“Non permetteremo all’Iran di trincerarsi in Siria”, questo il commento del Primo Ministro di Israele Benjamin Netanyahu poche ore fa. Un commento che, pur senza mai citare il bombardamento avvenuto a Damasco poche ore prima, fa riferimento alla postura israeliana nei confronti della presenza iraniana in Siria.
Dopo il collasso della struttura del governo laico siriano ora l’Iran e la milizia libanese dell’Hezbollah cercano di avere sempre più voce in capitolo nelle scelte strategiche di Damasco, essendo stati determinanti per la vittoria contro lo Stato Islamico. Tra le scelte di maggiore importanza spicca quella relativa ai rapporti politico-militari (più militari che politici) con lo stato di Israele.
In quest’ottica l’Iran sta edificando in terra siriana, anche grazie alle risorse economiche liberate grazie all’accordo sul programma atomico di Teheran, una serie di installazioni militari. Tra esse citiamo una fabbrica per missili balistici, ed un paio di caserme/centri di comando nelle zona orientale e meridionale di Damasco.
Una di queste caserme, con annesso centro di coordinamento militare, è stata colpita la notte scorsa da un raid aereo israeliano. Secondo la nostra analisi della vicenda, seppur le informazioni in nostro possesso siano veramente scarse, riteniamo che un piccolo numero di missili da crociera israeliani Delilah siano stati impiegati per cercare di eliminare alcune figure di spicco iraniane-libanesi presenti ieri notte in Siria.
Il Delilah è un missile subsonico con una testata ad alto esplosivo di modesta potenza (max 85kg), impiegato per bombardamenti di precisione ed in grado di volare per quasi 300 km.
Molteplici fonti siriane e iraniane affermano che alcuni dei missili israeliani sarebbero stati abbattuti (probabilmente da un sistema Pantsir-S1 – NATO SA-22 Greyhound) nella piena disponibilità delle forze iraniane ivi presenti.
Ad ogni modo, anche in base alle dichiarazioni siriane e iraniane, un’aliquota dei missili impiegati nell’attacco hanno colpito gli obiettivi assegnati.
Questo strike testimonia la volontà israeliana di non tollerare una forte presenza militare iraniana a pochi passi dallo stato ebraico. Secondariamente dimostra che una parte del sistema di difesa aereo della Siria non è più sotto il controllo del governo di Al Assad e che l’Iran tenta di operare in maniera autonoma sul territorio della Repubblica Araba di Siria.
La Siria, dove la presenza iraniana si rafforza in maniera costante, sarà oggetto nei prossimi di mesi di azioni israeliane sempre più radicali e potenzialmente foriere di innescare una escalation militare.