La scorsa notte ha fatto registrare anche i primi veri scontri diretti tra la due fazioni, in particolare nei pressi di piazza Tahrir, la polizia e le forze armate sono state prese alla sprovvista ed hanno faticato non poco per separare i due gruppi.
Il bilancio degli scontri è stato di nove morti e una cinquantina di feriti di cui due in condizioni critiche. Si sono verificati anche lanci di bombe Molotov e la polizia ha dovuto impiegare non solo i lacrimogeni e i manganelli ma anche i proiettili di gomma per ristabilire l’ordine. Tuttavia, ad una prima analisi, pare evidente che gli scontri si siano fermati dopo un ordine diretto impartito ai manifesti da una specie di struttura di comando.
Questi attacchi, per modalità di esecuzione durata e numero di persone coinvolto, sembrano essere funzionali a verificare il modus operandi delle forze di polizia, la determinazione dell’opposta fazione e la volontà delle forze armate di prendere direttamente in mano la gestione dell’ordine pubblico.
L’Egitto rimane diviso e questi 14 giorni che ci separano dalla fine del mese sacro di Ramadan potrebbero essere impiegati, da chi cerca una soluzione armata all’intervento dell’esercito, per organizzare i propri uomini e armare le proprie milizie, per poi dare battaglia dopo la fine del Ramadan. Gli islamisti, nel caso in cui dessero battaglia in questo periodo di digiuno, si troverebbero in condizione di inferiorità divisi tra l’obbligo sacro del digiuno e la necessità di combattere.
Sebbene i combattenti possano ottenere una dispensa dall’autorità religiosa al digiuno in caso di Jihad, è altamente probabile che fino al sorgere della prossima luna in Egitto la situazione rimanga quella attuale, per poi degenerare in scontri ben più gravi.
Il rumore dei Kalashnikov echeggia al Cairo
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