Ospitiamo oggi un post dell’Ammiraglio di squadra (ret.) Giuseppe Lertora, che ringraziamo sentitamente per averci concesso di pubblicare le Sue riflessioni.
In questi giorni il Paese è sconvolto dalle tragedie del Canale di Sicilia, da tutti quei migranti che inconsapevoli del mare e delle leggi della stabilità di una nave, si avventurano in traversate disperate e colme di rischi; qualche giorno prima le cronache riportavano la ferocia di alcuni di loro, musulmani, che avevano gettato a mare 13 compagni di viaggio solo perché erano degli infedeli cristiani. Non c’eravamo ancora ripresi dalla tragedia al museo di Tunisi che i media, facendo da grancassa, amplificavano le comunicazioni delle terribili decapitazioni dei cristiani da parte dell’ISIS, e dei loro proclami di arrivare presto a Roma per distruggerla.
Si tratta di situazioni certamente da prima pagina, e in buona sostanza di una serie concatenata di messaggi chiari, forti, preoccupanti e perfino destrutturanti. Il combinato disposto del terrorismo islamico e dell’incontrollato flusso migratorio, di cui noi italiani e anche gli europei siamo destinatari, costituisce una minaccia e insieme una sfida che in qualche misura è rivolta, più o meno concretamente e scientemente, a creare paure e fratture tali da scuotere il nostro sistema sociale. Sembrava che il tempo fosse scaduto un mese fa; allora si parlava di schierare 5000 soldati con un contingente a guida italiana in Libia; dopo tali intendimenti interventisti, tutto si è calmato, si fa per dire, dimentichi che prima o poi, se vogliamo far fronte alla determinazione e capacità di penetrazione islamica, la politica non può continuare a fare giri di valzer, ma prepararsi a difendere il nostro territorio, che è quello più esposto, anche con l’uso della forza. Per inciso, speriamo solo che, il Libro Bianco, in presentazione al Consiglio Supremo della Difesa, non riduca lo strumento militare a una ‘’parvenza’’ inutile, anche per situazioni -come questa- in cui la minaccia è alle porte di casa.
La politica appare fulcrata sull’’wait and see’’ che, da noi, ha profonde radici, storiche e culturali, ma non paga mai; oltre a non perseguire alcuna strategia nei diversi campi, consegue zero risultati, ma ci espone a pericoli crescenti, alla scarsa credibilità come Nazione nella comunità internazionale. Spesso l’assenza di strategia, insieme con una scarsa capacità decisionale, finisce per far accumulare i problemi, li fa sedimentare nella speranza che si risolvano da soli, confidando che qualcun altro più coraggioso ci pensi al nostro posto; finora, infatti, nonostante le sempre più frequenti richieste a Bruxelles e le preghiere anche oltreoceano all’ONU, la situazione non è per nulla cambiata e dovremo cavarcela da soli. Siamo già in un angolo, in un ‘’cul de sac’’, in una sorta di melma viscosa in cui siamo finiti, innanzitutto per la nostra incapacità a capire ‘’dove si vuole andare’’.
ll fenomeno migratorio, non tanto quello dei rifugiati ‘’regolari’’ che si attesterebbe intorno al 10% , quanto quell’esodo ormai biblico ed incontrollato di svuotamento del continente africano, richiedono rimedi efficaci, altrimenti metteranno a repentaglio, nel giro di qualche anno, la stessa sopravvivenza dell’Italia. Pur con tutto l’approccio umanitario che si possa esprimere, non ci sono dubbi che tale fenomeno deve essere ‘’governato’’, a prescindere dalle demagogie, in modo più adeguato e coerente con la consapevolezza civica della sua forza destabilizzante, soprattutto per Nazioni come l’Italia, attanagliata da una crisi economica e sociale senza pari. Siamo di fronte ad un’invasione islamica, neppure tanto ‘’soft’’ visti quegli eventi ricordati, che si sta concretando con ritmi crescenti, dando piena ragione alla profezia della Fallaci della trasformazione subdola dell’Europa nella famigerata ’Eurabia’’.
L’Eldorado sognato da quei poveracci è divenuto un pericoloso miraggio e l’Italia, da paese solidale, umanitario , e perfino assai tollerante, sta sperimentando e maturando una crescente avversione verso quegli ‘’occupanti’’ con manifestazioni d’ insopportabilità. E, perciò, non possiamo accusare gli altri, senza prima fare onestamente un ‘’mea culpa’’. E’ vero che gran parte delle cause vanno imputate alla carenza di una politica estera comunitaria europea, all’ insensibilità di enti ed Alleanze , come la NATO e l’ONU che hanno sempre glissato sostenendo che dovevamo cavarcela da soli, con le nostre forze, con la nostra Difesa, col nostro governo.
Dopo tante suppliche, Bruxelles ci ha accordato di cooperare per il controllo dei confini marittimi meridionali, sbandierando la Frontex e Triton come fossero la panacea dei nostri mali, quando era ovvio fin dall’inizio che era solo un bluff a cui avevano aderito, alla faccia del pilastro della solidarietà europea , solo 8 nazioni sulle 28 dell’UE! E che, comunque, nulla avevano a che fare con il SAR, il soccorso e l’assistenza di quei migranti in difficoltà: non avrebbe, quindi, tolto le castagne dal fuoco, ne’ avrebbe evitato i naufragi. Un ‘’cul de sac’’ in cui si è venuta a trovare l’Italia per scelte opinabili o assenti, per le pressioni ‘’celesti ‘’ dell’oltre-Tevere, ma soprattutto per il secolare disinteresse alla sovranità nazionale.
Anche nei confronti della lotta anti-ISIS, la politica estera italiana è stata caratterizzata da simili traccheggiamenti : da dichiarazioni di guerra sulla quarta sponda, siamo passati subito dopo al freno a mano tirato. Anche se non si vuol credere a quei segnali premonitori di una penetrazione violenta e di una invasione islamica ‘’hard’’ connessa con ISIS, e altri terrorismi, bisogna fare pure i conti con quella relativamente ‘’soft’’ dell’immigrazione biblica africana, e anche con le tragedie ed i lutti che porta con sé. Ma perché, allora, non facciamo da subito la guerra ai criminali scafisti affondando i loro strumenti, cioè quei barconi restituiti ai trafficanti di uomini, come è accaduto, sotto la minaccia di qualche kalashnikov? Le voci che si alzano sono diverse: c’è chi invoca un rafforzamento di Triton? che è praticamente inutile ed ha come mission il solo controllo delle frontiere marittime, ma non certo quella del SAR a quei poveracci che muoiono a migliaia; c’è chi si rivolge all’ONU sperando in qualche risoluzione ‘’risolutiva’’ con l’ipotesi di un intervento di polizia internazionale contro gli scafisti o per demolire gli scafi nei porti che difficilmente la farà perché a loro estranea ; c’è chi, tentando di smuovere le coscienze e la sbandierata solidarietà comunitaria, pungola il pachiderma UE che non ne vuol sapere, e non vuole essere disturbato; infine, c’è pure il nostro Presidente della Repubblica, che denuncia il disinteresse della comunità internazionale in quanto ha dato “finora risposte inadeguate e non può più volgere lo sguardo altrove”.
Giustamente ci si rivolge alla comunità internazionale, ma in particolare ai nostri partner europei , sempre più sordi e perfino più ostili nei confronti dei migranti; diverse nazioni oltre a non partecipare con navi, ne’ con uomini e neppure con quattrini, ne vietano l’ingresso ed il transito nei loro paesi, a prescindere dai Trattati in vigore: altro che redistribuzione equa dei migranti nei vari stati membri dell’Unione; come a dire che l’Italia li recuperi pure, ma altrettanto se li gestisca. Gli altri paesi Mediterranei li respingono, quando non li rigettano in mare; non solo la Libia, ma talune nazioni costiere, dalla Siria, all’Egitto, e sicuramente anche la Turchia e la Grecia alimentano, per motivi diversi, le partenze dei clandestini orientati tutti, guarda caso, verso il Canale di Sicilia. C’è bisogno di reagire, con un sussulto di governance vera e trovare le soluzioni più appropriate per evitare di assistere penosamente e periodicamente a tali tragedie; non ci vuole poi molto: innanzitutto una risoluzione temporanea dell’ONU per consentire l’ingresso nelle acque territoriali libiche delle Unità, possibilmente della UE, sulla falsariga di Atalanta; quindi prevedere la partecipazione di un paio di limitati Gruppi navali UE, integrati con Forze Speciali, davanti ai porti di Tripoli e Zwuara; infine, ma non per ultimo, ribadire la titolarietà dell’immunità funzionale dei militari partecipanti, e comandati in aree straniere, per evitare di imbatterci in situazioni come quella dei nostri 2 fucilieri di Marina, ora detenuti in India.
Le conseguenti modalità di intervento, i concetti delle operazioni, con le relative ROE – regole di ingaggio- e l’uso della forza in particolare, per distruggere i barconi ed arrestare eventuali scafisti, dovranno essere studiati dagli Stati Maggiori competenti in materia, ma non si rinvengono particolari difficoltà nel compiere tale missione. Valorizzando soprattutto quegli uomini ‘’speciali’’, eredi di quegli eroi che, durante il primo e soprattutto il secondo conflitto mondiale, affondarono in porto corazzate alleate ad Alessandria, come a Gibilterra: basterebbe un gruppo di incursori della Marina per affondare in un colpo tutti i barconi ormeggiati in quelle località. Nel tourbillon di queste nefaste e preoccupanti notizie, i media si sono dimenticati, non si capisce se volutamente o meno, e semmai con qualche ermetico articolo, di un altro cul de sac, in cui da tempo ci troviamo: quello dei 2FCM che però tornano alla ribalta ogni qualvolta si avvicina una scadenza.
Il loro caso langue da oltre tre anni in una palude melmosa e con sporadici colpi di scena; ora, per esempio, la Corte Suprema indiana ha concesso di procrastinare, dal 12 aprile al 15 luglio prossimo, il rientro in India del FCM Latorre, che si trova in Italia dalla fine di Agosto del 2014 per curarsi a seguito di un grave ictus. L’ altro Fuciliere Girone, trattenuto invece a Delhi in attesa di un fantomatico processo che, per il momento, è ancora privo di formali capi di accusa. Ancora una volta abbiamo atteso che arrivasse la data fatidica senza informazioni, con un silenzio mediatico e istituzionale assurdo: sta di fatto che il loro problema è tuttora irrisolto e le prospettive non sono rosee. La vita e il futuro dei 2 FCM sono nelle mani indiane a cui l’Italia si rivolge spesso perché concedano loro la grazia, ‘’sperando’’ nella benevolenza e nella pietas indiana che si invocano solo all’approssimarsi dell’emergenza, e delle ineludibili scadenze Siamo assai capaci di minimizzare l’informazione, e quindi di negare l’esistenza di un problema che, guarda caso, tocca direttamente l’onore nazionale, con un’ odissea che ha abbracciato tre governi , senza esiti, né con i canali politici, nè diplomatici. Anzi; siamo scaduti nell’umiliazione dopo che alcuni onorevoli avevano addirittura proposto di risolvere l’intricata situazione scambiando i 2 FCM con delinquenti indiani spacciatori di droga, con un baratto ignominioso. Un modo d’agire di certo offensivo della dignità e dell’onore, capisaldi del pensiero e degli obblighi dei militari verso la nostra Nazione, dimenticando altresì che nel corso di tre anni gli indiani ci hanno fatto ingoiare rospi di ogni genere, e perfino presi per i fondelli. I 2 FCM sono innocenti fino a prova contraria; hanno fatto ciò che la missione antipirateria ed il loro dovere imponevano, anche se i fatti -per quanto noti – escluderebbero il loro coinvolgimento nel sinistro con il peschereccio Saint Anthony.
E, se devono subire un processo, non può essere che un Tribunale italiano a giudicarli: un diritto/ dovere inalienabile che compete all’Italia soltanto. Che fare ora per risolvere il rebus del rientro di Latorre, rinviato a Luglio? La diplomazia ha ormai fallito su tutti i fronti ed anche il rischio che i mercati con l’India si siano chiusi, è ormai realtà; è tempo di fare scelte precise, e di accollarsi gli oneri e le responsabilità del caso. La nostra dignità nazionale, poi, è naufragata dopo i fatti del 23 marzo 2013 in cui i 2 FCM furono costretti, non certo spontaneamente, a rientrare per ‘’una parola mai data’’, con un voltagabbana istituzionale che resterà come una macchia indelebile nella nostra storia. Un rientro nefasto, una Caporetto, che non si sarebbe dovuta verificare se solo avessimo tenuto fede con coerenza ai reiterati proclami fatti a tutti i livelli nei giorni precedenti, comunque risolvibili politicamente con dignità, atteso anche le improvvide affermazioni di Monti e Napolitano sulla questione che,evidentemente, hanno convinto la nostra magistratura a non trattenerli in Italia, a prescindere! Costoro potevano e dovevano agire, seppure con argomentazioni diverse, per trattenere in Patria i 2 FCM, ma tutti li hanno scaricati e riconsegnati agli indiani.
Bastava riconoscere il sacrosanto diritto della giurisdizione italiana sul caso da un lato, e dall’altro rispettare l’obbligo di non estradarli verso un Paese dove vigeva –e vige- la pena di morte, perché il caso fosse chiuso da oltre 2 anni. Invece non solo non si è optato per tali soluzioni percorribili, ma col rientro dei Fucilieri e la firma delle garanzie nei confronti di Delhi, la posizione italiana sulla faccenda è risultata assai indebolita. Nessuno, poi, ha perorato con forza la loro immunità funzionale, la stessa richiamata per i militari che dovessero essere impegnati in prossimità delle coste libiche, nel prossimo futuro!
E ora siamo punto a capo, anzi peggio avendo uno dei FCM qui in Italia seriamente ammalato ed uno in ostaggio a Delhi: ‘’un cul de sac’’ analogo, per certi versi a quello conseguente alle tragedie nel Canale di Sicilia, da cui comunque bisogna uscirne. Diverse possono essere le soluzioni, a seconda di ciò che si intende fare, basta avere ben chiaro lo scopo finale, e che non si traccheggi ulteriormente! Latorre in India, comunque, non deve rientrare, né ora né a luglio, anche perché le sue condizioni di salute non lo consentono; per questo, tuttavia, non attendiamo, per favore, la ricorrente sentenza indiana. Bisogna invece che la nostra magistratura proceda al ritiro del suo passaporto, iniziando da subito il processo qui, a Roma: ne ha titolo sia sotto il profilo del diritto internazionale, che sotto quello della immunità funzionale. Va inoltre subito avviato l’Arbitrato internazionale obbligatorio –già annunciato dal governo un anno fa, ma non ancora attivato- con la speranza che così venga tolto Girone come ostaggio in India e trasferito in un Paese terzo per il pertinente giudizio. Altrimenti, anche se difficilmente nessun politico si assumerà la responsabilità di decidere in tal senso, l’unica soluzione è tenersi Latorre qui in Italia, e andarsi a riprendere Girone con qualche artificio o con la forza: non è più tollerabile calpestare l’onore degli italiani sulle spalle dei poveri 2 Fucilieri! Siamo finiti, con la nostra indifferenza, e la politica dello ‘’stellone’’ in una serie di ‘’cul de sac’’ da cui non sarà facile uscire,ma se riusciremo a fare le mosse giuste sia nella battaglia contro gli scafisti che contro le iniquità indiane nei confronti dei 2 FCM, la dignità nazionale e la credibilità del Paese potranno rialzare il capo, con onore!