Lo andiamo scrivendo da anni, da quando dopo la “rivoluzione” in Libia, il primo atto del nuovo governo di Tripoli fu quello di revocare la concessione pluriennale alla Federazione Russa per l’utilizzo della base navale di Bengasi, lo abbiamo ripetuto quando con un’altra rivoluzione in Siria si tentava di togliere a Mosca l’ultimo approdo (seppur scadente) in mediterraneo, lo abbiamo scritto quando con il cambio di regime a Kiev si minacciava, sul medio periodo, la revoca dell’affitto pluriennale della base navale di Sebastopoli, sulla falsa riga di quanto avvenuto in Libia: il nemico non è la Russia, il nostro nemico non è la Russia.
La Russia si è trasformata in questi anni, e ciò è avvenuto non tanto per la postura e il pensiero dei suoi vertici politici o del suo popolo, quanto per la postura e l’atteggiamento dell’amministrazione Obama, con la sua politica di chiusura totale verso la Russia e l’odio personale, mai ben nascosto, verso il presidente Putin.
La Russia che poteva diventare un partner dell’Europa, un partner affidabile per l’acquisto di energia, un partner affidabile per l’esportazione dei nostri beni ad alto valore aggiunto, un partner indispensabile per la sicurezza del nostro continente, è stata spinta verso alleanze improbabili con la Cina, con l’Iran con l’Hezbollah libanese.
La Russia, la Russia di oggi (non l’Unione Sovietica di Brezhnev), non ha mai minacciato di distruggere le nostre nazioni, la nostra cultura la nostra società. La Russia di oggi si poneva all’inizio di questo millennio come un compagno di strada verso lo sviluppo e il benessere.
L’Europa tutta, e il nostro paese allo stesso modo, incantata dalla retorica e dalle utopie del Presidente americano ha interrotto il cammino comune con la Russia. L’Europa, credendo che lo stravolgimento dell’equilibrio nella regione mediterranea e nel medio oriente, proposto e sintetizzato dal discorso di Obama all’Università del Cairo alla vigilia delle “primavere arabe”, fosse la via per regalare benessere e libertà ai popoli Mussulmani, non ha visto che invece tale progetto nascondeva al suo interno alcuni obiettivi non dichiarati come ad esempio l’esclusione della Russia dalla regione mediterranea.
Nell’attesa che termini la sciagurata presidenza di Obama, l’Europa (e se l’Europa non lo comprendesse, la sola Italia) ha un imperativo assoluto: revocare le sanzioni alla Russia, chiarire agli Stati Uniti che noi siamo loro alleati, ma che al fianco della lealtà deve esistere il rispetto per gli interessi nazionali, e che è necessario lavorare insieme alla Russia per la stabilizzazione del mediterraneo. Mediterraneo dove gli Stati Uniti di Obama, stanno sì trasferendo risorse militari nel Mare Nostrum, ma non in appoggio alle nostre necessità strategiche (es. la stabilizzazione della Libia) bensì per limitare la capacità di manovra delle forze armate russe.
Noi ci chiediamo come mai oggi, nel momento del bisogno, nel momento in cui la Libia sta per implodere, gli Stati Uniti di Obama negano ad un alleato come l’Italia il necessario appoggio per stabilizzare la costa Nord Africana mentre trovano le risorse per dispiegare forze utili solo ad una guerra simmetrica con la Russia, una guerra che se avesse luogo trasformerebbe il Mediterraneo e l’Europa in un desolato campo di battaglia.
Il nemico, il nostro nemico, Presidente Obama e cari amici lettori non è la Russia, non è Putin, il nemico dell’Italia, dell’Europa e dell’America è chi ci ritiene una cultura inferiore, chi pensa che siamo un popolo da schiacciare, chi ci immagina solo come un continente da conquistare con la paura, con le armi e grazie alla nostra miopia strategica.