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La pericolosità di COVID-19 e perché il Virus NON è una influenza

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Sottovalutare i problemi non li fa scomparire, far passare alla popolazione il messaggio che tutto è sotto controllo e che nulla nella loro vita cambierà, se le cose dovessero volgere al peggio, è un gesto molto pericoloso perché questo comportamento potrebbe portare al crollo della fiducia nelle istituzioni e conseguentemente generare il panico, il panico vero, non le scene da commedia viste in questi giorni in alcuni supermercati.
Detto questo, il comportamento degli organi esecutivi italiani, governo centrale e regioni, sta continuando a mandare alla popolazione e alla comunità internazionale messaggi disomogenei e contraddittori. Siamo passati da una prima fase dove si invitava ad “abbracciare un cinese” e coloro i quali chiedevano la quarantena per “chiunque” tornasse dalla Cina venivano definiti “fascioleghisti”, a una fase dove l’esercito sorveglia intere comunità con misure da coprifuoco estese a decine di migliaia di persone. Ma le giravolte istituzionali non si sono fermate qui perché dopo aver isolato intere comunità ed accusato un nostro ospedale “di aver violato i protocolli” si invitavano i turisti stranieri in Italia e si affermava che “solo” il 3% dei contagiati dal virus va incontro alla morte.
Quindi anche solo per questo fatto il Coronavirus COVID-19 non è un’influenza, in quanto la sua mortalità è molto ma molto inferiore, ma questo virus non è un’influenza anche a causa del tasso di polmoniti interstiziali primarie dovuto non a complicanze batteriche, ma alla presenza stessa del virus.
Queste polmoniti interstiziali possono richiedere il ricovero in terapia intensiva, sono polmoniti nelle quali la compliance polmonare rimane in diversi casi buona, il che permette un’ottima ventilazione assistita tramite i macchinari disponibili nelle terapie intensive. Queste manovre rianimatorie sono estremamente efficaci e riducono significativamente la mortalità di questi soggetti che in assenza di un adeguato trattamento potrebbero andare incontro a complicanze ancora maggiori e alla morte. Come vediamo dalle statistiche circa il 10% degli infetti necessitano di cure in terapia intensiva, fino a quando il nostro sistema sarà in grado di gestire negli adeguati reparti le persone più gravi questa malattia non deve fare paura. Ma se per caso dovessimo assistere a una diffusione estremamente rapida del virus potrebbe accadere che I posti disponibili nelle terapie intensive non siano sufficienti per tutti i pazienti che cercano cure. In questo scenario, che nessuno certamente si augura, è logico attendersi un aumento della mortalità e quindi il possibile diffondersi del panico che sarebbe non più controllabile a causa anche delle ripetute variazioni di pensiero e di azione dei massimi vertici del nostro sistema di vita civile.
Ricordando le parole di chi ha affermato che “solo il 3% degli infetti” ha un esito fatale della malattia solo per dovere di calcolo matematico vogliamo esplicitare il fatto che nel caso avessimo diecimila infettati i morti sarebbero trecento e che salirebbero a trentamila se si arrivasse ad un milione di contagi in un quadro semipandemico.
Chiudiamo con le parole del professor Pesenti espresse durante la conferenza stampa alla regione Lombardia il giorno 28 febbraio 2020:

Questa malattia non è una banale influenza, non è la peste bubbonica, ma non è una banale influenza. Un’alta percentuale di pazienti richiede ricovero in terapia intensiva, le proiezioni che si intravedono ci prospettano un disastro sanitario.