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Iran: sfida a Trump

Due petroliere sono state attaccate all’imboccatura dello stretto di Hormuz, dopo aver preso a bordo metanolo e nafta in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi.
Le due navi sono state colpite a distanza di 30 minuti una dall’altra. La prima è stata la Front Altair la quale è stata colpita con un ordigno ad alto potenziale, probabilmente un siluro, la seconda, che si trovava 25 miglia più a est (la Kokuka Corageous) è stata oggetto dell’esplosione di una mina agganciata allo scafo, una cosiddetta Limpet Mine.
L’azione ostile giunge dopo settimane di dichiarazioni bellicose degli iraniani, che hanno più volte minacciato di interrompere il flusso di greggio attraverso lo Stretto di Hormuz, e dopo che due settimane fa alcune petroliere furono danneggiate al largo degli Emirati sempre da mine agganciate allo scafo. Un’altra interessante similitudine tra i due attacchi alle petroliere è il fatto che poche ore prima i ribelli Houti dello Yemen hanno attaccato, utilizzando sistemi d’arma forniti dalla teocrazia. Prima dell’attacco al largo degli Emirati un drone Houti ha colpito un oleodotto saudita sul Mar Rosso e ieri prima dell’attacco alle petroliere tra Oman e Iran un missile da crociera lanciato dai ribelli filo-iraniani ha colpito il terminal dell’aeroporto saudita di Abha, causando 23 feriti.
Stiamo quindi assistendo ad aperti atti di guerra contro gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e i loro alleati nella regione e nel mondo.
Ma perché parliamo di ordigno ad alto potenziale per l’attacco alla Front Altair? Perché come si è osservato una mina magnetica di piccole dimensioni non è in grado di perforare il doppio scafo delle moderne petroliere, inoltre un testimone privilegiato, il comandante russo di una nave della Maersk Line, ha parlato durante la segnalazione dell’incidente di un probabile siluramento avendo egli osservato la vampa dell’esplosione.

Il tipo di carico della nave colpita, e il fatto che l’ordigno non sia stato fatto detonare sotto lo scafo, ha impedito che l’unità affondasse, generando un ben diverso effetto dell’attacco.

Ben di altra natura i danni a carico della Kokuka Courageous, la quale ha subito solamente la perforazione dello scafo esterno, ma non di quello interno. Interessante anche il fatto che un barchino delle Guardie della Rivoluzione iraniana, dopo l’esplosione della prima mina, si sia premurato di asportare dallo scafo della nave una seconda mina inesplosa, come potete osservare da queste immagini.


È quantomeno curioso che un natante, senza farsi molti problemi, prenda a bordo un dispositivo esplosivo che potrebbe fare molti danni su un piccolo barchino come quello delle Guardie della Rivoluzione, a meno che quell’oggetto sia ben noto a chi lo sta maneggiando e che la stessa persona sappia bene come renderlo inoffensivo.
È anche anomalo il comportamento dell’Unione Europea che non ha condannato l’azione di guerra cui abbiamo assistito nello specchio di mare tra Iran e Oman, anomala come la poca attenzione che i media hanno riservato alla vicenda definendola “tensione in Medio Oriente”. Ma questa non è tensione, questo è un atto di guerra, o se volete un atto terroristico, che sottolinea ancora una volta la vera essenza di chi da anni utilizza l’inganno per ottenere vantaggi da ogni trattativa e da ogni accordo internazionale cui è chiamato a partecipare.
Ieri un sonoro schiaffo è arrivato al volto degli Stati Uniti e del presidente Trump, uno schiaffo che vuole verificare se le linee rosse tracciate dalla Casa Bianca sono reali oppure se rappresentano solo il bluff di un affarista non avvezzo alla politica internazionale.
In questa situazione dove la deterrenza americana, e di tutto l’occidente, viene messa alla prova dagli ayatollah, solo una legittima rappresaglia contro chi ha ordinato gli attacchi e contro le basi dove vengono addestrati e da dove partono gli uomini che li hanno condotti, potrà evitare nel prossimo futuro un conflitto dalle conseguenze imprevedibili. Tollerare oggi le azioni ostili, terroristiche, di guerra, mosse contro l’America e i suoi alleati è la via migliore per far sì che domani un nuovo grande conflitto sconvolga non solo il Golfo Persico ma tutta la regione mediorientale.