Obama è da due anni e per definizione (non nostra e non dispregiativa) un’anatra zoppa, un presidente che deve fare i conti con un congresso non controllato dal suo stesso partito. Questa situazione ha in parte condizionato le scelte di Obama, e ha contribuito a diminuire la sua credibilità sul palcoscenico internazionale. Anche a causa della convivenza forzata con la maggioranza Repubblicana, ma anche per la sua impostazione strategica nella gestione delle crisi internazionali, Obama ha concesso agli avversari dell’America di ottenere vantaggi militari, politici, diplomatici e geopolitici. Per portarvi alcuni esempi possiamo ricordare i vantaggi economici e militari che l’Iran ha ottenuto e otterrà dopo la fine delle sanzioni, i vantaggi geopolitici russi dell’annesione della Crimea, i vantaggi militari della Corea del Nord che ormai è nei fatti uno stato dotato di armamenti atomici.
Ora però siamo dinnanzi ad uno scenario ancora diverso, uno scenario che caratterizzerà e influenzerà gli ultimi quattro mesi della presidenza di Obama, alla luce di due evidenze sempre più palesi.
La prima è che nelle ultime settimane è apparso chiaro che il Soft Power, tanto caro all’amministrazione Obama, non garantisce più agli Stati Uniti la fedeltà degli alleati e il timore da parte dei nemici; questo alla luce di una deterrenza militare non più credibile, non tanto perché lo strumento militare americano non sia efficiente, ma perché è stata messa in dubbio la capacità e la volontà del Comandante in Capo di utilizzarlo.
La seconda è invece la vera novità dell’ultimo periodo della presidenza democratica di Obama ed è rappresentata dalle numerose offese e dalle pubbliche mancanze di rispetto subite dal presidente americano: vi citiamo come esempi le violazioni del protocollo al G20 in Cina (niente scaletta per l’aereo è unico capo di stato che non ha ricevuto l’onore del tappeto rosso in aeroporto), gli sguardi di sfida con il presidente russo, gli insulti pubblici (figlio di …..) rivolto ad Obama da parte del presidente filippino Duterte.
Questa condizione appare aver frustrato profondamente il Obama, il cui ultimo vertice G20 non verrà ricordato per un successo diplomatico americano, ma per la scarsa considerazione rivolta all’inquilino della Casa Bianca.
Ora la domanda che il nostro gruppo si fa è: questa condizione ambientale potrà modificare il modo di pensare ed il modo di agire del presidente americano nel caso in cui da qui a gennaio dovesse scoppiare una nuova crisi internazionale? Questa è a nostro avviso una situazione particolarmente pericolosa in quanto gli avversari degli Stati Uniti, dalla Russia alla Cina, passando per l’Iran e la Corea del Nord, hanno sempre considerato il presidente Obama come un uomo arrendevole, non disposto ad utilizzare lo strumento militare (forse nemmeno nel caso di un incidente che vedesse coinvolta una unità americana) un uomo che è in grado solamente di muoversi in maniera passiva. L’attuale (non)reazione di Obama gli insulti e alle violazioni di protocollo potrebbe rafforzare questa convinzione e favorire ulteriori azioni “di forza” da parte degli avversari dell’America, conviti che l’attuale comandante in capo delle forze armate statunitensi sia in qualunque caso incapace di reagire, e che allo stesso tempo dal prossimo 20 gennaio, con l’elezione di un nuovo presidente, un’azione di forza dovrebbe confrontarsi con la reazione militare degli Stati Uniti.
La nostra valutazione è invece che in questi ultimi quattro mesi Obama potrebbe rispondere in maniera non del tutto prevedibile ad una crisi intenzionale e che potrebbe, per la prima volta dal suo insediamento, ricorrere in maniera rapida al potere esecutivo ordinando una azione militare contro chiunque minacci, anche in maniera indiretta, gli interessi americani, in particolare nel Pacifico Occidentale.
È anche per queste ragioni che non andrebbe data per scontata la passività della Casa Bianca in caso di provocazioni della Corea del Nord, di azioni militari aggressive nei mari intorno alla Cina o nel caso di violenti attriti tra la Russia e l’America, o tra Mosca e i paesi alleati di Washington in Europa Orientale…
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