Il posizionamento strategico dell’Italia: dentro la Nato, mediatrice con la Russia
Quale deve essere il posizionamento strategico dell’Italia? La domanda non è di poco conto, anche alla luce della possibile nascita di un nuovo governo di profondo cambiamento e che potrebbe vedere forze come il Movimento 5 Stelle, la Lega e Fratelli d’Italia prendere in mano le redini del paese.
Purtroppo in campagna elettorale nessuno di questi partiti ha dedicato ampio spazio per chiarire qual è la visione delle future alleanze del nostro paese e chi dovranno essere i nostri partner privilegiati.
Chiariamo prima di tutto una cosa: l’Italia deve essere una colonna della NATO, una colonna che abbia la fiducia dell’alleato americano, una nazione che non dia l’impressione a Washington di essere tentata dalle proposte che arrivano da est, un paese dove nessun partito sia in condizione di sudditanza verso forze straniere.
Allo stesso tempo i leader dei vari partiti devono perdere il vizio di accreditarsi in patria ricevendo l’imprimatur da parte della cancelleria tedesca, della presidenza francese o di quella americana, ancor peggio di qualche partito tedesco, o degli States.
Tutto ciò è funzionale a quello che noi riteniamo il ruolo naturale dell’Italia, il ruolo di mediatore, di unificatore tra Occidente e Federazione Russa, tra Washington e Mosca, tra gli interessi degli Stati che gravitano nella sfera di influenza russa e quelli che guardano agli Stati Uniti, così come avvenuto a Pratica di Mare nel 2002.
È fuor di dubbio che in questi anni di nullità politica italiana in politica estera la Germania ha assunto il ruolo di principale mediatore con Mosca. Un ruolo che porta costantemente vantaggi a Berlino, come ad esempio la realizzazione di nuove infrastrutture energetiche (anche in tempo di sanzioni), commesse per le industrie pesanti tedesche, ecc.
L’Italia non ha possibilità di inserirsi rapidamente in questa partita, ma ha la possibilità di coinvolgere Mosca in vari progetti ed attività che portino beneficio a entrambi i paesi e che potrebbero avere l’indubbio vantaggio di incrinare quel muro di sospetto, di diffidenza, e a tratti di odio, che caratterizza oggi i rapporti tra Mosca e Washington.
Ci riferiamo a collaborazioni che potrebbero essere messe in campo rapidamente dal governo della Repubblica Italiana in aree dove gli interessi americani e nato sono sì presenti ma non vitali per Washington. Ci riferiamo ad esempio a possibili collaborazioni in Libia, che puntino all’unità del paese identificando una road map per la divisione dei poteri nell’ottica di un’unica entità governativa, affidando la guida politica ad un uomo indicato dall’Italia e la guida delle forze armate ad un esponente indicato dalla Russia e dall’Egitto.
Anche nello stesso Egitto la collaborazione tra Russia ed Italia potrebbe concretizzarsi nello sfruttamento e commercializzazione delle risorse energetiche del Cairo, dove l’Italia può mettere a disposizione per una collaborazione fattiva una quota del giacimento Zohar, mentre la Russia potrebbe impegnarsi per affiancare l’Italia nello sviluppo delle aeree gasifere ad est di Cipro, dove la Turchia impone con la forza la sua presenza, mentre l’Italia non trova alleati disposti a supportare le legittime richieste di Roma.
Questi passaggi possono essere messi in atto solo se il governo si mostra un deciso alleato della Nato, ricordando che alleato non significa mero esecutore degli ordini del “principale azionista” dell’alleanza.
Al contrario se qualcuno crede di poter giocare questo ruolo cercando di saltare il fosso e finire nella sfera di influenza russa, egli è destinato a fallire. L’Italia al di fuori della Nato vedrebbe venir meno l’unico motivo di interesse che potrebbe spingere la Russia ad avere con noi un rapporto di reciproco rispetto. L’Italia, priva di diritto di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, senza un deterrente atomico, priva di risorse naturali, dipendente dall’estero per l’approvvigionamento energetico, diverrebbe terra di conquista sotto ogni aspetto delle relazioni internazionali. Solo la Francia, forse, avrebbe la forza di un passo simile.
Qual è quindi la soluzione al dilemma del posizionamento strategico italiano? L’unica vera soluzione è pretendere che la Nato sospenda ogni nuova procedura di allargamento, ritorni allo spirito di alleanza difensiva euro-atlantica, non venga utilizzata per comprimere la sfera di influenza russa, o addirittura limitare la sua capacità di deterrenza.
A nostro avviso quindi i concetti chiave del nuovo governo dovrebbero essere: indiscutibile presenza italiana in seno alla NATO; indipendenza nelle scelte strategiche che dovessero comprendere partnership con la Russia; impostazione di un percorso di ristabilimento della fiducia reciproca tra Mosca e Washington basato su trattati per regolare nuovi limiti per i sistemi nucleari offensivi e per la difesa antimissile, limiti formali all’allargamento della NATO e limiti altrettanto formali a nuove campagne militari russe nei paesi confinanti con la Federazione (Georgia ed Ucraina).
Libertà di espressione, di trasmissione e di comunicazione a livello globale, con il blocco ai sistemi di censura e di limitazione della libertà di parola (fatto che deve valere sia per i dissidenti russi, sia per i media di Mosca in Occidente).
Ultimo, ma forse primo per importanza, il riconoscimento di eventuali nemici comuni tra Mosca e Washington, e il relativo impegno al loro fattivo contenimento.
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Questo articolo sarebbe stato condivisibile ai tempi di Pratica di Mare. Sedici anni dopo, sono cambiati completamente i presupposti per rendere, le conclusioni dello stesso anche solo lontanamente proponibili.
Il Mediterraneo è per la NATO quello che per i Russi è l’Ucraina. Vogliamo lasciare gli Ucraini al loro destino per rispettare la sensibilità russa? Benissimo, ma a questo punto mi aspetto che la stessa sensibilità venga dimostrata dal Presidente Russo, abbandonando le sue mire su Libia ed Egitto. Se così non fosse allora viva l’Ucraina nella NATO anche domani, perché senza il principio di reciprocità non si va da nessuna parte.
Sull’aspetto business, mi permetto una semplice considerazione: Con buona pace di Salvini e dei fantomatici danni inferti all’Italia dalle sanzioni alla Russia, l’Italia ha chiuso il 2017 con un surplus commerciale di 47,5 miliardi di Euro. Il trend del primo trimestre 2018 (dati 2018 rapportati su datti 2017) preannuncia un surplus ancora maggiore per l’anno in corso. Con premesse del genere quale sarebbe l’utilità di tornare al business as usual con la Russia? Mi spiego: i dati di cui sopra mostrano che la rimozione delle sanzioni alla Russia avrebbero un impatto sulla nostra bilancia commerciale del tutto trascurabile (1/2 miliardi al massimo). In compenso ci troveremmo a finanziare i missili di Putin. Missili che, il medesimo, tiene puntati sul territorio di tutti i paesi NATO (compreso il nostro).
Personalmente sono per “vedere” il bluff del Cremlino. Putin vuole giocare a fare l’Unione Sovietica 2.0? Si accomodi pure. Non ha neanche lontanamente il potenziale economico per sostenere una nuova corsa agli armamenti tale da trasformare la Russia in quello che, un tempo. era l’URSS, ovvero un competitor militare ma soprattutto ideologico su scala planetaria. Basta solo aspettare che la “bolla” gonfiata dal nazionalismo e dalla Vodka a basso costo, esploda perché il problema si risolva da solo. Poi con una nuova leadership russa, più pragmatica e meno revanchista, si potrà tonare a discutere d’affari.
Il surplus commerciale italiano è ridicolo rispetto a quello tedesco o coreano…dietroa francia e perfino ad hong kong.
In compenso le sanzioni alla russia ci costano 3 miliardi l’anno, per avere che cosa in cambio?
Che gli alleati vanno a bombardare la libia creando uno tsuami umano che poi ci obbligano a tenerci qui, visto che loro i clandestini non li vogliono?
Germania e Francia si sono spartite tutto,ci hanno tagliato fuori da tutto e se possibile ci spolperanno delle nostre risorse.
Io non so più quanto ci convengano le alleanze, qui si teme sempre di scontentare gli stranieri ma non so quanto per il bene dell’Italia.