La constatazione che anche avendo raggiunto il potere attraverso libere elezioni, questo non sia sufficiente per imporre ad una nazione il proprio volere assoluto, e avendo stabilito una volta per tutte che in Egitto, l’Egitto di oggi almeno, comanda comunque chi ha dalla sua la forza delle armi, i fautori della lotta armata, del Jihad domestico, stanno avendo grande spazio all’interno della fratellanza.
Ma oggi la fratellanza non è in grado di portare avanti una lotta armata a tutto campo, la fratellanza (e il suo braccio militare) non è in grado di confrontarsi con l’esercito e con la massa di sostenitori dell’Egitto laico.
Così si sta delineando uno scenario nel quale la Fratellanza starebbe programmando una specie di protesta violenta “di attrito”.
Ci spieghiamo meglio. Nelle guerre di attrito la parte più debole preferisce un conflitto a bassa intensità, fatto di schermaglie e guerriglia, ma in grado di logorare sul lungo periodo l’avversario. In Egitto potrebbe accadere qualcosa di molto simile ad una guerra di attrito, ma rapportata alle proteste di piazza.
I nostri analisti ritengono altamente probabile che potremo assistere nei prossimi giorni e nelle prossime settimane a proteste cicliche, probabilmente il venerdì dopo la preghiera islamica, proteste che potrebbero essere organizzate in maniera preordinata per sfociare in scontri violenti, con gli oppositori e con le forze armate, in modo da obbligare l’esercito a divenire una presenza costante nelle strade del Cairo.
Questo tipo di strategia potrebbe avere due obiettivi principali:
~ il primo diffondere un senso di insicurezza, ed impedire al paese di tornare rapidamente alla normalità. Osservare morti feriti e auto date alla fiamme, a lungo andare, potrebbe generare paura e reazioni di rassegnazione nella popolazione
~il secondo dimostrare all’Egitto e al mondo intero che i militari non hanno il pieno controllo della situazione, e che l’Egitto non è un paese stabile che permetta investimenti e turismo dall’estero in piena sicurezza.
Se ciò accadrà l’esercito dovrà compiere rapidamente una scelta, ritirarsi nelle caserme e lasciare l’iniziativa alle piazze o reprimere con forza il tentativo dei Fratelli Mussulmani.
Contemporaneamente l’esercito egiziano dovrà condurre una vasta offensiva nel Sinai demilitarizzato ed eradicare una volta per tutte le formazioni estremiste che danno linfa, con le armi e con l’esempio, al braccio armato della Fratellanza.
Tutto ciò comunque sta avvenendo nella più totale assenza degli Stati Uniti d’America, i quali hanno dimostrato una volta di più di non avere, non solo una strategia vincente, ma di non possedere proprio alcuna strategia per l’evoluzione dello scenario mediorientale.
Il vuoto lasciato dagli Stati Uniti verrà presto colmato dall’attivismo saudita e dal rinnovato interesse della Federazione Russa per il mediterraneo orientale.