Intervista a Matteo Bressan NATO Defense College Foundation

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Il dott.Matteo Bressan è Emerging Challenges Analyst presso il NATO Defense College Foundation
Autore di Hezbollah Tra integrazione politica e lotta armata (Datanews 2013)
Coautore insieme alla giornalista e conduttrice di Rainews24 Laura Tangherlini di Libano nel baratro della crisi siriana (Poiesis 2014)

GeopoliticalCenter: Matteo Bressan Lei è un esperto della regione mediorientale e uno dei più profondi conoscitori della situazione libanese e del partito di Dio sciita, meglio noto come Hezbollah. Prima di alcune domande focalizzate sull’Hezbollah e sul Libano vorremmo chiederle quali sono oggi i rapporti di forza a Damasco, e cioè chi esercita maggiore influenza sul presidente siriano AL Assad e sul suo governo?
Matteo Bressan: La prima considerazione da fare è che, senza le milizie di Hezbollah, il coordinamento sul campo degli iraniani guidati dal Generale Qassem Suleimani e senza la copertura aerea e non solo della Russia, oggi probabilmente il regime di Assad sarebbe stato sconfitto dall’opposizione e dai vari gruppi attivi oggi in Siria. Solo per comprendere la portata delle perdite delle Forze Armate Siriane (SAA) dobbiamo tenere presente una cifra: 300.000. Era questa la stima della composizione dell’Esercito di Assad nel 2011. Attualmente si stima che le forze di Assad si attestino intorno alle 60/80.000 unità. Quello che però e cambiato è il numero degli alleati sul campo di Assad, un numero difficile da definire con esattezza ma certamente decisivo per le sorti del regime in termini di qualità e quantità. Non ci sono solamente gli Hezbollah sul campo, ma una galassia di 18/20 sigle coordinate da istruttori miliari iraniani, milizie sciite provenienti dall’Iraq, dall’Afghanistan, dal Bahrein e dallo Yemen. Possiamo dire che in questo momento due Paesi, Russia e Iran e una milizia armata, gli Hezbollah, sono i garanti dell’integrità, dell’ossatura e delle capacità militari del regime di Assad. Questo non significa certamente che Assad non possa più contare su un suo proprio apparato militare ma è innegabile che i rapporti di forza non siano più gli stessi del 2011.

GPC: Dott. Bressan, quel’è, in base ala sue opinione la residua capacità dell’Hezbollah libanese di inviare ancora truppe combattenti in Siria, e qual’è l’entità numerica dei combattenti oggi impiegati dall’Hezbollah in Siria?
MB: Non esistono cifre ufficiali sul coinvolgimento militare di Hezbollah in Siria. Quello che però si può dire è che l’intelligence militare israeliana, circa un anno fa, collocava le capacità militari di Hezbollah al pari di quelle di una forza armata regolare; veniva addirittura stilata una graduatoria secondo la quale la potenza militare di Hezbollah era settima dopo Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina e Israele. Detto questo, considerando che le stime più accreditate indicano in 18.000 uomini la capacità di mobilitazione di Hezbollah, non è semplice fare una stima precisa di quanti combattenti del Partito di Dio siano impiegati in questo momento in Siria. Le stime dell’intelligence francese, così come quelle fornite dai gruppi dell’opposizione siriana, parlano di una cifra vicina, se non superiore, ai 5.000 uomini. Ovviamente questo impegno militare in Siria ha avuto e sta avendo dei costi umani molto alti per Hezbollah tanto che in un recente report pubblicato sul sito israeliano Walla sarebbero morti in Siria tra i 1.300 e i 1.500 combattenti e vi sarebbero 5.000 feriti. Sebbene queste cifre non siano state confermate da Hezbollah, molti osservatori ritengono che lo sforzo bellico del Partito di Dio in Siria abbia avuto fino ad oggi dei costi umani più elevati rispetto all’ultima guerra contro Israele nel 2006. E’ quindi probabile che, indipendentemente dalle dichiarazioni ufficiali del Partito di Dio secondo le quali il movimento sarebbe pronto ad intervenire dove necessario, l’ipotesi che possano essere inviati ulteriori uomini in Siria non sia del tutto praticabile a patto che il movimento sciita libanese non decida di distogliere tutto il suo potenziale militare rivolto verso Israele.

GPC: Matteo, la base popolare dell’Hezbollah come si sta ponendo dinnanzi alle perdite in termini di propri uomini in Siria? La base comprende l’utilità strategia di questa guerra per Hezbollah?
MB: In merito alla comprensione dell’intervento militare di Hezbollah in Siria da parte della popolazione civile libanese e dai sostenitori del Partito di Dio, bisogna fare almeno tre riflessioni. In primo luogo, nel mondo arabo non tutti hanno compreso le ragioni di Hezbollah ad intervenire al fianco di Assad. Nel 2013, per esempio, molti attivisti nel mondo arabo hanno criticato Hezbollah, non comprendendo come un movimento che si era schierato al fianco delle primavere arabe in Libia ed Egitto potesse schierarsi con Assad. Questo ha prodotto una flessione del consenso elevatissimo di cui godeva Nasrallah dopo la guerra con Israele del 2006. In secondo luogo, e qui mi riferisco a cosa è successo in Libano, non è cambiato molto nel senso che il blocco politico dell’8 marzo, di cui Hezbollah è parte insieme ad Amal e al partito cristiano del Generale Aoun, ha compreso e sostenuto la scelta di Nasrallah di intervenire militarmente in Siria. Ovviamente il blocco del 14 marzo, composto dai sunniti di Hariri e i cristiani di Geagea e Gemayel, che per anni aveva duramente criticato Hezbollah per il mantenimento delle sue milizie armate ha accusato il movimento sciita di aver esposto il Libano alle rappresaglie dei gruppi ribelli operanti in Siria. Sostanzialmente si può dire quindi che le posizioni delle due principali coalizioni politiche in Libano si sono esasperate, che l’intervento militare di Hezbollah ha ulteriormente animato il dibattito politico ma che al tempo stesso tutti i libanesi che si riconoscevano nella coalizione dell’8 marzo hanno per larga parte compreso le ragioni del Partito di Dio nel momento in cui Nasrallah ha giustificato la sua scelta come necessaria per la difesa dei luoghi sciiti in Siria e della sicurezza del Libano stesso. Naturalmente gli attentati e gli attacchi rivendicati dall’ISIS contro i quartieri sciiti di Beirut, lo scorso 12 novembre 2015,dove sono morte 43 persone, hanno aggravato la percezione e il clima di resa dei conti tra Hezbollah e lo Stato Islamico. Questo clima di tensione è vissuto con preoccupazione nei quartieri sciiti di Beirut, dove la popolazione è sottoposta a numerosi controlli ed elevatissime misure di sicurezza a causa del rischio di attentati. Non vi è dubbio pertanto che la stessa comunità sciita stia risentendo molto gli effetti di questo conflitto ma al tempo stesso percepisca lo scontro in atto in Siria come un punto di non ritorno per la sua stessa sopravvivenza. In definitiva da quello che oggi emerge dal dibattito in Libano ancora una volta il Paese è spaccato a metà, tra coloro che ritengono che senza Hezbollah oggi l’ISIS sarebbe a Beirut e coloro che invece accusano i miliziani sciiti di combattere l’opposizione ad Assad e trascinare così anche il Libano nel drammatico conflitto che sta martoriando la Siria.

GPC: L’Arabia Saudita potrebbe, nel caso in cui l’Hezbollah inviasse ancora più uomini in Siria, tentare di riaccendere il settarismo armato in Libano? L’esercito libanese è oggi una struttura in grado di mantenere equidistanza tra le etnie religiose del paese oppure prenderà la parte di una di esse? Se si quale secondo Lei?
MB: Il tema del settarismo in Libano non si è mai estinto ma certamente la società libanese ha alle sue spalle il ricordo della guerra civile combattutasi dal 1975 al 1990. Questo ricordo è vivo in Libano e il Paese è consapevole, anche alla luce di quanto sta avvenendo in Siria, che una nuova ripresa del settarismo cancellerebbe il Paese dei Cedri. Le grandi tensioni e crisi che stanno premendo sul Libano, aspetti geopolitici e conseguenze umanitarie delle crisi siriana, stanno certamente mettendo a dura prova il paese. L’assenza del Presidente della Repubblica da quasi due anni, l’impressionante numero di profughi siriani accolto dal Libano, pari a più di un milione, rappresentano delle sfide vitali per l’esistenza stessa delle precarie istituzioni libanesi. In questo clima di paralisi politica ed attesa rispetto agli sviluppi del conflitto siriano l’Esercito libanese è stato, fino ad oggi, l’istituzione nella quale tutti i libanesi si sono riconosciuti. L’Esercito è stato inoltre impegnato in durissimi scontri al confine con la Siria contro le milizie di al Nusra e questo ha rafforzato la fiducia per le Forze Armate Libanesi (LAF). Lo stesso attuale Governo libanese è nato nel 2014 da un accordo tra tutti i partiti politici (tranne le Forze Libanesi di Samir Geagea) sponsorizzati dai grandi attori regionali, Arabia Saudita e Iran compresi, proprio per fronteggiare le minacce esterne alla sicurezza del Paese.

GPC: Oltre alla necessità strategica per l’Hezbollah di avere ad est una nazione amica, come lo era la Siria pre Guerra, quale potrebbe essere la ricompensa pratica per il movimento sciita come contropartita per il suo impegno militare? (armi avanzate, copertura aerea dei cieli del libano in caso di conflitto con Israele, libertà di operare dal Golan Siriano contro Israele)
MB: Hezbollah si è posta differenti obiettivi nel momento in cui è intervenuta in Siria. In primo luogo, quello di puntellare le capacità militari del regime. Un secondo obiettivo è stato quello di garantire le vie di comunicazione tra Damasco e il Libano dalle incursioni dei gruppi dell’opposizione siriana. Infine il terzo obiettivo è stato quello di prevenire il collasso del regime di Assad e l’eventuale nascita di un governo sunnita ostile ai suoi interessi e a quelli dell’Iran. All’interno di questo scenario si collocano altre questioni delle quali non si parla spesso. Accanto al conflitto che vede opposti il regime di Assad ai vari gruppi dell’opposizione siriana e allo Stato Islamico in questi anni si è combattuta una guerra parallela tra Israele ed Hezbollah. Almeno una ventina sono stati i raid israeliani condotti in Siria contro convogli di Hezbollah che molto probabilmente stavano trasferendo e mettendo in sicurezza armamenti iraniani e del regime di Assad. In più di una circostanza Israele ha fatto intendere ad Hezbollah di monitorare tutti i suoi spostamenti in Siria e verificare che nessun tipo di sistema di difesa in grado di alterare i rapporti di forza a favore di Hezbollah potesse esser trasferito dalla Siria al Libano. Sebbene dal 2014 fonti vicine al Partito di Dio sostengano di esser in possesso di sistemi di difesa antiaerea in grado di sovvertire i rapporti di forza con Israele, è difficile stimare quali siano state le contropartite militari ottenute da Hezbollah. La stessa notizia riportata di recente sulla TV di stato iraniana PRESS TV, secondo la quale Hezbollah sarebbe entrato in possesso di sistemi anti aerei forniti dai russi, lascia aperti molti interrogativi. La recente storia dell’intervento russo in Siria, le stesse rassicurazioni fornite dal Presidente Putin a Netanyahu sul fatto che Assad non aprirà un fronte di guerra contro Israele e la garanzia secondo la quale nessun armamento russo verrà fornito ai miliziani di Assad fa comprendere quali siano i limiti e le coperture fornite dalla Russia agli alleati di Assad.
Il fatto che in questo particolare e drammatico passaggio del conflitto siriano Hezbollah rappresenti la componente militare più forte dell’alleanza tra Russia, Iran e Assad non significa che le garanzie offerte al regime di Damasco siano estese anche ai miliziani libanesi. Di questo si è già avuta una riprova quando a dicembre l’aviazione israeliana ha colpito e ucciso Samir Qantar, uno dei leader di Hezbollah a Damasco. Ancor più complicato immaginare una libertà di manovra di Hezbollah sulle alture del Golan, anche alla luce dell’avvertimento lanciato lo scorso gennaio del 2015, quando l’aviazione israeliana ha colpito alcuni reparti di Hezbollah e di iraniani presenti nel villaggio di Quneitra. Uno scontro a fuoco, quello avvenuto un anno fa sul Golan, che testimonia come Israele abbia tracciato una linea rossa insuperabile per quel che riguarda il futuro del Golan. Un futuro, quello dell’annessione israeliana del Golan, sul quale lo stesso Netanyahu ha ribadito l’interesse in un vertice tenutosi con il Presidente Obama lo scorso dicembre. Le alture infatti sono state annesse da Israele nel 1967 ma la Comunità internazionale non ha riconosciuto l’azione intrapresa dalle autorità israeliane. Per questi motivi e per i vari fronti di guerra che si ritrovano nell’azione di Hezbollah in Siria, non ci sono dubbi che il movimento sciita libanese stia attraversando una svolta nella sua lunga storia. Una svolta che ad oggi sembra premiare il movimento sciita libanese divenuto di fatto interlocutore paritetico di Russia e regime siriano ma che, al tempo stesso, potrebbe esporre il Partito di Dio ad un clima di resa dei conti qualora le sorti del conflitto in corso e la permanenza di Assad dovessero esser nuovamente rimesse in discussione.