Perché l’Iran ha attaccato le installazioni petrolifere saudite? Perché l’America non ha messo in atto una rappresaglia contro l’Iran quando Teheran ha abbattuto, nello spazio aereo internazionale, un drone americano. La mancata risposta militare diretta ha rafforzato nella leadership iraniana la convinzione che l’America non avrebbe agito nemmeno ad un lancio missilistico contro installazioni strategiche dei sauditi.
Gli esempi della Corea del Nord con i test atomici, della Russia con l’azione in Ucraina, della Siria con le armi chimiche, hanno ormai annientato la deterrenza americana, non basta più la presenza di una portaerei oppure di un contingente americano per dissuadere un nemico dall’attaccare un obiettivo che viene ritenuto funzionale ad aprire una eventuale trattativa da un punto di forza indiscutibile.
Per questo motivo non reagire oggi all’atto di guerra originato dall’Iran, eviterebbe sicuramente una battaglia nel Golfo, ma probabilmente garantirebbe il collasso dell’intera Arabia Saudita, che potrebbe essere messa sotto attacco diretto dall’Iran non appena la teocrazia islamista degli ayatollah sarà in possesso dell’arma atomica, vero obiettivo degli iraniani per garantirsi non tanto la loro sopravvivenza ma l’egemonia sciita su tutto il medio oriente.
Una rappresaglia mirata, chirurgica, puntuale è indispensabile per ristabilire la capacità di deterrenza dell’America e dei suoi alleati privilegiati. Non agire ed attendere le Nazioni Unite, i parlamenti, le commissioni di inchiesta convincerà tutti coloro che vogliono usare il ricatto e la violenza come mezzo di vittoria diplomatica ad essere ancora più aggressivi e spregiudicati. Una rappresaglia è inevitabile, anzi indispensabile.
“You were given the choice between war and dishonour. You chose dishonour, and you will have war.’
Sir Winston Leonard Spencer Churchill