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Israele e i palestinesi verso una nuova intifada “religiosa”

Israele

Israele e i palestinesi, sia quelli che fanno riferimento all’autorità palestinese sia coloro i quali si ispirano ad Hamas, sono ormai prossimi ad una nuova intifada. Un’intifada che potrebbe avere caratteristiche devastanti per l’intera regione un’intifada combattuta da gente “normale”, non solo miliziani addestrati, ma anche impiegati o operai palestinesi, anche con passaporto israeliano che potrebbero diffondere il terrore in tutto lo Stato Ebraico. Nelle scorse settimane abbiamo assistito all’emergere di una forma di terrorismo non del tutto nuova nello Stato di Israele, una forma di terrorismo dove i protagonisti di questi atti impiegano armi rudimentali, automobili, coltelli da cucina, per attaccare in maniera indiscriminata qualunque ebreo si pari loro innanzi.
Nessun luogo potrà dirsi sicuro in Israele se si diffonderà questa intifada di lupi solitari, le fermate degli autobus, le banchine delle stazioni, i viali dei negozi potrebbero diventare senza preavviso il teatro di un attentato terroristico. Ma il rischio è anche un altro: il rischio è che, galvanizzati dai numerosi atti di terrorismo compiuti da singoli individui, i gruppi terroristici propriamente detti, operanti sia nella striscia di Gaza sia in Cisgiordania, decidano di mettere in atto uno o più attentati di vaste proporzioni.
In particolare ci riferiamo alla possibilità che uno o più commando palestinesi, coordinati tra loro, possano attaccare gli insediamenti ebraici a ridosso delle aree di confine, o addirittura spingersi all’interno di agglomerati urbani uccidendo casualmente chiunque gli si parasse innanzi. Tale azione, nell’intento degli strateghi del terrore, potrebbe essere finalizzata non tanto a determinare alcune decine di vittime tra gli israeliani, ma a innescare una nuova intifada che abbia il suo fulcro nella spianata delle moschee e che venga affiancata ad una ulteriore serie di attentati da parte di altri “lupi solitari”.
All’interno di questo scenario, la morte stessa dei terroristi dei commando palestinese è una condizione imprescindibile per innescare l’emulazione da parte della massa della popolazione palestinese. Se questo nostro scenario dovesse verificarsi le forze di sicurezza di Israele dovrebbero confrontarsi con gruppi armati palestinesi votati al martirio, gruppi con i quali sarebbe inutile qualunque altro approccio se non l’uso della forza.
Tuttavia l’uso stesso della forza da parte delle forze di sicurezza d’Israele completerebbe il disegno immaginato dagli strateghi dei terroristi creando decine di martiri.
Il secondo aspetto caratterizzante di questa possibile possibile futura intifada è, a nostro avviso, una forte valenza religiosa che i fomentatori dell’odio potrebbero cavalcare per trasformare la lotta dei palestinesi nella lotta dei Musulmani. In questa chiave a nostro avviso vanno interpretati i molteplici momenti di tensione che si sono vissuti alla spianata delle moschee.
Trasformare una guerra tra popoli in una guerra tra religioni potrebbe essere un elemento in grado di alterare profondamente la natura stessa del conflitto. Quando abbiamo scritto di trasformare la battaglia dei palestinesi, nella lotta dei musulmani, abbiamo volutamente omesso la parola arabi. Riteniamo che In questa fase di possibile e probabile conflitto i vertici delle organizzazioni palestinesi, sia Fatah che Hamas, guardino con un grande interesse più alla Turchia e agli sciiti iraniani, anche se di tanto in effetti facciano affidamento su protettori storici quali le monarchie sunnite del Golfo o la stessa Giordania.
Se la prossima intifada sarà caratterizzata da una nuova natura religiosa le ingerenze turche potrebbero materializzarsi con una nuova impresa di Ankara volta a interrompere il blocco navale di Gaza. Gaza, quella striscia di terreno oggi di fatto isolato dal mondo dopo le decisioni del presidente egiziano e El Sisi che ha stroncato la gran parte del commercio clandestino tra il Sinai e la striscia. Striscia che potrebbe diventare per la Turchia il vessillo da innalzare dinnanzi ai musulmani in cerca di una via di uscita dal settarismo tra sciiti e sunniti che sconvolge da oltre tre anni la Siria.
La Turchia si è dimostrata molto attiva nelle ultime settimane, nel tentativo di cercare una sua centralità come potenza locale e come polo di attrazione culturale per i musulmani. Ne é prova anche la visita del ministro degli esteri turco a Kiev dove, insieme al presidente ucraino Poroschenko, il ministro turco Çavuşoğlu ha discusso la situazione dei Tatari di Crimea e le eventuali modalità per difendere l’identità musulmana di tale popolazione, suscitando grande indignazione da parte di Mosca.
In questa ottica una intifada “religiosa” potrebbe avere come obiettivo ultimo interrompere il blocco di Gaza, esporre Egitto e Giordania come paesi “vicini” ad Israele e coinvolgere la Turchia nella lotta di religione, che oppone i Mussulmani integralisti ai Mussulmani laici e alle altre religioni della regione. Se una intifada religiosa scoppierà i suoi effetti non saranno limitati ad Israele e alla Palestina, ma potrebbero riverberarsi, anche in maniera violenta ed inaspettata, in tutto il bacino del mediterraneo e nel Medio Oriente.