Oggi vi riportiamo una intervista al vice primo ministro russo Dmitrj Rogozin; intervista che risulta essere molto interessante per comprendere la postura russa verso l’occidente di questi mesi e i programmi di sviluppo dell’industria bellica della Federazione Russa da oggi al 2020.
V.S. (Vladimir Soloviev, presentatore TV)
D.O. (Dmitrj Olegovich Rogozin, Vice Primo Ministro Russo)
V.S. Buonasera, benvenuti allo show “Serata con Vladimir Soloviev”. Dal martedì al giovedì, dopo il programma “Vesti” discuteremo le più importanti notizie del giorno con le persone che fanno la politica, influenzano la politica e hanno opinioni interessanti sugli eventi trattati. Abbiamo in studio il Vice Primo Ministro della Federazione Russa l’Onorevole Dmitrj Olegovich Rogozin. Scopriremo come il complesso militare industriale russo risponderà alle sanzioni, perché la Francia teme di recedere dal contratto Mistral e qual è il pensiero dell’ex ambasciatore presso la NATO a proposito dei suoi colleghi della NATO.
D. O. Per favore prima di tutto consentitemi di congratularmi con tutti quelli che hanno a che fare con questo settore. Ogni anno, il 19 settembre, noi celebriamo il giorno delle Armi Russe.
V.S. In qualche modo in passato ci siamo abituati a pensare che tutto quello che fanno all’estero sia meglio. Il paradosso è che all’estero invece stimano ancora la nostra produzione. Veniamo da un decennio oscuro, in cui pareva che ci fossero rimasti solo kalashnikov arrugginiti. Tuttavia la NATO ultimamente ha dichiarato che il nostro esercito sta facendo progressi sostanziali. Questo significa che abbiamo effettivamente qualcosa con cui combattere? Cosa ha potuto fare lei nel tempo, relativamente breve, in cui è stato in carica? Che risultati ha ottenuto?
D.R. Ovviamente le armi moderne sono armi sofisticate, spesso le si chiama “armi intelligenti”. Questo significa, per il soldato, smettere di essere un mero utilizzatore e trasformarsi in un controllore. Il nostro maggiore obiettivo, oggi, è togliere il soldato dalla linea di fuoco perché le armi devono essere abbastanza moderne da permettere il controllo a distanza. Questa è la sostanza della tecnologia militare, completamente innovativa, del XXI secolo. Per realizzare questi obiettivi, abbiamo dovuto compiere una ristrutturazione completa del complesso militare industriale. Sappiamo bene da dove veniamo: 20 senza alcuno stanziamento. Il paese non era in condizione di investire nella scienza militare, in nuovi gruppi di ricerca che creassero uffici, fabbriche, impianti. Come risultato dell’invecchiamento del personale e della tecnologia la distanza fra la Russia ed i maggiori paesi occidentali in fatto di armi ed equipaggiamento militare ha preso a crescere in modo incontrollato.
V.S. Significa che stavamo perdendo una guerra senza neanche combatterla.
D.R. Si. Ci siamo resi conto di questo problema durante le due operazioni condotte nel Caucaso settentrionale, quando abbiamo subito pesanti perdite di personale militare. Le modalità stesse di uso della tecnologia militare erano cambiate drasticamente, ma noi eravamo fermi allo stato dell’arte postbellico di metà del XX secolo. Poi c’è stata la guerra del 2008, l’operazione di peace enforcing contro l’aggressione Georgiana ai tempi di Shaakasvili, una guerra che è stata vinta, naturalmente, ma vinta grazie alla forza ed al carattere del soldato Russo. E nonostante questo noi eravamo chiaramente indietro in fatto di armamento, coordinamento, comunicazioni, comando e controllo. I mezzi corazzati non erano più capaci di condurre operazioni coperte, di fornirci il necessario volume di fuoco, eccetera… Dopo questo, abbiamo preso decisioni fondamentali, che ci hanno portato a realizzare il programma di riarmo 2011 – 2013. Ora siamo al terzo anno di questo programma, e gli obiettivi sono: riequipaggiare esercito e flotta con tecnologia ultramoderna al 30% per il 2015, al 70% per il 2020. A quella data il nostro esercito e la nostra marina dovranno essere i più moderni ed i meglio equipaggiati del mondo.
V.S. Anche meglio di Stati Uniti e NATO?
D.R. Sotto il profilo efficienza qualità prezzo, io credo che questo obiettivo sia alla nostra portata. Dobbiamo realizzare armi che siano nello stesso tempo più innovative e più economiche di quelle americane. E sotto il profilo dell’efficacia, dobbiamo almeno raggiungerli, ma possibilmente superarli.
V.S. Abbiamo le basi scientifiche per farlo?
D.R. Certo. Gli Stati Uniti non si basano su altro che sul loro potenziale militare. In pratica è uno strumento per risolvere tutti i loro problemi economici. Perché hanno corpi di spedizione? Perché hanno portaerei in grado di operare a grandi distanza dal territorio metropolitano? Perché è così che risolvono i loro problemi economici. E’ un vecchio sistema, un sistema mafioso: se appoggi una pistola sul tavolo, negoziare sarà più facile. C’è un proverbio: “una parola gentile ti apre molte porte, ma una parola gentile e una pistola te ne aprono ancora di più”. Questo è esattamente quello che gli Americani stanno facendo. In più hanno una vasta corte di stati satellite, che consistono in primo luogo negli alleati della NATO, inclusi gli ex membri del patto di Varsavia. Anche loro hanno i loro eserciti, le loro forze armate. Non esiste un “esercito della NATO”. Esiste la somma aritmetica di tanti eserciti dei paesi che fanno parte dell’alleanza. Noi, che abbiamo studiato attentamente la natura della minaccia, dobbiamo capire che le nostre armi devono essere in grado di respingere non un singolo attacco da un singolo aggressore, ma un attacco multiplo, portato da un aggregato di paesi che dispongono di tecnologia di alto livello e possono usare la forza contro di noi. Noi ovviamente non dobbiamo produrre tonnellate di armi. Non abbiamo bisogno di fare come gli Stati Uniti, che hanno prodotto montagne di armi e poi non sanno che farsene. Noi dobbiamo creare un esercito compatto, mobile, che possa essere velocemente trasferito ovunque ci sia un rischio di guerra.
V.S. Come dimostrano le esercitazioni per noi non ci sono confini….
D.R. Noi abbiamo un territorio enorme, il maggiore del mondo, ed una popolazione esigua: 145 milioni, come Francia e Germania assieme. Per proteggere un territorio così ci servirebbe una popolazione di 600 milioni di persone. Quindi dobbiamo creare sistemi d’arma che permettano ad ogni soldato ed ufficiale di svolgere il lavoro di 5 persone. Dobbiamo avere una organizzazione versatile. Ciascun ufficiale, ciascun membro del personale militare deve essere addestrato come “soldato universale” capace di azionare sistemi complessi. Inoltre, avendo pochi uomini, dobbiamo salvaguardare la vita di ogni singolo soldato, portandolo più lontano possibile dal reale campo di battaglia.
V.S. Ma questo significa finanziare massicciamente la ricerca nel campo delle scienze avanzate. Questo significa essere all’avanguardia nel mondo. Se restiamo indietro, saremo sconfitti. Ma abbiamo tracciato percorsi nell’area delle scienze avanzate? Disporremo realmente di sistemi di arma che, come ha detto il Presidente Putin in una occasione, stupiranno i nostri partner occidentali?
D.R. Dobbiamo decidere fino a che punto ci conviene “sorprenderli” e fino a che punto invece ci conviene mettere ben in vista il nostro arsenale. Alcuni sistemi possono essere tenuti segreti e usati per sorprenderli in alcuni momenti critici, quando i nostri interlocutori si scaldano troppo ed hanno bisogno di un bicchiere di acqua ghiacciata. Una cosa però posso rivelarla: la formazione delle basi tecniche per le forze nucleari strategiche procede ad un ritmo superiore alle scadenze fissate. Di fatto questa forza sarà aggiornata al 100%, non al 70%. Il mese scorso il Presidente ha approvato la nostra proposta di mettere in cantiere tre nuovi sottomarini strategici. Stiamo creando un flotta di sommergibili nucleari. La flotta comprenderà vettori di armi nucleari strategiche capaci di raggiugere in ogni momento, in ogni continente, ogni paese del mondo ci aggredisca minacciando i nostri interessi vitali. E comprenderà vascelli multifunzione capaci di navigare senza equipaggio e di superare qualsiasi ostacolo giungendo ad ingaggiare direttamente l’intera flotta nemica. E questo è quanto per quanto riguarda la componente nucleare marina. Per quanto riguarda le Forze Nucleari Missilistiche Strategiche il Presidente ha già approvato i programmi necessari al loro miglioramento qualitativo. Abbiamo aggiornato quasi per intero la flotta di bombardieri strategici. Abbiamo rimesso in servizio strumenti unici, che avevamo trascurato. A Samara, nella fabbrica “Kustnetszov” abbiamo riattivato la produzione di motori HK 12 HK 25 e HK 32, che sono stati costruiti in numero enormemente sovrabbondante come base per l’ampliamento della flotta di bombardieri strategici. Abbiamo fatto molti sforzi anche per la creazione di un complesso avanzato di aerei a lungo raggio. La fase progettuale per il bombardiere strategico che sostituirà i modelli ereditati dall’era sovietica è a buon punto. Con riguardo alle forze missilistiche strategiche, oggi ci serviamo di modelli dello stabilimento ucraino Uzmash, sono modelli di epoca sovietica. E’ il razzo pesante “Voevoda” che gli americani chiamano “Satan”. La sua vita operativa è prossima alla fine, e abbiamo già iniziato i lavori per produrre in nuovo sistema, che lo sostituirà.
V.S. Senza avere bisogno della cooperazione Ucraina.
D.R. Elettronica, motori, testate nucleari, componentistica, sistemi di controllo: tutto prodotto in Russia.
V.S. Dmitry Olegovich, quanto è stata dolorosa l’interruzione delle forniture ucraine? Gli esperti Ucraini per caso sono venuti da noi? Gli avete proposto di collaborare con noi? Magari interi centri di ricerca potrebbero decidere che per loro in Ucraina non c’è futuro, e in Russia invece si.
D.R. Dobbiamo tenere presente che il processo di migrazione dei tecnici Ucraini in Russia non è iniziato solo dopo gli ultimi avvenimenti, ma molti anni fa. La disintegrazione dell’industria militare ucraina è cominciata dopo il collasso dell’URSS: è da quel momento che là a nessuno non è più fregato di nulla. Il paese è caduto preda di clan briganteschi rivali, impegnati a tagliarsi la gola a l’un l’altro. A nessuno interessava più l’industria. Tutti gli impianti Ucraini sono fatiscenti, vecchia tecnologia sovietica. Quando oggi parliamo di sostituire la loro produzione non intendiamo copiare quello che fanno e farlo noi, nelle nostre fabbriche. Oggi noi creiamo, sulla spinta della politica di sostituzione dell’import, unità di potenza e sistemi di controllo per le nostre armi che vanno a formare una nuova generazione implementata. E’ doloroso sotto altri punti di vista. Ma non sotto quello economico. Ci è costato poco, ed erano tutti soldi già messi a bilancio. In massimo due anni e mezzo sostituiremo tutto quello che l’Ucraina ci fornisce. Ma non è qui il problema. Il problema è che l’Ucraina è finita. Il problema è che la fine della collaborazione con noi significa la fine dell’Ucraina come stato industrializzato. Nessuno vuole la loro roba obsoleta in occidente, dove peraltro hanno già le loro linee di produzione. Loro si stanno suicidando. Le loro autorità fermano alla frontiera prodotti già costruiti dalle fabbriche ucraine, unità come le turbine a gas per la flotta di superficie russa (della fabbrica Zorya Mashproekt di Nikolaev) motori (impianto Motor Sich di Zaporodze) missili Zenit (impianto Urmash di Dnepropetrovsk) a dispetto del fatto che noi abbiamo già pagato. Paradosso: andrà tutto in ruggine, ma con questi l’industria e la scienza Ucraina. Tutto questo mi spiace immensamente e ve lo dico in confidenza: alla fine dell’anno scorso avevamo ancora la speranza di riuscire ad aggiustare la situazione. Il Presidente Putin fatto tutto il possibile, all’epoca, per evitare che l’Ucraina andasse in testacoda, cosa che poi è successa. All’inizio di dicembre mi ha mandato in Ucraina, in un solo giorno ho visitato i cantieri navali di Nikolav, Zaporodze e Dnepropetrovsk, la sera sono arrivato a Kiev e la mattina dopo sono ripartito per Mosca. Ho incontrato diversi importanti scienziati ed ingegneri Ucraini i quali tutti erano ferrei nella propria volontà di proseguire la cooperazione con la Russia. Avevamo deciso di creare un centro studi unificato. E’ una cosa che saremmo ancora in tempo a fare anche oggi. Poi, il 21 febbraio, quando hanno fatto il colpo di stato, ho dovuto volare di nuovo a Kiev su ordine del Presidente Putin. Ho fermato la macchina all’uscita dell’aeroporto, perché era chiaro che l’Ucraina era finita. Questa è indubbiamente una tragedia per un sacco di persone che vivono in Ucraina, persone che sono cresciute negli stessi nostri centri di ricerca, che credevano nella cooperazione russo ucraina. Oggi per loro l’unica opzione è reimpiegarsi nel ramo della distribuzione. Ma io penso che abbiano anche un’altra opzione: venire in Russia da noi. Questo processo è già iniziato. Qualche mese orsono ero nel cantiere navale di Komsomolsky sull’Amur: lì ci sono centinaia di tecnici Ucraini, arrivati dieci anni fa. Non si sognano neanche di tornare in Ucraina. Le loro famiglie sono in Russia. Hanno ricevuto la cittadinanza per effetto della legge di naturalizzazione sul riconoscimento preferenziale della cittadinanza russa ai connazionali. Possono continuare la loro carriera come scienziati, esperti, ingegneri. Da Russi, in Russia. Faranno tutto quello che possono per consentire al nostro complesso militare industriale di superare ogni problema.
V.S. Dmitrj Olegovich, e che mi dice delle maestranze dei cantieri francesi? Abbiamo intenzione di assumere anche loro, o ci sono altri modi per farci consegnare le “Mistral”?
D.R. A dire la verità, saremmo orgogliosi di potere assumere anche gli ingegneri navali francesi…
V.S. Che storia strana, questa delle “Mistral”…
D.R. Non stavo scherzando. D’ora in poi noi cercheremo di reclutare i migliori esperti del mondo. Gli americani hanno succhiato i migliori cervelli da tutto il mondo e molti dei nostri sono migrati negli Stati Uniti o in Occidente dopo il collasso dell’U.R.S.S. Ora stiamo invertendo il processo.
V.S. Beh, a dire la verità non hanno reclutato solo i nostri. Non molti sanno che l’industria missilistica degli Stati Uniti è stata creata da Werner Von Braun e dai suoi colleghi tedeschi, presi prigionieri contro la loro volontà dopo la seconda guerra mondiale e costretti a trasferirsi in Alabama. Molti dei successi Americani non solo esattamente loro.
D.R. I missili americani “Atlas” e “Antares” volano su motori russi. E’ il motore MK 33, creato in Unione Sovietica negli anni settanta. Glieli stiamo ancora vendendo e loro li usano come propulsori per i loro razzi nelle missioni spaziali. Il motore era stato creato per la missione lunare sovietica. Poi il progetto è stato accantonato, ma ci sono rimasti oltre cento motori e li comprano da noi. E0 così che abbiamo potuto metterli davanti alla scelta.
V.S. Volete la cortina di ferro? Usate un trampolino per andare in orbita nella Stazione Spaziale.
D.R. Se non volete i nostri motori usate un trampolino. Bene, gli Americani… Il loro comportamento è stupefacente, davvero selettivo. Loro dicono: “vogliamo creare problemi ai Russi nello spazio, all’industria spaziale russa”. Stanno cercando di espellerci completamente da un mercato in cui la Russia stava guadagnando posizioni, quello del lancio di satelliti stranieri. Noi con questo business vogliamo guadagnare delle somme che pensiamo di investire nello sviluppo della nostra industria aerospaziale. Bene: gli Americani hanno fatto di tutto per cercare di causarci più problemi possibile nello sviluppo del nostro sistema spaziale. Ma a proposito della Stazione Spaziale dicono: “Oh, questo non si deve toccare! E’ grande! E’ un progetto comune! E’ una cosa che facciamo nell’interesse di tutto il genere umano!”. Allora noi gli abbiamo detto: “Sentite, amici! Avete sbaraccato gli shuttle. Fino al 2018 non avete modo di portare i vostri astronauti in orbita, nella Stazione Spaziale Internazionale. Fino al 2018 dipendete in tutto e per tutto da noi per portare su i vostri astronauti su razzi Soiuz 2-1-B guidati dai nostri equipaggi…”. E questo è lo schema tipo di tutte le sanzioni: dove gli conviene, lasciano tutto com’è. Dove non gli conviene sono disposti ad assumere il rischio di imporre sanzioni.
V.S. E le “Mistral”? E’ evidente che gli Americani hanno fatto pressione sui Francesi per prendere questa stranissima decisione. Ma a noi servono davvero?
D.R.: Beh, prima di tutto le abbiamo pagate. Quindi si, servono. O ci ridanno i soldi, o cacciano le navi. Per quanto riguarda le navi in sé, sono delle grandi navi da assalto anfibio. A mio parere potremmo fare anche a meno di questo contratto. Oggi noi abbiamo la capacità di assemblaggio di grandi sezioni richiesta per la costruzione di navi di questo genere. Prima non l’avevamo perché tutte le grandi navi (incluse le portaerei di fabbricazione sovietica) erano assemblate nei cantieri di Nikolaev. Noi non avevamo mai costruito nulla del genere. Ma il 26 novembre scorso abbiamo consegnato ai nostri colleghi indiani una portaerei leggera di 45.000 tonnellate, la Vikramaditya, che precedentemente avevamo usato come incrociatore lanciamissili con il nome di Admiral Gorshakov.
V.S.: E quindi, completando l’operazione e incassando molti soldi, adesso siamo in condizioni di assemblare questo tipo di portaerei ultra moderne.
D.R. Senz’altro. La massima difficoltà tecnica nella cantieristica è posta dalla portaerei. Una nave anfibia d’assalto è una cosa molto più semplice. Possiamo farlo senz’altro. Il problema con le “Mistral” è che queste navi sono concepite per il caldo clima del Mediterraneo. Non sono molto adatte ai nostri climi rigidi. Per lo meno non sarebbero in grado di servire sulle nostre rotte settentrionali. Quindi abbiamo già un vincolo di destinazione sulla loro zona operativa. Ma dobbiamo tenere ben presente il fatto che i Francesi, assecondando gli Americani in questo gioco “dai una nave ai Russi, no non dargliela” si espongono ad una figura non esattamente decorosa. In primo luogo perché un terzo della nave viene assemblata in Russia. La poppa delle navi è stata costruita da nei cantieri baltici di San Pietroburgo. Quindi, se vogliono tenersi il vascello, ce lo devono riconsegnare, noi togliamo la poppa, che usiamo per un altro scafo e glielo ridiamo indietro. Dubito che dopo questo trattamento saranno in grado di usare la loro nave. La loro mezza nave, per essere precisi. Secondo: il prezzo è pagato, e la mancata consegna li espone a penali. E terzo, la Francia non sta perdendo solo soldi, ma la sua reputazione come produttore affidabile nel comparto della cooperazione tecnica militare. Se si vogliono giocare la reputazione: dio li benedica! Ma ci diano indietro i soldi, ci diano indietro la poppa, e auf wiedersehen alla reputazione!
V.S. E cosa mi dice della nostra reputazione e della nostra posizione sui mercati internazionali? E’ chiaro che noi guadagniamo un sacco di soldi non solo con gas e petrolio ma anche dal commercio di armi. Come i tragici eventi in Iraq e Siria dimostrano, c’è un mercato per le nostre armi. L’esercito iracheno, preparato dagli Americani, viene addestrato da laureati alle università russe con equipaggiamento sovietico. Questo significa che le nostre armi hanno un mercato. Ma possiamo mantenere questi mercati nonostante le sanzioni? Sentiamo questa pressione, questo fatto che loro vogliono spingerci indietro e dirci: “ragazzi, tornatevene a casa e restateci?”.
D.R. Le sanzioni occidentali nei nostri confronti colpiscono fondamentalmente due settori. Il primo obiettivo è la fornitura di componentistica, ovvero di macchine moderne, che servono per produrre tecnologia moderna. Il secondo obiettivo è la microelettronica, particolarmente la microelettronica spaziale, capace di sopportare il bombardamento di particelle pesanti. Nello spazio, ovviamente, le componenti elettroniche devono essere molto differenti. Di questo genere di microelettronica noi non ne abbiamo prodotta molta, o meglio, per dirla tutta, ne abbiamo prodotta molto poca. Negli ultimi anni il mercato si è aperto e, in una situazione in cui la nostra industria missilistica e spaziale non si ancora pienamente consolidata, i nostri imprenditori hanno preferito comprare microelettronica in occidente. Adesso loro, consci della nostra dipendenza, hanno deciso di colpirci proprio li. Ma noi sapevamo che questo sarebbe successo. A me, personalmente, è stato chiaro sin dal primo giorno di lavoro al governo. Abbiamo già dato le istruzioni necessarie per iniziare la produzione del necessario in Russia. In ogni caso tutto quello che non possiamo produrre, o che non abbiamo tempo di produrre da soli, lo possiamo acquistare in paesi terzi che mantengono legami commerciali con noi. Posso dire questo: sarà una sfida, ma garantisco personalmente che sarà vinta perché le sanzioni mettono alla prova il nostro carattere nazionale. I tempi più duri per il nostro carattere nazionale sono i tempi migliori, perché ci consentono di dimostrare le nostre migliori qualità.
V.S. Dmitrj Olegovich, a Soci abbiamo un Forum Economico. I sostenitori del modello Gajdar, candidi liberali, dicono che il maggior problema della nostra economia è rappresentato da un eccesso di investimenti nel settore militar industriale. Quello che dice Lei va in senso esattamente opposto: è necessario sviluppare ingegneria di precisione, microelettronica, personale addestrato, istituzioni accademiche. Il complesso militar industriale diventerebbe il motore del nostro sviluppo. Come pensa sia possibile armonizzare questi diversi approcci all’interno dello stesso governo?
D.R. Ammetto che il dibattito con i miei colleghi su questo punto è continuo. Abbiamo approcci differenti. Ma quando poi la decisione viene presa, cerchiamo di non discuterla pubblicamente, anche se dietro le quinte è tutto in ebollizione. Io pongo spesso la questione della politica di accesso al credito, perché nessuno ha mai fatto crescere l’industria con i tassi di interesse al 12%. E’ impossibile. Questa è una questione cruciale. In occidente il costo del danaro è al 3, massimo 4%. Come possiamo mettere in competizione la nostra industria con la loro? La loro posizione è molto favorevole: non hanno sanzioni, nessuno gli impedisce di lavorare, il sistema bancario sostiene l’industria. Noi non abbiamo nulla di tutto questo. Questo non è il luogo per mettersi a discutere del perché, ma che non lo abbiamo è un dato di fatto. E questa è la ragione per cui il governo sta decidendo di compensare il differenziale di tasso di interesse per consentire alle imprese, con le politiche di bilancio, non solo finanziamenti diretti, ma anche un agevole accesso al credito. Questa è una cosa importantissima. In un messaggio all’Assemblea Federale nel dicembre dell’anno scorso, Putin ha richiesto alla commissione Militare Industriale di sviluppare un programma di trasferimenti della tecnologia dall’industria militare al settore civile. Quando gli ordinativi di equipaggiamento militare diminuiranno in conseguenza del fatto che Esercito e Marina saranno stati completamente rimodernati, gli impianti dovranno continuare la produzione in modo da consentire all’industria civile di sfornare prodotti ad alta tecnologia. Io credo che questo sia un obiettivo assolutamente cruciale. Per esempio, ciascun posto di lavoro creato nel settore della difesa spaziale, o dell’industria aeronautica ne crea automaticamente altri nove in settori civili ad alto gradiente tecnologico: elettronica, metallografia eccetera. E il tutto ha un effetto traino nei confronti di settori che non sono direttamente connessi con quello militare: metallurgia, materiali composti, e molto molto altro ancora. Inoltre: stiamo volutamente perseguendo la politica di fare si che ogni industria militare abbia al proprio interno un settore civile. Adesso la proporzione non è più del 25 o 27 %, ma nel 2020 sarà cinquanta e cinquanta. Perché questo è così importante? Primo, per le stesse industrie. Oggi hanno molte commesse militari, domani potrebbero averne meno. Hanno bisogno di una rete di salvataggio costituita dalle commesse civili. Secondo, c’è un trasferimento continuo di tecnologia. Poniamo, creando tecnologia per un impianto aeronautico a Komsomolsky sull’Amur che produce il Superjet Sukhoi, ci siamo resi conto che lo stesso sistema poteva essere impiegato per gli aerei da combattimento. Adesso nello stesso impianto stanno assemblando il SU 35C, un complesso di aviazione tattica avanzato, un caccia di quinta generazione. E la stessa cosa succede ovunque. Ad esempio a Severodvinsk abbiamo la Severmash, un gigante che produce sommergibili e grandi navi da guerra di superficie. Ma nello stesso posto si fornisce la piattaforma tecnologica per commesse civili.
V.S. Ma ho visto succedere anche l’inverso. Ho visto Lei su un quadriciclo a Tula…
D.R. No, era a Limovsk, ieri. Si tratta della “Tachanaka-Tulchanka”. E’ un progetto unico di una società privata di Briasnk. Una macchina sviluppata a partire da moto con cilindrate di 300 e 650 c.c.. Si tratta di un quadriciclo molto potente, che è anche un buona auto. L’ho provato ieri. E ci sono anche motoslitte. Tutta roba che fino ad ora compravamo dal Giappone. I nostri paracadutisti hanno bisogno di equipaggiamento leggero, e non di quella roba che mostriamo nelle parate. Hanno chiesto agli ingegneri di produrre un quadriciclo sul quale due tiratori possano raggiungere la linea di fuoco, colpire e disimpegnarsi velocemente. Ieri, prima le Forze Speciali mi hanno mostrato come funziona e poi me l’ hanno fatto provare. Mi è piaciuto.
V.S. E quindi dal ministero della difesa arriveranno degli ordini? La gente vi crede? Si impiega nell’industria della difesa? I salari sono aumentati? L’età media nell’industria della difesa sta scendendo?
D.R. Ogni anno i salari aumentano del 15%. Non credo che in alcun altro settore i salari siano così alti. In ciascuna delle regioni in cui si trovano le imprese del settore della difesa i salari in quell’impresa sono più alti della media dei salari nella regione. In totale abbiamo 1.352 imprese nel settore della difesa con due milioni di addetti.
V.S. Due milioni? Si, sono parecchi. Ci sono anche giovani?
D.R. Parlando di giovani, quest’anno abbiamo accolto nei collegi per professioni ingegneristiche 11.000 allievi. Entro il 2020 vogliamo protare questa cifra a 38.000. Con volumi simili risolveremo sicuramente tutti i nostri problemi. Questo è il nuovo programma varato quest’anno assieme al Ministero della Educazione e della Scienza, sulla base del quale vi è un cofinanziamento sostenuto da imprese nel settore della difesa (con 43.000 rubli) per la formazione di professionalità di eccellenza. In conclusione, se tre anni fa l’età media del settore dell’industria della difesa era circa 49 anni, e cinque sei anni fa molto sopra i 50, con tanti veterani sessantenni o sessantacinquenni, quest’anno è scesa a 45 anni. Molti giovani stanno arrivando, e riducono l’età media. E che giovani! Gente affamata di formazione. E’ un vero piacere lavorare con loro. Li incontro ovunque. Recentemente sono stato alla Lulki (Ufficio di Progetti Sperimentali) che disegna motori per aerei da combattimento. Ho parlato prima con i dirigenti. Poi sono arrivati i progettisti, professionisti che sembrano ragazzini. Abbiamo chiuso le porte in modo che i capi non potessero entrare. Gli ho detto: “allora, che avete in mente?” “Abbiamo qualche nuova idea”. Mi hanno mostrato alcuni nuovi progetti. Erano sviluppi per nuovi motori, propulsori da 14 a 30 tonnellate. Un design del tutto innovativo. Li ho finanziati tutti, attraverso il Fondo per le Ricerche Promettenti. Io scommetto su quei ragazzi. Solleveranno non solo l’industria della difesa, ma l’intro paese.
V.S. Il capo del Complesso Militar Industriale è Vladimir Vladimirovich Putin. State lavorando come suo assistente? Communicate fra voi? Come è lavorare con lui nella quotidianità?
D.R. Prima di tutto, il Presidente tiene incontri regolari con tutti i responsabili dello svilippo dell’Industria militare. Tiene incontri regolari anche con i militari per discutere tutte le tematiche poste dall’industria della difesa, di solito in maggio e in novembre. Ascolta non solo i comandanti, ma anche le figure che prendono decisioni relative alle commesse di equipaggiamento militare per il Ministero della Difesa. Ci sono discussioni roventi a porte chiuse con i progettisti. Come funziona la Commissione Militare Industriale? In precedenza era una articolazione del governo, e io la presiedevo come Vice Primo Ministro. Ma ho chiesto al Presidente elevarla di rango, trasformandola in Commissione Presidenziale. Questo è stato determinante, perché oggi abbiamo una situazione eccezionale, non ci possiamo fare trascinare dalla corrente. Spero che in futuro, comunque, ritorneremo nella solita rountine. Ma adesso abbiamo uno scatto, che deve essere compiuto in pieno. Nell’attuale situazione geopolitica, dobbiamo allestire con la massima urgenza e senza dilazioni l’esercito e la marina con tutto il necessario per far si che il paese sia temuto e rispettato. Nel fare questo dobbiamo riqualificare interamente l’industria, perché se vai a costruire prodotti sofisticati con i macchinari Krupp del 1945 fallisci completamente. Dobbiamo quindi abituare l’industria esistente a lavorare in maniera diversa e creare nuovi stabilimenti: di fatto, innescare una nuova rivoluzione industriale in tutto il paese. Infine, terza sfida, con il quale ritorniamo all’ inizio della nostra chiacchierata, nuovi programmi di armamento per sviluppare armi intelligenti richiedono sviluppo scientifico. Sin ora il programma di armamenti si è limitato allo sviluppo del potenziale scientifico tecnologico davvero unico creato nei tempi sovietici, e che allora non venne implementato per varie ragioni, ma ora questa riserva sovietica è completamente esaurita. Fine! Non abbiamo più nulla. Ecco perchè il Capo dei Progettisti è stato promosso ad un livello tanto alto da consentire al Presidente di contattarlo con facilità. Il Capo dei Progettisti non deve essere non solo uno che disegna un prodotto, un carro armato, un aeroplano, deve essere come Korolev. Deve essere uno che integra tutti i sistemi, il fondatore ed il creatore di un nuovo sentiero. Dobbiamo coltivare gente così nei prossimi anni. E loro diverranno docenti della scienza fondamentale all’Accademia Russa delle Scienze. In questo modo l’Accademia Russa delle Scienze potrò trovare una autentica ragione d’essere. Questi tre problemi (equipaggiamento dell’esercito, rifondazione dell’industria, innovazione) devono essere risolti in maniera unitaria. Questo richiede la supervisione personale del Presidente.
V.S. Ci conosciamo da molti anni, dal 1986. Suo padre aveva le stesse Sue mansioni ed ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Credo che Lei sia felice di potere continuare il lavoro di Suo padre. Ha il senso della predestinazione del suo lavoro… ovvero: non solo una prova di servizio civile, ma un obbligo famigliare?
D.R. Anche mio figlio lavora in questo campo. Anche lui lavora come chimico nell’industria della difesa… e deve discutere la sua tesi di laurea. A proposito: oggi è anche il suo compleanno.
V.S. Congratulazioni!
D.R. Quando finiamo vado dritto a Tula. Lui lavora là, con la famiglia, per la sua società. Voglio in conclusione sottolineare che il mio lavoro mi dà sentire molto orgoglioso.
V.S. Grazie, Dmitrj Olegovich!