Sono cinque navi di grande tonnellaggio, trasportano idrocarburi raffinati da Bandar Abbas (Iran), viaggiano a circa un giorno di distanza le une dalle altre, i loro nomi sono Fortune, Petunia, Forest, Faxon, Clavel, e rappresentano l’ultima sfida iraniana agli Stati Uniti d’America. Una sfida portata da Teheran che consiste nel rifornire di carburante il Venezuela, paese alleato degli iraniani dai tempi della svolta chavista e che insieme alla Cina e alla Corea del Nord rappresenta l’alleanza internazionale di un nuovo impero del male.
Le cinque petroliere sono letteralmente linfa vitale per la dittatura del venezuelano Maduro: dittatura, una parola che accomuna tutti i paesi di questa alleanza mondiale, e probabilmente la decisione di inviare in Venezuela una così ingente scorta di carburanti è una scelta non del solo Iran ma dei vertici stessi dell’alleanza di queste dittature. Un Venezuela in mano a Maduro è un ulteriore grattacapo per la pianificazione militare di Washington che dovrà attrezzarsi per valutare e contenere una minaccia armata proveniente da sud, quando la Cina avrà la capacità di proiettare le proprie forze oltre i mari che la circondano e troverà nel Venezuela un porto sicuro e una base avanzata a sua piena disposizione . Per gli Stati Uniti è quindi un imperativo assoluto non consentire che la dittatura post-chavista di Maduro continui a governare, anzi a regnare e spargere il terrore, in Venezuela.
Una via per destabilizzare il paese sud-americano è sicuramente quella di non permettere al regime di disporre di carburanti, beni primari non sostituibili, ma la mossa iraniana vanificherebbe la possibilità di percorrere questa via. Washington avrebbe la possibilità quindi valutare di “ispezionare sine die” le navi iraniane in viaggio verso il Venezuela. l’opportunità di ispezionare le navi in oggetto potrebbe derivare dal fatto che una unità del gruppo abbia toccato negli scorsi mesi una località sottoposta a sanzioni da parte delle Nazioni Unite, come accadde con la petroliera iraniana Adrian Darya 1, che gli Usa accusarono di essere attraccata al porto siriano di Tartus. Se gli Stati Uniti fossero in possesso di elementi che potessero collegare una unità della flottiglia iraniana ad un luogo sottoposto a sanzioni delle Nazioni Unite, una ispezione dei mezzi navali sarebbe legittima. L’ispezione in oggetto potrebbe durare giorni, settimane o mesi, a secondo delle prove che la marina americana dovesse trovare oppure dei sospetti di attività illecite che la stessa US Navy dovesse evidenziare.
Questa tipologia di ispezione, seppur in un certo senso ed in via assolutamente teorica vista come legittima da Washington, potrebbe essere valutata dagli iraniani come un atto ostile e quindi, come proprio già accaduto ai tempi della Adrian Darya 1 dare luogo a rappresaglie iraniane. Ricordiamo che in seguito al blocco a Gibilterra della petroliera iraniana, Teheran sequestrò la petroliera britannica Stena Impero, che venne rilasciata solo dopo la partenza da Gibilterra della Adrian Darya 1. Teheran ha già fatto sapere che “ogni azione di pirateria americana” riceverà una rappresaglia immediata.
La possibile azione americana è quindi solo una vaga teoria? Al momento sì però vi informiamo di un fatto: una Litoral Combat Ship e tre cacciatorpedinieri americani classe Burke, e precisamente USS Detroit (LCS), USS Lassen (DDG), USS Preble (DDG), USS Farragut (DDG), sono a distanza utile per operare lungo la rotta delle petroliere iraniane. L’arrivo della prima unità iraniana al largo del Venezuela è previsto tra 60 ore circa. Vi terremo informati su eventuali evoluzioni della vicenda, sia qui sul nostro sito, sia per le notizia rapide sui nostri social (Facebook, Twitter, Telegram)