Qualcosa non torna nelle dichiarazioni del Presidente americano Obama e del governo della Repubblica Islamica dell’Iran, e quello che non torna è qualcosa non di secondario, ma bensì l’essenza stessa dell’accordo temporaneo riguardante il programma atomico iraniano.
Pressato dal Congresso e temendo che nel Senato venga raggiunta la maggioranza qualificata che impedisca il veto presidenziale alla legge che prevede sanzioni automatiche contro l’Iran in caso di fallimento dei negoziati, il presidente americano ha dichiarato che il l’Iran si prepara a neutralizzare tutto l’uranio arricchito al 20% in suo possesso (circa 270 Kg) e contestualmente a smantellare le infrastrutture che permettono questo tipo di arricchimento.
A queste parole il nostro staff ha reagito con stupore e onestamente anche con una certa quota di smarrimento. In nessuno dei documenti ufficiali del vertice di Ginevra abbiamo mai trovato riferimento allo smantellamento, anche solo parziale, delle infrastrutture tecnologiche che permettono all’Iran di arricchire Uranio. È poi impossibile possedere centrifughe in grado di arricchire uranio al 5% e non al 20% o più, le medesime macchine possono fare entrambe le cose. Nell’accordo di Ginevra infine si puntualizza che viene fatto divieto all’Iran di installare nuovi equipaggiamenti nei siti dove si arricchisce uranio, e di proseguire la costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak; nell’accordo non solo non vi è alcun accenno al dovere di smantellare infrastrutture, ma non esiste nemmeno la proibizione alle attività di ricerca riguardanti il programma atomico ed in particolare le centrifughe.
Infatti l’Iran, tramite la propria agenzia atomica ed il suo capo Alì Akbar Salehi, ha dichiarato che sono già in atto i test su nuovi modelli di centrifughe di terza e quarta generazione, centrifughe in grado di aumentare di quattro/sei volte le capacità di arricchimento attuali dell’Iran. Salehi ha inoltre dichiarato che una volta ultimati i test si inizierà la produzione di massa. La produzione, non l’installazione. Ma una volta costruite le centrifughe si installano rapidamente, il vero problema è possedere i materiali (acciai speciali, magneti ad anello, ecc.) e le competenze ingegneristiche e siderurgiche per rendere i progetti realtà.
Ed anche gli iraniani, dopo aver ascoltato le dichiarazioni del Presidente Obama, hanno replicato alla Casa Bianca, ricordando che secondo loro gli accordi di Ginevra del novembre 2013 non prevedono lo smantellamento di infrastrutture industriali iraniane, ma addirittura che l’accordo riconosce il diritto inalienabile dell’Iran di arricchire uranio e di proseguire lo sviluppo di tecnologie nucleari più avanzate di quelle attualmente in possesso di Teheran.
Ma le contrarie interpretazioni tra Stati Uniti ed Iran non si fermano alle centrifughe e al reattore di Arak.
Iran e Stati Uniti hanno due idee differenti anche sulla sorte dei circa 270 Kg di uranio al 20% in possesso dell’agenzia atomica iraniana. Secondo Obama tutto l’uranio al 20% sarà trasformato in combustibile per i reattori sperimentali iraniani. Secondo Teheran solo la metà dell’uranio al 20% sarà reso non utilizzabile per scopi diversi da quelli medici e di ricerca, e la differenza non è piccola.
Quindi le possibilità per spiegare questa differenza di vedute sono due. La prima è che questo accordo contiene, nella sua forma integrale, così tanti cavilli che ogni parte lo interpreta a suo favore stravolgendone il significato. La seconda è che qualcuno non sta dicendo la verità.
Purtroppo il testo integrale dell’accordo di Ginevra non è disponibile su fonti Open Source ed è impossible al momento stabilire dove risieda la verità.
Un fatto comunque è certo. Iran e Stati Uniti (più gli Stati Uniti in realtà) hanno voluto trovare un accordo a tutti i costi, un accordo nato nell’ambiguità e sotto il doppio ricatto della produzione di un’arma atomica e di un intervento militare in Iran. Con questi presupposti l’accordo definitivo tra Iran e Stati Uniti (il 5+1 ormai e solamente una bella facciata per i colloqui e per trovare accordi commerciali) rischia concretamente di non vedere la luce e, nel caso alla fine un accordo fosse trovato, potrebbe essere un vero rebus interpretativo, un caos diplomatico che bloccherebbe ogni azione internazionale nei confronti dell’Iran e permetterebbe lo sviluppo della tecnologia nucleare iraniana in ogni campo, incluso quello militare.