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Libia la pericolosa illusione della “soluzione diplomatica”

Libia

Venerdi’ 17 aprile Washington, il presidente del consiglio della Repubblica Italiana incontra il presidente degli Stati Uniti. Nel colloquio a porte chiuse i temi trattati sono la crisi Ucraina e le sanzioni alla Russia, l’aumento delle spese militari italiane, il trattato transatlantico di libero scambio commerciale e la questione libica.
Non abbiamo avuto in alcun modo accesso a fonti che ci abbiano testimoniato cosa si siano detti i due uomini di stato, tuttavia in base alle loro dichiarazioni, sia in conferenza stampa che successivamente ad essa, abbiamo chiarito, con un buon grado di confidenza, quale sarà la postura americana, e anche Italiana, riguardo la possibile risoluzione della crisi in Libia.
La via scelta da Obama e, a quanto pare, accettata da Renzi esclude l’intervento militare. Renzi avrebbe chiesto agli Stati Uniti supporto per una limitata azione militare in Libia ma Washington lo avrebbe negato.
Obama ha scelto, e conseguentemente imposto, la “soluzione diplomatica”, una follia strategia in terra di Libia, una soluzione che si dovrebbe basare sul ritiro ad est di Ras Lanuf di tutte le forze militari e paramilitari fedeli al governo di Tobruk, e guidate del Generale Haftar. Il presidente americano pensa di fare forti pressioni sugli sponsor arabi del Governo di Tobruk (e cioè i paesi sunniti del Golfo Persico con eccezione del Qatar) durante il summit da lui indetto a Washington il 13 maggio prossimo, al quale ha invitato i capi di stato dei paesi del Golfo, primo tra tutti il sovrano Saudita, Re Salman.
Obama chiederà a Re Salman di ridurre il sostegno economico a Tobruk se Haftar non ritirerà le sue truppe dalla parte ovest della Libia, ma questa richiesta cadrà nel vuoto, anche se il Re saudita dovesse accennare un cenno di intesa durante la riunione con Obama.
La richiesta cadrà nel vuoto, non tanto per una scelta personale del Re Salman, ma perché ogni volta che Obama ha invocato ed ottenuto la “soluzione diplomatica” per una crisi, locale o regionale che fosse, nessuna soluzione è stata trovata e le monarchie sunnite hanno subito gravissimi danni strategici, di immagine, e sul morale delle proprie truppe ed elitè nazionali.
Obama ha invocato la “soluzione diplomatica” nell’Egitto di Moubarak, determinando l’ascesa dei fratelli mussulmani, avversi a Riad e che da tempo sognano un “colpo di stato” in Arabia Saudita.
Obama ha invocato la “soluzione diplomatica” in Irak, ed ora gli sciiti governano in maniera settaria il paese.
Obama ha invocato la “soluzione diplomatica” in Siria, ed ora una guerra civile tra le più sanguinose della storia uccide lentamente Damasco e tutto il paese.
Obama ha chiesto ed ottenuto la “soluzione diplomatica” in Yemen e oggi le milizie sciite hanno cacciato il presidente legittimo e la guerra civile dilania il paese.
Ora Obama invoca la “soluzione diplomatica” in Libia, in quella Libia dove le Macro-Tribù comprendono spesso solo la legge del più forte e sono pronte ad aggregarsi sotto la guida di chi può disporre della maggio potenza militare, non della più imponente squadra di diplomatici. Quella Libia dove, inseguendo l’irrazionale utopia della “soluzione diplomatica” ha trovato la morte lo stesso ambasciatore americano a Tripoli, ucciso anche perché percepito come un bersaglio “morbido”.
La Libia, la Libia di ieri, la Libia di Gheddafi, e la Libia di oggi troverà un equilibrio solo dopo una radicale resa dei conti militare. Una resa dei conti che possa far emergere una struttura di comando non discutibile da nessuno, un governo che possa disporre della forza necessaria a scoraggiare qualsiasi velleità di rivincita tribale. In Libia l’unica via per non creare morte e sofferenza infinita è far sì che una parte disponga di una soverchiante potenza militare, e che sia pronta, una volta ottenuto il potere, a sviluppare tutto il paese indipendentemente dai settarismi e dagli schieramenti della Guerra Civile che si combatte oggi.
La scelta dell’Italia dovrebbe essere chiara, forte ed indipendente dalla scelta americana, scelta americana che ci condannerebbe a vivere al confine con una nuova Somalia mediterranea. L’Italia ha saldi rapporti con i paesi Mediorientali ed Arabi, impieghi la sua posizione geografica strategica, e la sua superiorità militare per guidare una coalizione in terra di Libia.
Se non agiremo le milizie di Misurata, sostenute dalla Turchia, e il governo di Tobruk, sostenuto dall’Egitto e dai Sauditi, inizieranno un incubo che vivremo sulla nostra pelle per i prossimi 25 anni. Dobbiamo scegliere un alleato in Libia, gli americani non possono in quanto divisi tra Sauditi e Turchi, è per questo che ci negano perfino l’impiego dei loro Droni.
E’giunto il momento di fare da soli, è giunto il momento di rigettare le “soluzioni diplomatiche” che causano più morti delle stesse guerre, è giunto il momento di ritornare in Libia per aiutare il popolo della Libia e la stessa nostra nazione. Attendere, attendere ancora significa aumentare il costo, umano ed economico, del nostro intervento.
Se avessimo agito due anni fa, come il nostro piccolo gruppo chiedeva a gran voce, oggi non saremmo qui a raccontarvi di una Libia sull’orlo di un inferno geopolitico che, se diverrà realtà, influenzerà con i suoi miasmi anche l’aria di Roma.