Il Libano cuore del Medio Oriente conteso tra Iran e Arabia Saudita
Esistono molti luoghi di tensione in Medio Oriente: il Golfo Persico, la Siria, i territori palestinesi, il Sinai, ma sono il Libano e lo Yemen i due luoghi cruciali dello scontro in atto tra Arabia Saudita ed Iran.
Lo Yemen oggi è un luogo di scontro militare, dove la popolazione locale paga il prezzo del conflitto tra due nazioni nemiche, che cercano un luogo dove scoprire chi potrebbe prevalere nella regione. Ma lo Yemen è un luogo instabile che vive lotte tribali da tempo immemore e qualunque vittoria, seppur vitale per le due nazioni in lotta, non sarà una vittoria a “tempo indeterminato”
In Libano invece la situazione oggi è ben diversa. Dopo la fine delle sanzioni all’Iran le fazioni sciite hanno ricevuto ancora più finanziamenti, che permettono all’Hezbollah di mantenere ed implementare il suo programma di sicurezza sociale, le pensioni per le famiglie dei combattenti feriti od uccisi in Siria, i suoi progetti di armamento e le spese relative alla politica locale e nazionale.
Lo stesso Hezbollah oggi può essere certo che i rifornimenti decisi da Teheran, a differenza del passato, arriveranno in Libano senza alcun ritardo, e senza dover ricevere l’assenso del governo di Al Assad. Prima della guerra in Siria, era Al Assad che decideva cosa poteva raggiungere il Libano via terra e cosa no. La scelta teneva conto anche della situazione internazionale e della presa di coscienza che lo stato di Israele non avrebbe permesso il rifornimento di armi avanzate all’Hezbollah tramite il territorio israeliano. Oggi invece la Siria di Al Assad non ha più voce in capitolo in questo tipo di decisioni, sono solo gli iraniani a decidere cosa, e con che tempistica, deve arrivare in Libano.
Le armi ed i finanziamenti che arrivano in Libano però sono “dual use”. Possono essere sicuramente usate dalle milizie sciite contro Israele in una eventuale guerra di confine, ma possono anche essere impiegati nella lotta interna del Libano; lotta politica ma se la situazione degenerasse anche militare.
Fulcro della disputa politica è il controllo dell’esecutivo di Beirut. Il premier dimissionario Hariri ha denunciato un complotto per assassinarlo ordito dagli sciiti libanesi. Le fazioni sciite, e lo stesso presidente Aoun, hanno insinuato che al contrario Hariri è stato rapito dai sauditi e che le sue dimissioni non sono ritenute valide.
Domani Hariri sarà ricevuto all’Eliseo, insieme a tutta la sua famiglia, dove è stato invitato dal presidente Macron. Dalla Francia Hariri potrà parlare senza che nessuno possa dubitare che sia costretto dalle autorità saudite, e sarà il momento della verità per il governo libanese. Se Hariri confermasse le proprie dimissioni la palla passerebbe al presidente libanese che dovrà risolvere una crisi potenzialmente devastante per il Libano. Aoun ha più volte ribadito che il Libano rimane neutrale nelle disputa tra Iran e Arabia Saudita, ma questa dichiarazione, francamente di scarsa utilità e non richiesta da nessuna delle parti in conflitto, fa risaltare la concreta possibilità che all’interno del Libano ci sia il desiderio (da parte degli sciiti) di far perdere alla nazione la sua neutralità, e schierare Beirut al fianco di Iran e Siria nella costituzione di quella mezzaluna sciita, tanto temuta da Riyadh.
Aoun cercherà di prendere tempo, di trovare appoggi internazionali alla sua linea di mediazione, ma con le dimissioni di Hariri, con le minacce dei sauditi al Libano (accusato di essere responsabile per mezzo dell’Hezbollah del lancio di due missili balistici di produzione iraniana contro l’aeroporto di Riyadh), il tempo per le mediazioni potrebbe essere finito.
Gli sciiti ormai sono abbastanza forti per reclamare il controllo sul Libano e dimostrare la loro egemonia su tutta la mezzaluna sciita, quando ora è solo Beirut che non si può annoverare tra le conquiste di Teheran.
Se il presidente Aoun non nominerà un sunnita a capo dell’esecutivo, o se chi prenderà il posto di Hariri sarà prono alla volontà dell’Hezbollah, il futuro del Libano potrebbe essere legato al conflitto e non più alla concordia, con attori internazionali pronti a intervenire a più livelli nel Paese dei Cedri.