Il caso di cui vi abbiamo parlato due giorni fa riguardava, e riguarda tuttora, il sequestro avvenuto in acque iraniane, ma nelle quali le navi mercantili e militari godono del diritto di “passaggio innocente”, della portacontainer Maersk Tigris, battente bandiera delle Isole Marshall e che ora si trova alla fonda a poca distanza della costa dell’Iran, sotto custodia delle Guardie della Rivoluzione iraniane.
Pochi sanno che il giorno prima un’altra nave della stessa compagnia, battente bandiera americana, e che trasportava anche equipaggiamenti militari USA, è stata affiancata è fatta oggetto da comportamenti ostili da parte di motovedette iraniane, le stesse che poche ore dopo hanno costretto con le armi la Maersk Tigris a dirigere verso la costa dell’Iran.
La risposta degli Stati Uniti è stata lenta ed inefficace, seguendo la dottrina Obama che esclude a priori l’uso dello strumento militare anche quando la forza viene impiegata attivamente contro un alleato (le Isole Marshall sono addirittura un protettorato, ancor più che un alleato)
Ora però, vista la crescente aggressività iraniana, il pentagono è stato costretto a schierare un dispositivo aeronavale in grado di confrontarsi con le piccole e veloci unità iraniane che ribadiscono fattivamente il controllo dell’Iran sullo Stretto di Hormuz. Un controllo che oggi va oltre le regole del diritto intenzionale e che secondo il nostro gruppo risponde solamente ad un ottica di risposta asimmetrica riguardo il blocco navale ed aereo imposto da Arabia Saudita ed alleati allo Yemen.
Ora ad Hormuz sono presenti un cacciatorpediniere classe Burke americano (il DDG Farragut) e tre pattugliatori costieri classe Cyclone (Thunderbolt Firebolt e Typhoon) oltre ad aerei per pattugliamento aereo ed elicotteri antisommergibili.
In questo contesto un nuovo intervento iraniano contro una nave in transito nello stretto, potrebbe innescare la risposta americana, che tuttavia con grande probabilità sarà inibita dagli ordini del Presidente americano al momento della verità.
Solo le regole di autodifesa in caso di ingaggio della 5ª flotta potrebbero dare il via al uno scontro armato ad Hormuz, e scavalcare le indicazioni della Casa Bianca che spesso in passato ha ordinato di non agire nemmeno sotto grave e diretta minaccia ad una unità americane o degli alleati. Ma il non agire americano ad Hormuz, in caso di minaccia alla libertà della navigazione nello Stretto non avrebbe riflessi solo locali, ma farebbe sapere una volta di più al mondo che questo presidente sceglie di non combattere anche quando direttamente minacciato e allora tutti i paesi che hanno contenziosi aperti con gli USA troverebbero il coraggio e una ulteriore evidenza che con la forza oggi si possono piegati gli Stati Uniti di Obama.
Ecco perché ad Hormuz si gioca oggi una partita pericolosa, una partita che avrà riflessi in Medio Oriente, nel Mar del Gaippone, nella penisola di Korea ed in Ucraina. Ad Hormuz Obama ha la sua ultima possibilità per evitare una destabilizzazione globale della (ex)Pax Americana.
Aggiornamento ore 21:50 del 30 aprile 2015
Giunge ora notizia dall’agenzia STRATFOR che gli Stati Uniti terranno sempre una unità da guerra all’interno del raggio visivo delle navi americane che attraverseranno Hormuz, tale atto non viene definito un servizio “di scorta” ma garantirà l’incolumità delle navi USA.