Nella scorsa notte una violenta esplosione ha scosso un piccolo paese 30 km a sud di Latakia, roccaforte lealista della Siria Alawita.
Da subito l’ipotesi che si è fatta largo in chi segue l’evoluzione del Medio Oriente è stata quella di un attacco aereo da parte di una nazione straniera. E quando si parla di un attacco aereo in Siria come primo responsabile si pensa all’Aeronautica Militare Israeliana. Ma come di prassi lo schema comportamentale di Israele prevede di non confermare ne smentire le notizie relative ad attività militare dello stato ebraico in Siria. A fugare ogni dubbio, e a mettere sia Al Assad che Netanyahu in difficoltà, sono stati gli Stati Uniti d’America che hanno confermato che la responsabilità dell’attacco aereo a Latakia è del governo di Gerusalemme.
Questa dichiarazione mette in forte difficoltà sia Israele che Al Assad, in quanto il governo siriano ha più volte dichiarato che avrebbe risposto nel caso di ulteriori attacchi di Israele al territorio siriano. Gli Stati Uniti sembrano cercare una reazione di Al Assad, una reazione che causerebbe una escalation con Israele. In tale scenario gli Stati Uniti otterrebbero un ulteriore indebolimento del governo di Al Assad, senza essere direttamente coinvolti in un attacco alla Siria.
Ma cosa ha spinto Israele ad attaccare una base a sud di Latakia. Molti parlano di un attacco ai sistemi di difesa aera ospitati da quella base, in particolare il sistema SA-3. Tuttavia il sistema SA-3 non è un arma così avanzata da far scattare un raid israeliano. L’obiettivo del raid deve essere stato un altro e per la posizione della base esiste una concreta possibilità che esse ospitasse i missili antinave Yakhont, oppure sistemi missilistici SA-8, missili che forse sarebbero stati sul punto di essere trasferiti in Libano, ma quest’ultima è una nostra deduzione al momento non suffragata da alcuna prova ufficiale.