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Le ragioni strategiche e geopolitiche di un intervento saudita in Siria 

Nei giorni scorsi abbiamo ripetutamente parlato ed analizzato le motivazioni di un possibile intervento militare diretto della Turchia in Siria, ma al fianco della Turchia anche le monarchie sunnite del Golfo si sono dette pronte ad intervenire con truppe di terra, naturalmente per attaccare e combattere il Califfato Islamico.
Tuttavia, se attaccare il Califfato Islamico rappresenta per tutti gli attori della guerra in Siria l’alibi preferito, l’Arabia Saudita ha un obiettivo diverso, un obiettivo prettamente geopolitico e che riflette il conflitto perenne in atto tra Sciiti e Sunniti. Il collasso del Califfato Islamico e di tutte le opposizioni ad Al Assad determinerebbe una immediata espansione dell’influenza sciita (iraniana) dal Golfo Persico al Mar Mediterraneo, la creazione di una mezzaluna sciita che permetterebbe all’Iran di collegare direttamente il suolo iraniano con l’Europa evitando gli Stretti marittimi di Bab El Mandeb e il Canale di Suez.
Con la Siria (oltre che l’Irak) saldamente in mani iraniane, sarebbe agevole la costruzione di oleodotti e gasdotti che dall’Iran, e da Bassora, potrebbero portare il Gas Naturale e il Petrolio sciita (sia dell’Iran che dell’Irak) direttamente sulle coste del mediterraneo, vanificando gli sforzi delle monarchie sunnite atti a controllare le vie d’acqua che oggi l’Iran è costretto ad utilizzare per far giungere i propri prodotti energetici nel mediterraneo e oltre. 
Ai Sauditi basterebbe quindi controllare una striscia di territorio al confine tra Irak e Siria per impedire la creazione di queste infrastrutture energetiche, e mantenere nei confronti dell’Iran il vantaggio del controllo di Suez e di Bab El Mandeb. Il controllo di una parte del territorio della Siria dove porter garantire, da una parte i diritti della popolazione sunnita, dall’altra instaurare uno stato, interamente dipendente da Riad, che non consentirebbe mai il passaggio delle pipeline sciite.
Va sottolineato che questo tipo di soluzione non sarebbe del tutto contraria agli interessi geopolitici di Mosca. Per la Russia sarebbe infatti problematico dove competere in Europa con l’Iran, un paese che dispone di immense riserve di gas, paragonabili a quelle russe. La Russia potrebbe quindi tacitamente accettare la creazione di una piccola entità parastatuale sunnita in Siria.
Discorso differente vale per gli iraniani che vedrebbero dissolversi il loro disegno geopolitico, già idealizzato dal Grande Ayatollah Khomeini, di quella mezzaluna sciita che origina nel Golfo Persico e termina nel Mar Mediterraneo.
Gli iraniani quindi sono a nostro avviso pronti ad una guerra totale contro una possibile forza di invasione di terra della coalizione sunnita, una guerra totale che potrebbe (in caso di ampie differenze di strategia con i Russi) determinare la creazione di una forza di spedizione iraniana indipendente in terra di Siria.
Ai sauditi però non basterà avere il controllo di una striscia di deserto, servirà il controllo di una città, di fonti idriche e di infrastrutture in grado di connettere lo stato sunnita con una zona amica esterna alla Siria, e qui la questione si fa più complessa.
Per mantenere i contatti tra il futuro stato sunnita e il mondo l’Arabia Saudita ha necessariamente bisogno del supporto della Turchia. Osservando la carta geografica è infatti impossibile collegare agevolmente un territorio sunnita (ad esempio la zona di Raqqa) con la Giordania (un paese potenzialmente disposto ad aiutare un possibile futuro stato sunnita).
La necessita dei collegamenti con la Turchia potrebbe spiegare perché la coalizione della monarchie sunnite del Golfo ha deciso di stabilire la propria base operativa non in Giordania ma proprio in Turchia.
Ecco uno dei possibili reali obiettivi dell’Arabia Saudita connessi ad un intervento di terra in Siria, l’alibi del Califfo andrà invece benissimo per le conferenze stampa…