Una tale azione troverebbe il suo razionale strategico nel cercare di impedire la presa delle totalità della città di Aleppo da parte delle forze governative siriane; se Aleppo dovesse essere nuovamente, e nella sua totalità, nella mani di Al Asssad decine di migliaia di combattenti delle milizie sciite filogovernative e dell’esercito regolare siriano sarebbero disponibili per essere impiegati nelle aree della Siria Occidentale ora non sotto il controllo del Governo, determinando nei fatti la vittoria di Al Assad, e dei suoi alleati, nella guerra contro i ribelli, lasciando nelle mani dello Stato Islamico e di altri gruppi sunniti la parte orientale e desertica del paese.
Un obiettivo prioritario degli americani potrebbe essere quindi quello di impedire la caduta di Aleppo, per far ciò la linea è stata chiaramente dettata dal Segretario di Stato americano John Kerry, che ha dichiarato di non voler abbandonare il popolo siriano e che gli Usa ricercano ancora una pace per la Siria, che però, secondo Kerry, può essere ottenuta unicamente “mettendo a terra” gli aerei Siriani e Russi.
A Kerry ha fatto eco il Vice Capo di Stato Maggiore delle forze armate americane Gen. Paul Selva, che ha fatto presente come gli Stati Uniti sono pronti ad una azione “Cinetica” contro la Siria di Al Assad, stesso tono tenuto del Capo di Stato Maggiore Gen. Mark Milley, il quale ha ricordato ai nemici degli Stati Uniti che essi verranno “fermati e sconfitti”, anche se la guerra che si prospetta dovesse essere la più cruenta dalla seconda guerra mondiale.
Ma quali potrebbero quindi essere gli obiettivi e le modalità di un attacco americano alla Siria?
La prima ipotesi è un attacco diretto contro il Presidente della Repubblica araba di Siria Bashar Al Assad, ritenendo che, eliminato il vertice della Siria governativa, le forze armate che oggi fanno capo ad Al Assad vedrebbero sorgere al loro interno scontri per il potere, limitandone l’operatività e che forse la nuova leadership potrebbe essere maggiormente incline ad un accordo con gli Stati Uniti d’America sul destino di Aleppo e della Siria stessa.
Una seconda opzione è un attacco contro le piste degli aeroporti che oggi ospitano i velivoli governativi, in modo tale da rendere inservibili le piste di decollo e atterraggio, distruggere i sistemi di assistenza al volo, i centri di comando e controllo, i siti manutentivi degli aeromobili, e gli stessi aerei al suolo.
Una terza ipotesi è estendere l’attacco non solo agli aeroporti gestiti dai governativi ma anche alle basi aeree dove operano gli aerei della Federazione Russa.
Ognuna di queste tre opzioni potrebbe determinare una reazione, non solo della Siria, ma anche della Federazione Russa. Secondo la nostra visione della situazione attuale la Russia reagirà ad ognuna di queste ipotesi di attacco nel momento in cui esse diventassero un fatto compiuto. Mosca potrebbe reagire in maniera differenziata a seconda dell’obiettivo dei raid americani. In caso di attacco contro gli aeroporti siriani, senza che l’attacco interessi Al Assad o basi russe, Mosca potrebbe intervenire tentando di abbattere i sistemi d’arma impiegati nell’attacco ma senza reagire contro la piattaforme, dai quali tali sistemi sono stati lanciati. Nel caso in cui dovessero essere attaccate le basi russe o Al Assad fosse vittima di uno Strike la rappresaglia potrebbe interessare le basi o le piattaforme che hanno lanciato l’attacco contro la Siria.
Riteniamo che gli Stati Uniti, se il Presidente dovesse ordinare un attacco, utilizzeranno missili da crociera e droni per distruggere i bersagli di interesse sul suolo siriano, limitando al massimo l’impiego di aerei pilotati da un equipaggio di bordo. Il fulcro di questi attacchi potrebbe essere uno o due dei sottomarini classe Ohio modificati per essere una piattaforma di lancio per missili Tomahawk. Ognuna di queste unità sottomarine modificate ospita a bordo 154 missili cruise, alloggiati a gruppi di sette nei ventidue tubi di lancio che un tempo ospitavano i missili intercontinentali Trident. L’utilizzo di circa cento missili cruise sarebbe in grado di saturare le difese aeree Russo Siriane e colpire le basi aeree lasciando al personale militare russo e siriano un tempo di reazione non superiore ai 20/25 minuti (se i missili arrivassero sugli aeroporti sorvolando il mare), tuttavia se i cruise venissero programmati per raggiungere Damasco o Lakatia secondo una rotta che li portasse a sorvolare la Turchia (per quanto riguarda Latakia) o la Giordania (per quello che riguarda Damasco) gli ufficiali siriani potrebbero avere a disposizione meno di 5 minuti per mettere in salvo il presidente Al Assad o gli alti ufficiali delle basi militari.
Questa forte differenza di preavviso è dovuta al fatto che i radar di allerta precoce hanno buone possibilità di individuare un missile Cruise che vola a pelo d’acqua sul mare mentre faranno molta più fatica ad individuare un missile che vola seguendo i profili delle terreno collinare che caratterizza la Siria nei pressi di Damasco e di Latakia ed al fatto che i russi non dispongono oggi di un accurato sistema satellitare che possa avvenire dell’avvenuto laccio dei cruise, compito che va quindi demandato alla flotta russa operante in mediterraneo.
Ecco perché un attacco con i Cruise sarebbe letale e lascerebbe ai russi e ai siriani poche opzioni per difendersi.
Il rischio di un tale attacco però risiede nel fatto che la Russia, più che la Siria, potrebbe cercare di eseguire una rappresaglia contro l’unità navale Usa responsabile dell’attacco alla Siria o contro le basi di appartenenza di tali unità; ed è questo il più grande pericolo di un attacco alla Siria, non il rischio di uno scontro nei cieli della Siria, ma l’attacco nel mediterraneo contro il sottomarino americano classe Ohio che ha dato ha lanciato lo Strike contro la Siria.
Photo Credit: US Navy – Google