Da quasi quattro mesi in Israele si assiste ad una ondata senza fine di attentati terroristici, nulla di clamoroso come le stragi di Parigi, nulla di sconvolgente come l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, ma non certo una situazione meno grave perché a nostro avviso è in grado di compromettere l’esistenza stessa dell’autorità palestinese come oggi la conosciamo.
È evidente che le forze di sicurezza dell’ANP, e ancor di più i vertici politici dell’Autorità Palestinese di Ramallah non sono in grado di governare questa ondata di attentati. Attentati compiuti da “persone normali” che il più delle volte senza preavviso prendono un coltello e attaccano il primo ebreo che trovano lungo la loro strada, oppure al volante della loro macchina decidono di travolgere un gruppo di persone ad una fermata dell’autobus. Il fenomeno si sta ogni giorno espandendo e potrebbe presto assumere una nuova forma.
A nostro avviso un numero sempre crescente di palestinesi nutre odio non solo contro lo stato di Israele ma anche contro la stessa autorità Palestinese guidata da Abu Mazen, ritenuta troppo moderata nell’approccio verso l’occupazione dei territori palestinesi.
Il terrorismo potrebbe presto cambiare obiettivi e iniziare a colpire esponenti dell’autorità palestinese. Se ciò accadesse, e se le forze di sicurezza non dimostrassero la piena volontà di difendere l’attuale Leadership palestinese potremmo assistere al collasso interno dell’attuale ANP è un nuovo soggetto politico,molto più vicino alle posizioni di Hamas emergere come guida dei palestinesi della Cisgiordania.
Questa possibilità è sottovalutata dalla comunità degli analisti e ancor più lo è dai media generalisti che a malapena si occupano dei quotidiani e multipli atti di terrorismo che si verificano sia in Cisgiordania, sia entro nelle città Israeliane.
Il collasso dell’ANP potrebbe successivamente scatenare una nuova intifada, non più combattuta solo con i coltelli e con la automobili, ma vedere il ritorno alla strategia degli attentati suicidi se non ad una vera e propria rivolta armata nei territori, che potrebbe ricevere sostegno anche da Gaza con l’apertura di un secondo fronte.
Questa ipotesi è estremamente pericolosa, non solo per Israele, ma per l’intera regione. In caso di rivolta armata palestinese e dell’apertura del fronte di Gaza, Israele agirebbe in maniera molto più determinata di quanto visto in passato, sia a Gaza, sia in Cisgiordania. Gerusalemme, vista l’attuale estrema instabilità del confine nord, non può permettersi di gestire senza timori un lungo confronto armato interno.
Come vedete il collasso dell’autorità palestinese, che in effetti è già iniziato con l’impotenza di
Ramallah nella gestione dell’ondata terroristica in atto nei territori, avrebbe come conseguenza la morte di migliaia di persone, su ambedue i fronti, e una guerra con risvolti politici che potrebbero minare la stessa tenuta del governo di Israele, nell’ultimo anno di una presidenza americana ostile a Gerusalemme e pronta a colpire Netanyahu al primo errore sullo scacchiere internazionale.