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La crisi politica in Romania

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La crisi politica in cui versa la Romania nasce molto prima delle elezioni e degli eventi accaduti tra gennaio e febbraio dell’anno appena cominciato. Prima delle elezioni si sperava di raggiungere una nuova possibilità storica, nuove opportunità per superare la crisi e di risolvere i conflitti politici che bloccavano il processo costruttivo. Per poter tracciare un quadro più chiaro è opportuno fare un passo indietro e arrivare al 20 giugno 2015, giorno in cui il presidente romeno Klaus Iohanis ha promulgato la legge elettorale nr. 208/2015 per il Parlamento prevedendo il ritorno al voto di lista già in uso fino alle elezioni del 2004. La nuova legge elettorale prevede un rapporto di rappresentanza di un deputato ogni 73.000 abitanti e un senatore ogni 168.00 abitanti, così passando da 308 deputati e 134 senatori ad un totale di 442 seggi rispetto ai 588 seggi del mandato precedente. Nei registri elettorali, prima delle elezioni, risultavano iscritti circa 18,9 milioni di romeni e per la prima volta i cittadini rumeni residenti all’estero avrebbero potuto esercitare il diritto di voto per corrispondenza previa iscrizione nel Registro elettorale. Il 17 settembre 2016, secondo l’Autorità Elettorale Permanente, risultavano inseriti nel Registro elettorale 609.962 cittadini romeni residenti all’estero. Durante la seduta del Governo del 31 agosto 2016 è stata fissata la data delle elezioni al Senato e alla Camera, il giorno domenica 11 dicembre 2016.

La partecipazione dei cittadini rumeni alle urne il giorno delle elezioni è stata minore, con solo il 39,40% degli aventi diritto, rispetto al 41,27% degli elettori alle elezioni parlamentari del 2012 a livello nazionale. I socialdemocratici hanno raggiunto oltre il 45% dei voti mentre il Partito Nazional Liberale di centrodestra – il 20% dei voti nelle due Camere del Parlamento. Gli altri partiti che hanno superato la soglia di sbarramento al 5% sono: il neofondato partito l’Unione salva Romania con 8,89% al Senato e 8,81 alla Camera dei Deputati, l’Unione democratica dei magiari (Udmr) con 6,25% al Senato e alla Camera dei deputati, i Liberaldemocratici (Alde) con 6,04% e 5,62% e il Partito del Movimento Popolare dell’ex presidente Traian Basescu con 5,65% e 5,36%.

La Costituzione della Romania all’art. 63 stabilisce la durata del mandato dei deputati e dei senatori (4 anni), i tempi e le modalità di riunione della Camera e del Senato e prevede anche che “il Presidente della Repubblica convoca i membri del Parlamento entro 20 giorni dalla data delle elezioni”. Mentre all’art. 85 viene stabilito che „il Presidente della Romania nomina un candidato alla carica di primo-ministro e designa il Governo sulla base del voto di fiducia accordato dal Parlamento”. In questo ordine di idee, in seguito alle consultazioni con i partiti politici che hanno ottenuto la maggioranza in Parlamento, il Presidente della Repubblica ha la facoltà di nominare il candidato alla carica di primo ministro. Sulla base delle disposizioni di legge, il Presidente Klaus Iohannis ha firmato il decreto di nomina di Sorin Grindeanu il 30 dicembre, dopo aver rifiutato la prima proposta del PSD che indicava Sevil Shhaideh come presidente del Consiglio, giorno della Repubblica. Il nuovo Governo è guidato dal social democratico Grindeanu e i membri del Consiglio dei Ministri sono esponenti del Partito Social Democratico e del Partito Alleanza dei Liberali e dei Democratici. A sua volta, il premier Grindeanu dopo essere stato nominato ha proposto il programma di governo e una lista completa di ministri che lo avrebbero affiancato. Una volta raggiunte queste condizioni il Parlamento ha accordato il 4 gennaio il voto d’investitura al Governo guidato da Sorin Grindeanu. Nella seduta comune erano presenti 433 senatori e deputati su un totale di 463 e si sono espressi con 295 voti a favore e 133 contrari. Ai sensi della legge, per essere incaricato il Governo deve ottenere la maggioranza dei voti di senatori e dei deputati; in questa circostanza ne servivano 232 voti. Nel momento in cui il Parlamento accorda il voto di fiducia, il programma del Governo diventa ufficiale e i membri iniziano il mandato subito dopo aver giurato fedeltà alla Repubblica.  

Il 5 gennaio, il giorno successivo al giuramento presso il palazzo Controceni, è stata adottato dal Parlamento il progetto di legge che autorizza il Governo a emettere ordinanze semplici durante la vacanza parlamentare, ma i membri del PNL, URS e PMP hanno chiesto che sia dichiarata l’incostituzionalità dalla Corte Costituzionale. In seguito, quest’ultima ha confermato la costituzionalità dell’atto. Sin dai primi giorni del mese di gennaio, il ministro della giustizia Florin Iordache, ha espresso la volontà di volersi occupare della legge riguardante l’amnistia e la grazia per porre rimedio al sovaraffollamento carcerario che in alcuni penitenziari supera il 200% di condannati ma anche dell’ordinanaza d’urgenza per la modifica dei Codici Penali. A sole due settimane dalla nascita del nuovo Governo le opposizioni e l’opinione pubblica si sono mostrate critiche e nello stesso tempo ostili nei confronti dei nuovi provvedimenti e la sera del 18 gennaio sono cominciate le manifestazioni di protesta, si stima una pertecipazione alle manifestazioni di circa 5000 persone in tutto il paese. Il Ministero della Giustizia ha pubblicato le due ordinanze sul proprio sito e le ha inviate ad alcuni organi giudiziari per le consultazioni. Il Governo ha motivato la fretta dell’adozione dei due provvedimenti facendo riferimento alle decisioni della Corte Costituzionale e al sovraffollamento delle carceri evitando in questo modo di dover versare il pagamento delle sanzioni alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In questo ordine di idee, il Consiglio Superiore della Magistratura ha emesso parere negativo in merito e dunque frettolosamente il Governo ha modificato le ordinanze chiediendo un nuovo parere al CSM. Il giorno stesso, il ministro Florin Iordache ha annunciato la decisone del Governo di voler adottare un nuovo progetto di legge riguardante la grazia, la pena e la modifica del Codice Penale e del Codice di Procedura Penale.

Nei giorni successivi le proteste si susseguirono e il 22 gennaio il presidente della Repubblica è sceso in piazza lui stesso per manifestare il proprio dissenso riguardo le azioni intraprese dal Governo ma il leader del PSD, Livio Dragnea ha commentato che la sua pertecipazione alle proteste non è altro che „l’inizio di un colpo di stato”. Il regime d’urgenza dei proveddimenti e la natura delle misure stesse ha suscitato reazioni controverse tra cui è importante citare la Commissione Europea, il Consiglio Superiore della Magistratura, l’Alta Corte di Cassazione e di giustizia, e infine, la Direzione Nazionale dell’Anticorruzione. Secondo le stime, solo a Bucarest circa 30.000 persone hanno preso parte alla manifestazione, a Cluj Napoca e Timisoara i manifestanti erano circa 5000 ma le proteste si sono fatte sentire anche nelle città con una forte presenza della diaspora romena come Parigi, Copenhagen, Londra, ecc.

Alle proteste del 29 gennaio hanno partecipato circa 90.000 persone, di cui 40.000 solo nella capitale, i manifestanti chiedevano le dimissioni del Ministro della Giustizia Florin Iordache, il ritiro dei due progetti di legge riguardante l’amnistia, la grazia, le modifiche ai codici penali e le dimmissioni dell’avvocao del popolo Victor Ciorbea

Lunedì 30 gennaio il Ministero della Giustiza ha organizzato un dibattito pubblico sui progetti dell’ordinanza d’urgenza riguardanti il tema della grazia e dei codici. Il dibattito è stato organizzato in base all’art. 7 comma 2 della legge nr. 52/2003 sulla trasparenza decisionale nella pubblica amministrazione e a conclusione del dibattito, il ministero della giustizia ha affermato che la variante iniziale degli atti normativi verrà modificata o dal Governo o dal Parlamento.

A mezzanotte circa, il ministro di giustizia ha annunciato che le modifiche al Codice penale e al Codice di procedura penale sono stati adottate con ordinanza d’urgenza; nella stessa sede è stato adottato anche il progetto di legge riguardante la grazia di alcune pene. In risposta al messaggio del ministro le rivolte e le manifestazioni hanno continuato nelle città più importanti. I manifestanti chiedevano le dimmissioni del ministro e del Presidente della Repubblica e hanno commentato la notizia affermando che quel giorno sarebbe stato un giorno di dolio per lo stato di diritto. Anche il Procuratore Generale della Romania, Augusin Lazar, ha affermato che l’ordinanza d’urgenza che ha modificato il Codice Penale e il Codice di Procedura Penale offende l’autorità giudiziaria e andrebbe urgentemente chiesta la legittimità costituzionalite alla Corte Costituzionale. Ovviamente l’adozione di questa misura ha contribuito all’aumento del numero dei manifiestanti contro il governo e il 1 febbraio 2017 hanno preso parte alle proteste contro il Governo circa 300.000 persone in tutto il paese, solo a Bucarest si stima una partecipazione di circa 150.000 manifestanti, nel tardo pomeriggio si sono registrati scontri con le forze dell’ordine.

I manifestanti chiedevano il ritiro dei provvedimenti in quanto convinti che potessero favorire in qualche modo la corruzione e sollevare dalle inchieste il leader del Partito Social-Democratico, Liviu Dragnea. I membri dell’USR e del PNL hanno presentanto una mozione di sfiducia nei confronti dei membri del Governo ma nei giorni successivi la proposta è stata rigettata dal Parlamento e il leader del partito di maggioranza ha annunciato che non ci sarebbe stato alcun ritiro. Il giorno dopo la grande manifestazione nazionale contro il Governo, il ministro per gli affari, il commercio e le piccole imprese ha rassegnato le dimissioni. Nel frattempo il Presidente Iohannis ha inviato alla Corte Costituzionale una segnalazione circa l’esistenza di un conflitto giuridico di natura costituzionale tra il potere esecutivo e quello giudiziario. Anche quel giorno i rumeni hanno scelto di uscire in piazza e manifestare il loro scontento, il 2 febbraio hanno preso parte alle manifestazioni in piazza Victoria di Bucarest circa 90.000 persone mentre il giorno dopo erano in 100.000.

Anche il 4 febbraio è stata organizzata una manifestazione alla quale hanno preso parte persino i bambini e sono stati rilevati circa 190.000 partecipanti solo a Bucarest; altri 160.000 manifestanti nelle città più importanti. A causa della larga mobilitazione il primo ministro Grindeanu ha annuciato che l’ordinanza in questione verrà abrogata e così è stato, il giorno seguente il Governo ha adottato un’ordinaza d’urgenza per abrogare le modifiche dei Codici Penali. Nonostante il passo indietro del partito di maggioranza la gente ha continuato a protestare e il 5 febbraio sono stati, secondo alcune fonti, circa 300.000 partecipanti solo nella capitale.

Il 9 febbraio 2017 a poco più di un mese dalla nomina, il ministro di giustizia Florin Iordache ha annunciato le sue dimissioni durante una conferenza stampa. Questa iniziativa e le basse temperature non hanno impedito ai rumeni di continuare a partecipare alle manifestazioni di protesta in tutto il paese.

I manifestanti continuano a protestare affinchè non si ripetano nel futuro situazioni del genere, chiedono le dimissioni dei responsabili del caos creato e vogliono far capire ai politici che è necessario un nuovo modo di fare politica.