra Siria e Irak e il resto del mondo, la Turchia che invoca la protezione NATO contro i possibili attacchi missilistici di Al Assad, ma che stenta a concedere l’uso delle proprie basi aeree per i raid contro il Califfato, la Turchia che compie un’operazione di terra per recuperare i resti mortali di un imperatore ottomano, sepolto in una enclave in territorio siriano, e che per fare questa azione passa per Kobane con un centinaio di mezzi blindati, ma che si è ben guardata dall’aiutare in modo diretto i curdi che erano sull’orlo dell’annientamento due mesi fa.
Cosa e chi trasportano gli aerei turchi che fanno la spola tra Ankara e Misurata è una domanda lecita, così come quali siano i piani della Turchia sul futuro della Libia.
Una Libia sempre più simile ad una Somalia mediterranea ma dove il coinvolgimento turco è sempre più evidente; un fatto che deve essere attentamente valutato nella valutazione di quanto tempo possiamo ancora concedere alla diplomazia ingessata delle Nazioni Unite perché, in Libia, gli islamisti di “Alba Libica” appoggiati dalla Turchia, e il Califfato, vogliono creare a pochi chilometri dalle nostre costa un’entità ostile alla nostra cultura, alla nostra economia e alla nostra Libertà.