Ci risiamo. All’Italia ed anche a molti italiani non importa molto della Libia, anzi no, ci importa della Libia solo quando si parla di immigrazione e presto ne parleremo tanto.
Ne parleremo perché la Libia collasserà? Forse sì. Ma temiamo che ne parleremo anche se in Libia si interrompesse per magia la guerra civile che oppone le forze di Tripoli a quelle di Tobruk, Egitto contro Qatar, e Francia contro (un pezzetto) di Italia.
La crisi migratoria potrebbe essere nuovamente alle porte forse per alcune scelte politiche. Se le indicazioni che abbiamo raccolto sono corrette, una parte consistente del governo non sarebbe più integralmente solidale alle scelte di Matteo Salvini in tema di immigrazione. Questo si deriva da alcune dichiarazioni del capo politico del Movimento 5 Stelle, vice presidente del consiglio dei ministri On. Di Maio che afferma oggi 15 aprile 2019 che la cosiddetta politica dei “porti chiusi” è solo temporanea. La seconda dichiarazione è del ministro della difesa On. Trenta, la quale ha ricordato che in caso di guerra chi parte dalla Libia assume la qualifica di profugo.
Va ricordato che parte del M5S ha sempre accolto con riluttanza le scelte di Salvini in tema di immigrazione e che l’indiscusso successo contro l’immigrazione irregolare raggiunto dalle scelte politiche di Salvini rappresenta uno dei cardini del consenso nei confronti della Lega.
Determinare la fine delle politiche di Salvini, o perlomeno, osservare una ripresa degli sbarchi in Italia alla vigilia delle elezioni europee, sarebbe per la Lega un possibile problema politico, ma aggiungiamo noi, sarebbe per l’intero paese un problema in grado di mettere a rischio la tenuta del governo e la stessa coesione sociale della nazione.
Se dovesse cadere il governo M5S-Lega, si aprirebbero prospettive politiche relative ad un possibile nuovo governo tecnico (che probabilmente sarà chiamato Governo di Emergenza Nazionale) con alla guida una figura formalmente “terza” come ad esempio Mario Draghi, sostenuto da una coalizione di “responsabili” che passerebbe dai 5S al “nuovo” PD arrivando a Forza Italia. Questo governo avrebbe i numeri per sostenere un voto di fiducia, e certamente avrebbe il placet del Capo dello Stato, che già l’anno scorso aveva nominato un’altra figura “terza” (Carlo Cottarelli) presidente del consiglio incaricato.
Tutta questo scenario politico ha tuttavia un inizio che invece è totalmente geopolitico, da giocare in terra di Libia. La ripresa dell’immigrazione irregolare è il cardine assoluto di questa strategia, così come lo potrebbe essere l’utilizzo del nostro strumento militare non per sostenere i nostri alleati locali ma per portare in Italia le persone che dall’Africa vogliono arrivare in Italia.
Se abbiamo letto correttamente la situazione odierna, il paese potrebbe presto assistere all’ennesimo paragrafo di quel gioco politico che per troppi anni ha caratterizzato i palazzi romani e ha determinato la pochezza della nostra politica estera e l’assenza di una pianificazione economica in grado di portare sviluppo e prosperità alla nazione.
Oggi forse qualcuno guarda alla Libia non tanto alla luce dell’interesse della nazione ma in base ad un tornaconto politico di dubbio gusto di incerta morale; speriamo proprio stavolta di aver sbagliato la nostra analisi.
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