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Le migliori prassi a livello globale nella lotta a Covid-19

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Ormai il mondo fronteggia l’epidemia di Sars-CoV-2 da circa due mesi, almeno ufficialmente. Ad oggi sono coinvolte la gran parte delle nazioni del pianeta, c’è chi è entrato nella lista in questi giorni e chi, invece, nella lista ci si trova dall’inizio. Ovviamente c’è la Cina come apripista, ma a seguire troviamo Singapore, Corea del Sud, Giappone e l’Italia. Dopo l’Italia si è acceso un po’ tutto il resto del mondo.
Dopo due mesi di lotta serrata e senza quartiere, può essere interessante andare a confrontare le prassi messe in campo dalle varie azioni e cercare di individuarne gli aspetti positivi e più interessanti.
E’ doveroso partire proprio dalla Cina, nazione da cui sarebbe partito il contagio e che ha iniziato per prima a combatterlo. Gli aspetti salienti e sicuramente positivi della strategia cinese sono:


1) Quarantene vaste e rigorose. Dapprima una città, poi due, poi dieci fino ad arrivare a decine di milioni di persone bloccate nelle proprie abitazioni. Una scelta coraggiosa, probabilmente molto difficile da applicare nelle democrazie occidentali, ma sicuramente di grande efficacia. Calendario alla mano, la Cina sta alleggerendo le quarantene soltanto in questi giorni, a quasi due mesi dalla loro implementazione.
2) Logistica e supporto alla classe medica e degli operatori sanitari in generale. Da un certo punto di vista, essendo la quasi totalità delle produzioni in Cina, è stato più semplice riconvertire alcune linee a sostegno degli ospedali.
3) La chiusura delle scuole (misura adottata in primis in Cina) ha costretto milioni di studenti nelle proprie case. Nel giro di poche settimane, la totalità degli studenti cinesi poteva accedere ai corsi scolastici tramite applicazioni specifiche e canali televisivi dedicati.


Passiamo ad un altro gigante asiatico, Singapore. Qual è la lezione che dobbiamo apprendere dalla città stato asiatica?


1) La strategia utilizzata: tracciare ogni singolo caso e tutti i suoi contatti. Lo scopo è stato raggiunto con sistemi assolutamente all’avanguardia: riconoscimento facciale spinto (anche sui mezzi di trasporto) e con l’utilizzo di Intelligenza Artificiale
2) Rapidità di intervento. Le autorità sanitarie non hanno aspettato soglie specifiche di contagio per agire. Il primo caso è stato sufficiente per portare la risposta del sistema al 100% delle proprie capacità
3) Trasparenza nella comunicazione dei dati. Del cluster singaporiano, il mondo ha potuto sapere qualsiasi aspetto clinico ed epidemiologico, fin da subito.


Altro gigante asiatico, la Corea del Sud. Cosa ci insegnano i coreani?


1) Test a tappeto su tutta la popolazione, non solo inseguendo specifici cluster, ma anche campionando a caso (tramite gli ormai famosi Drive-Through, attraverso i quali i passeggeri delle automobili di passaggio venivano testati)
2) Vastità e profondità della base di dati epidemiologica. Grazie ai coreani, i medici di tutto il mondo hanno potuto usufruire di uno sguardo dettagliatissimo sul contagio e l’evoluzione della malattia stessa.

3) Aver dimostrato che anche le democrazie più moderne, tutto sommato, possono efficacemente implementare un sistema di tracciamento e isolamento dei casi.


Guardando all’Europa, spicca la risposta italiana. In questa sede vengono analizzate le buone prassi e l’Italia ha messo in campo le sue:


1) Risposta combinata tra i vari ambiti sociali ed economici
2) Chiusura delle scuole
3) Istituzione di zone rosse / arancioni
4) Ampliamento delle capacità ospedaliere
5) Sostegno economico


Il Regno Unito ha un approccio diverso da tutti gli altri, gli aspetti più interessanti sono:


1) Comunicazione chiara e scevra di orpelli alla popolazione. Il messaggio è molto scientifico. Di COVID-19, semplicemente, si può morire.
2) Risposta modulata di volta in volta in base all’andamento del contagio


Anche gli USA hanno da insegnare una buona pratica:


1) Condivisione e diffusione totalmente aperta a tutta la comunità scientifica globale (sono stati i primi a far decadere il cosiddetto paywall che ostacolava l’accesso agli studi più recenti)


Ogni paese dunque, anche quelli che hanno messo in campo risposte meno immediate e meno virtuose, tuttavia hanno degli spunti interessanti se non addirittura delle singole prassi positive da replicare ovunque.