L’Europa Occidentale, dopo oltre trent’anni, torna a essere terreno di scontro. Uno scontro che oggi rimane prettamente sul campo politico, ma che ben presto potrebbe diventare una battaglia combattuta anche in altri settori.
Tale confronto, che osserviamo adesso in Europa, si sviluppa nella sfera democratica e vede opporsi i partiti cosiddetti “identitari” (spesso indicati come “populisti”) ai partiti “globalisti” (che invece vengono definiti come “europeisti”). I partiti identitari vedono nel leader del Cremlino un possibile protettore dei principi a loro molto cari, quali la difesa della cultura nazionale, dell’identità religiosa cristiana e dell’autonomia monetaria. Tuttavia, avere un “salvatore ideale” non è sufficiente di per sé, ed è per tale ragione che esiste la concreta possibilità che dalla Russia possa giungere in aiuto di questi movimenti un sostegno sotto diverse forme.
Le modalità di supporto che Mosca potrebbe offrire spaziano dall’endorsement morale offerto da Putin ai vari leader “populisti”, passando per la “fornitura” di dati riservati estrapolati da attività di spionaggio di profili mail e similari, per finire con il finanziamento indiretto di tali movimenti. Non va neppure sottovalutata la possibilità che la Russia possa fornire anche dell’expertise nel campo dell’ideazione di strategie geopolitiche e di politica estera per partiti o coalizioni vicini o addirittura dipendenti (nell’ipotesi di finanziamento) dal Cremlino.
Alla stessa maniera il polo “Globalista”, personificato dalla Germania di Angela Merkel, potrebbe fornire il medesimo supporto ai governi e ai partiti amici, garantendo, secondo comunque le priorità tedesche, dilazioni nelle procedure d’infrazione a livello europeo, flessibilità e “marchi di qualità” a garanzia di candidati e alleanze affini. Berlino, naturalmente, non potrebbe fornire finanziamenti ai partiti amici in modo diretto. Tuttavia, la galassia imprenditoriale legata alla visione globalista potrebbe facilmente ovviare a questo problema garantendo ingenti risorse ai partiti che si schierino in difesa dello status quo. In queste dinamiche caotiche non si è invece ancora delineata una chiara pianificazione degli Stati Uniti d’America, i quali hanno lasciato un ennesimo vuoto strategico prontamente riempito da entità riconducibili ai blocchi filotedeschi e filorussi.
Se le nostre considerazioni sono corrette, oggi in Europa esistono pochi soggetti politici che sono realmente “indipendenti” e non legati, in parte o in tutto, a potentati, settori economici dominanti o addirittura con stati stranieri. Partendo da questo presupposto, l’Europa sarebbe diventata nuovamente un terreno di scontro, per non dire di conflitto, tra nazioni che ambiscono al loro spazio vitale. Il problema è che quando si lotta per quello che si ritiene indispensabile per la sopravvivenza del proprio popolo o anche solo del proprio potere, la diplomazia cede il passo al conflitto economico, politico e infine militare. Se le nostre ipotesi fossero corrette, l’imminente stagione elettorale europea potrebbe essere ricordata come un periodo di sospetti, tradimenti, delazioni, corruzioni e azioni “coperte”.
Tali fattori potrebbero generare una spirale in grado di destabilizzare le nazioni più fragili, in cui le problematiche sociali creerebbero un clima inneggiante al complotto permanente: pensiamo naturalmente al nostro paese, orfano di organizzazioni politiche dove gli ideali prevalevano sulla ricerca del consenso. Un paese, l’Italia, dove si dimostra sempre più spesso che la ragione non sta con chi è nel giusto, ma con chi sa dimostrare pubblicamente e platealmente la sua forza, intesa a volte come violenza, altre volte come espressione di puro potere.
In questo contesto e in queste condizioni, il rischio di una deriva non democratica in Europa, e ancor più in Italia, è a nostro avviso un’eventualità da non scartare e da tenere in dovuta considerazione, soprattutto se lo scontro Russo-Tedesco, che si gioca sulla nostra pelle, evolverà in maniera caotica nei prossimi mesi.
Addendum
Il boom di consensi per i partiti cosiddetti “populisti” potrebbe rappresentare una bolla di sapone, un pericolo per loro stessi. Un legame politico o, nel peggior caso, finanziario con formazioni politiche russe rappresenterebbe un rischio troppo elevato da poter sopportare nel sia lungo periodo ma, per certi versi, anche nel breve periodo. Le ingerenze all`interno del programma politico nazionale dei partiti in questione rischierebbero di compromettere il consenso attuale e aiutare, direttamente ed indirettamente, le formazioni più tradizionali (come i partiti socialisti/socialdemocratici e popolari di centro-destra). Le nostre non sono semplici supposizioni in quanto gli ultimi mesi più volte leader dei partiti “populisti” europei hanno visitato, a volte con poca pubblicità, Mosca ed incontrato esponenti politici russi. Il salvagente finanziario russo vale veramente tutto questo?