Per la Rubrica “Voce dei Lettori” ospitiamo un post di PASQUALE CAMUSO
Non mi dilungherò nel descrivere la situazione ben nota nell’area dello Stato di Israele, ma invece sono interessanti, in un’ottica di un futuro scenario, tutti quei punti in comune fra la questione israelo-palestinese e quella kurdo-turca.
Il territorio di riferimento è del tutto simile, perfino, in alcuni casi, nella sua genesi: aree rurali e cittadine, una regione stretta fra confini di stato o geologici, con una comunanza di etnie e in alcuni casi interessi strategici ed economici. La striscia di territorio che i curdi stanno presidiando attorno alla Turchia è stretta fra quest’ultima e la Siria, dalla quale i curdi stessi stanno acquisendo, per ora col tacito consenso di Assad e della Russia (vedremo più avanti che è meno tacito di quanto sembri), le aree a maggioranza curda, combattendo allo stesso modo Daesh e i ribelli siriani. L’area si sviluppa lungo 3/4 del confine nord siriano, dall’Iraq verso il mare, più una vasta regione del nord iracheno, acquisita forzatamente per via della mancanza di una governance stabile in quello stato, nonché a causa del fatto che i curdi che combattono Isis sono utili allo scopo, aiutando quello stesso governo a tenere impegnato il nemico, in una logica quindi di “do ut des”. Importante è sapere che le aree occupate finora hanno, come corrispettivo nei territori turchi, altre regioni a maggioranza curda, che gli stessi per ovvie ragioni vorrebbero annettere. Da questo elemento principale, nasce l’idea che il curdistan si possa trasformare, negli anni a venire, in una fotocopia della questione israelo-palestinese.
Nella mappa al link possiamo visualizzare le aree a maggioranza curda
http://dndf.org/wp-content/uploads/…
e in questa, le aree attualmente occupate in Iraq e Siria dai Curdi. Facile individuare come il movimento lungo il confine turco sia mirato alla liberazione dei territori a maggioranza curda in Turchia.
https://it.wikipedia.org/wiki/Kurdi…
Il popolo curdo sta sviluppando una propria nuova identità statale, che cerca conferme politiche e in parte le ha già trovate, che si riconosce in dei leader e che ha al suo interno linee politiche differenti che coesistono in maniera del tutto simile a quelle partitiche; aspirano ad un governo il più possibile di stampo democratico, la popolazione è abbastanza istruita e mentalmente libera, questi sono punti che appaiono più lontani da quelli del popolo palestinese (concedetemi questo riconoscimento, anche se non molto corretto).
I curdi sono divisi principalmente in 4 clan, fra cui i due più importanti appaiono essere i Barzani e i Rojava, che risiedono ai 4 angoli del territorio che occupano, la loro intenzione generale è creare una sorta di stato federale, con un sistema politico che chiamano “ Confederalismo Democratico” già in funzione nella regione del Rojava, tuttavia queste entità sono ancora astratte ed è difficile dire se verranno mantenute nel tempo oppure no.
In generale, le due entità descritte sopra, a cui si aggiunge il PKK (non come etichetta di riconoscimento di una parte del popolo, ma come forza politica), sono quelle che attualmente si contendono il potere, con due linee politiche differenti.
C’è da dire che, tuttavia, questi elementi contrastano pesantemente con quelli del loro avversario, la Turchia, che più che una democrazia risulta una sorta di totalitarismo, per cui il terreno dello scontro culturale esiste ed è pronto, senza considerare i decenni di persecuzione che i curdi hanno sopportato, in termini, si crede, di milioni di vittime, da parte sia della Turchia che dell’Iraq, indietro fino ai giorni del governo Saddam, quando contro queste popolazioni venivano usate regolarmente anche armi chimiche.
In Turchia si è però già sviluppato un elemento di resistenza, in un partito, il HDP, o partito democratico del popolo, che segue ovviamente le richieste e le necessità delle minoranze e del popolo curdo in quello Stato, fondato nel 2012. Nel 2014 già ci furono tentativi di negoziazione col popolo curdo, ma col ritorno delle azioni di guerra in Siria e altro, i tentativi sono falliti miseramente.
[ https://en.wikipedia.org/wiki/Peopl… ]
Dal punto di vista religioso, i curdi sono in maggioranza musulmani, ma convivono regolarmente nelle stesse aree diverse interpretazioni differenti della stessa, oltre che cristiani, Yazidi, giudei, ebrei e molto altro. Come è normale che sia, la popolazione curda non riesce a convivere quindi con elementi la cui intolleranza religiosa è ben nota e conclamata, e che per questo stesso motivo rappresentano un grande problema per tutto il mondo, non solo per quello mediorientale.
Analizzando le capacità tecniche, bisogna ammettere che il curdistan comprende una popolazione versata al combattimento, forgiata da decenni di persecuzioni, in grado di utilizzare sia strategie e tattiche militari, sia metodi di guerriglia partigiana e azioni terroristiche: di fatto riescono a fondere i metodi di intervento a seconda del territorio dove intendono colpire e adattandosi alle capacità del nemico. Le fazioni prevalenti in campo sono l’YPG, una armata per la liberazione dello “stato curdo” e il più famoso PKK, noto per le azioni terroristiche in Turchia; in questo modo i curdi, come abbiamo detto, portano avanti entrambi i metodi, sia di guerra convenzionale condotta con armi e materiali di recupero e provenienti dal mercato nero, sia di guerra asimmetrica, rappresentandone probabilmente il metodo ed elemento più complesso che possiamo individuare al momento sul pianeta.
In questo i curdi sono di gran lunga superiori ai palestinesi, e infatti sono riusciti finora ad assicurare con successo una larga fascia di territorio, come già analizzato prima, e a mantenerla sufficientemente sicura: probabilmente hanno l’appoggio della popolazione, cosa che rende non necessaria l’azione di polizia per mantenere la sicurezza dell’area acquisita.
In questo momento siamo già a conoscenza del fatto che la Russia, nel tentativo di acquisire un alleato importante e diminuire il proprio carico di impegno militare sul territorio, sta foraggiando mezzi e materiali ai curdi sul terreno siriano, e questo è, evidentemente, un accordo molto più che tacito sulle condizioni secondo le quali i curdi potranno mantenere il controllo delle aree acquisite in Siria, anche e molto probabilmente nel caso in cui il conflitto nello stato di Assad giunga ad una conclusione.
Come abbiamo potuto notare in queste settimane, la Turchia teme il posizionamento dei curdi sul confine, i quali hanno già dato il via ad attacchi di tipo terroristico più in profondità, ma sempre abbastanza vicino al confine turco, e stanno acquisendo sempre più terreno lungo il confine stesso: in alcuni casi la Turchia ha cannoneggiato le campagne attorno a centri abitati importanti, dove pochi giorni dopo abbiamo potuto notare l’ingresso, sempre passando dai confini turchi, di ribelli anti-Assad.
In questi termini, quindi, possiamo immaginare che il posizionamento dei curdi lungo il confine turco porterà ad una escalation di interventi terroristici e paramilitari da parte curda, con continue incursioni lungo il confine, tese a liberare le aree a maggioranza curda e annetterle al loro stato; poiché la Turchia non si è mai risparmiata nel conflitto con la minoranza curda, possiamo dare per certo che interverrà anche in maniera dura nei loro confronti, come del resto ha già iniziato a fare. Il conflitto fra le due parti, alimentato dalla Siria e dai suoi alleati, che hanno molti motivi per infastidire la Turchia, probabilmente durerà diversi anni, fra tregue, cedimenti turchi di aree di interesse e riprese dei conflitti da ambo le parti.
Un esempio piuttosto recente di azioni terroristiche in territorio turco da parte dei curdi: