L’Italia ha scelto di abbandonare l’Egitto come partner della possibile soluzione della guerra in Libia, questo evinciamo dall’analisi della situazione geopolitica sulla sponda meridionale del Mediterraneo. L’Italia ha quindi scelto di seguire l’America di Obama nella strategia che ci porterà a supportare direttamente i partiti islamisti che oggi controllano Tripoli. Una scelta strategica che determinerà inevitabilmente la spaccatura dell’unità nazionale libica, e con essa l’impossibilità per la Libia di essere non solo un paese stabile, ma anche una risorsa per il nostro paese.
Se è pur vero che nella parte occidentale della Libia (e cioè la parte della Libia sotto il controllo dei nostri possibili futuri “alleati”), quella cioè della Tripolitania, si concentrano i terminal per l’esportazione del gas naturale così come i giacimenti offshore di metano, è pur vero che tutte le risorse petrolifere della nazione libica si trovano nella Cirenaica e nel Fezzan. Emerge quindi una tripartizione dello Stato libico, una tripartizione che vedrà emergere come nazioni di riferimento per i tre nuovi stati che sorgeranno dalla disgregazione della Libia, paesi che non saranno l’Italia. La parte meridionale della Libia risente già oggi dell’influenza francese, la Francia infatti da circa un anno ha schierato le sue forze di terra ai confini del Fezzan, forze che hanno intessuto una fitta rete di contatti con le tribù locali, tribù che hanno molto a che fare con analoghe strutture etniche presenti in Mali. La Cirenaica invece avrà come nazione di riferimento la Gran Bretagna la quale starebbe già collaborando attivamente con il governo di Tobruk per garantire, insieme al Egitto, la sicurezza della Libia orientale.
Qualcuno in Italia pensa che il nostro paese sarà invece il punto di riferimento per la parte occidentale la Libia, per la regione dove sorge la capitale Tripoli. Queste velleità Geopolitiche romane non hanno tuttavia fatto i conti con la realtà dei fatti, e cioè che in quella regione la responsabilità delle politiche e delle scelte strategiche saranno in mano agli Stati Uniti d’America, che già da mesi hanno istituito ad ovest di Tripoli la base operativa delle forze speciali americane, le quali ricevono costanti rifornimenti dalla Sicilia. L’Italia, a causa delle sue scelte strategiche o meglio delle sue non scelte, deve oggi accettare un ruolo da comprimario anche in Tripolitania, lo stesso ruolo che sarà riservato nei prossimi anni alla nostra compagnia petrolifera nazionale, la quale non sarà più il partner privilegiato per lo sfruttamento delle risorse energetiche della Libia.
L’errore ormai è compiuto, è stato compiuto diversi mesi fa, quando il governo italiano ha deciso di non prendere parte attiva nella stabilizzazione della Libia, oggi come ai tempi dell’azione militare contro Gheddafi subiamo le scelte della Francia, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti America. Mandare alcune centinaia di nostri uomini, in particolare carabinieri, per garantire la sicurezza di una città come Tripoli, con questo quadro strategico è una mossa a dir poco inutile ai fini degli interessi nazionali. Il nostro gruppo che da quasi tre anni chiede un intervento militare deciso del nostro Paese per la Libia, oggi osserva Roma agire senza una propria strategia e a rimorchio di alleati che tengono conto esclusivamente dei loro interessi specifici.
Chiediamo al Parlamento la Repubblica di respingere la richiesta di impiego delle nostre forze armate di terra di Libia, in quanto alla luce della situazione illustrata: il sudore, la fatica, il sangue e la vita dei nostri uomini non valgono una pacca sulla spalla al nostro Premier durante un vertice dei grandi della terra.