L’equidistanza italiana in Libia premessa per un fallimento della nostra geopolitica
In Libia l’Italia ha scelto di non scegliere, in Libia nel paese lacerato da una guerra civile che vede in campo gli islamisti filo turchi, i laici filo egiziani e l’incognita del Califfato l’Italia non ha voluto decidere chi sia il proprio alleato, oppure chi è la vera minaccia agli interessi nazionali.
Questa scelta evidenzia la filosofia del governo Renzi (fatta eccezione per il ministro Gentiloni che prova a dare una direzione precisa alle nostra scelte strategiche), una filosofia basata sull’ambiguità e sulle operazioni sotto traccia, sul solco della strategia del Presidente Obama, il quale sta portando le relazioni tra l’America ed i propri alleati al livello più basso delle storia americana dai tempi di Wilson.
Fotocopiare la politica estera americana è la scelta più facile, e che meno espone a problematiche negli attuali consessi internazionali, tuttavia non è detto che tale scelta sia la preferibile nella tutela dell’interesse nazionale italiano.
Fu proprio questo atteggiamento, tenuto dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a determinare l’attuale situazione libica, fu l’appiattimento sulle posizioni americane e sulla strategia delle “primavere arabe” a far si che l’Italia si accodasse, senza strategia propria e con tatticismi, giocati anche nei cieli della Libia, alle scelte della coalizione.
Senza l’intervento italiano in Libia, senza la concessione del nostro spazio aereo e delle nostre basi, la campagna aerea contro Gheddafi avrebbe richiesto risorse molto più ingenti , soprattuto a carico degli Usa costringendo Obama ad una scelta difficile, non tanto in termini militari, ma in termini di filosofia e di immagine. Senza l’appoggio italiano Obama, e con lui gli Stati Uniti, avrebbero dovuto mettere palesemente in campo la propria forza militare, alienandosi in patria le simpatie (e i voti) di una nazione americana all’epoca profondamente isolazionista.
Ma l’Italia concesse spazio aereo, basi, intelligence, mezzi aerei e navali. Quale fu il “guadagno” dell’Italia in quel frangente (a parte limitare le sempre più insistenti richieste di Gheddafi)?
Il presidente del consiglio in carica forse sperava che un appoggio alle coalizione americana avrebbe alleggerito l’attacco in atto contro di lui, ma questo calcolo fu radicalmente errato. L’Italia non ebbe alcun beneficio dalla caduta di Gheddafi, il nuovo governo di Tripoli ridiscusse alcune concessioni minerarie ed estrattive limitando il futuro ruolo italiano poco dopo il suo insediamento, le società che avrebbero dovuto costruire infrastrutture strategiche per la Libia si videro annullate le commesse e i trafficanti di uomini ebbero campo libero per imbastire il disastro che oggi osserviamo nel Canale di Sicilia.
L’Italia non ha avuto vantaggi significativi dall’appoggiare la campagna anglo franco americana in Libia, nessuno è intervenuto (se non per una breve parentesi Susan Rice) per ristabilire il diritto internazionale nel caso dei nostri due Marò prigionieri ingiustamente in India, nessuno dei nostri partner ha scelto i prodotti della nostra industria bellica, nemmeno nel caso di quello che è forse il migliore addestratore avanzato del mondo (il Macchi M346 acquistato invece da Israele in maniera massiccia), l’America di Obama ha stracciato la commessa di Finmeccanica per i nuovi elicotteri presidenziali, non abbiamo avuto diritto ad un seggio semipermanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti, nonostante il fatto che il nostro contingente impegnato in missioni per le Nazioni Unite è tra i più cospicui al mondo.
Alcuni di voi possono dire che è stata nominata una italiana come alto rappresentante per la politica estera europea, ma purtroppo Federica Mogherini è emarginata dalle decisioni cruciali, sia sulla questione ucraina sia, ed in modo ancora più palese, sul programma atomico iraniano.
Oggi è ancora il tempo di seguire per quieto vivere la via tracciata da altri, anche se alleati? E’ ancora il tempo di non cercare una via italiana, seppur senza andare allo scontro con i paesi a noi vicini politicamente, per la tutela dei nostri interessi, della nostra nazione e della nostra economia?
E’ ancora oggi il tempo di non sapere, e potere, tracciare un progetto strategico che possa portare vantaggi diretti all’Italia, e non solamente chiedere il sacrificio dei nostri uomini per l’interesse predominante di altri, poi irriconoscenti verso di noi?
Oggi è il momento di una iniziativa strategica, politica, militare, economica, in una parola geopolitica, che possa far impegnare le risorse umane ed economiche del nostro paese per il nostro paese.
E’ giunto il momento di essere alleati “alla pari” con tutte le potenze che sono al fianco dell’Italia, e non essere meri “fotocopiatori” delle strategie altrui, soprattutto in Libia, dove gli scenari cambiano repentinamente e dove il successo che si poteva ottenere pochi mesi fa con un intervento militare limitato oggi non è più possibile avere.
Oggi è giunto il momento di rischiare qualcosa per ottenere molto, perchè l’alterantiva è non rischiare nulla per perdere tutto.
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Ottimo articolo, anche se a mio modo di vedere molto ottimista.
Non credo ci siano più spiragli per una politica estera autonoma in questo paese…l’intervento armato in Libia doveva essere organizzato qualche mese fa e in maniera del tutto autonoma così come hanno fatto i francesi in Costa D’Avorio o nella Repubblica Centroafricana. Oramai siamo uno stato-vassallo o al limite un protettorato….
Vi pongo un quesito.
Quanto pesa la nostra sublaternità economica alle strutture occidentali (swift, agenzie di rating, spread ecc…)? (per non parlare del debito pubblico che ormai è una barzelletta)
Nel senso, anche se attuassimo una politica estera più “aggressiva” e determinata, quanto seremmo esposti ad eventuali ritorsioni dei nostri alleati?
In passato abbiamo già sperimentato la loro benevolenza.
Siamo sicuri che si tratti solo di incosciente impotenza o, che invece non sia una cosciente impotenza?
Condivido quanto espresso da Andrea e Luca.
Aggiungo che inoltre vi sono anche altri due problemi alla base di tutto questo.
Il primo è una classe politica mirata al tornaconto personale piuttosto che agli interessi della Nazione.
Il secondo è che lo stesso popolo italiano è talmente esterofilo da criticare ogni scelta politica mirata ai propri interessi nazionali ed in contrasto con le potenze straniere o la UE.
Morale: oramai non abbiamo più via di scampo.
Il problema libico è importante, però per quanto riguarda il terrorismo islamico possiamo vedere come sia presente ormai anche in serbia e più in generale nell area balcanica… Con un occhio alla visita del papa a sarajevo di giugno…
Esatto, proprio a questo bisogna pensare… Quella visita secondo me è sconsiderata, proprio per la presenza di isis anche nei Balcani… Se non possono arrivare a roma in vaticano, chi ci dice che non colpiranno ” roma” mentre è in visita da loro… Solo a pensare che cosa scatenerebbe un evento del genere mi mette i brividi…
Io sono dell’idea che se non hanno ancora fatto attentati in Italia è perchè non vogliono farli.
Quale migliore porta per l’Europa se non un Italia che accoglie tutti indistintamente?