E’ un vero e proprio conflitto quello in essere tra Stati Uniti ed Iran in terra irachena. Un conflitto che deciderà se Teheran riuscirà a completare in maniera organica quella mezzaluna sciita che potrebbe permettere agli ayatollah di proseguire il loro piano espansionistico verso il Mediterraneo ed il Nord Africa prima e verso il cuore stesso dell’Europa dopo.
In questa lotta contro gli Stati Uniti l’Iran dispone di miliziani fedeli che combattono per procura le guerre di Teheran, in un copione ormai consolidato dell’espansionismo sciita in Medio Oriente. In Yemen sono gli Houti, a Gaza la Jihad Islamica Popolare, in Siria l’Hezbollah, ed in Irak Kataib Hezbollah.
Da molti mesi l’Hezbollah iracheno manda concreti messaggi intimidatori agli americani presenti in Irak, e non parliamo certo di missive diplomatiche o note dei responsabili politici. I messaggi della milizia sciita sono inviati per mezzo di colpi di mortaio o di razzi sparati contro le postazioni militari con una cadenza costante e in maniera sempre più pericolosa e precisa. In risposta a questo atteggiamento il presidente americano ha tracciato una netta line rossa: nessuno tocchi i militari o i cittadini americani; questa linea rossa è stata oltrepassata quattro giorni fa quando una salva di razzi ha colpito la base americana K-1 uccidendo un cittadino americano e ferendo gravemente quattro soldati ivi dispiegati.
L’inevitabile reazione americana è consistita in un raid aereo contro cinque obiettivi dell’Hezbollah (tre in Irak e due Siria), incluso il quartier generale della 45° brigata, responsabile del lancio di razzi contro K-1, nel raid sono stati uccisi anche cinque iraniani.
La risposta verbale di Teheran è stata durissima. Gli ayatollah hanno accusato gli americani di praticare il terrorismo e di agire in difesa dell’ISIS. Poche ora dopo Kataib Hezbollah ha mobilitato e un folto gruppo di miliziani ha dato l’assalto alla Zona Verde di Baghdad. Molte persone, di etnia sunnita nei mesi scorsi, sono state uccise negli scontri con le forze di sicurezza irachene, mentre tentavano di entrare nella zona verde per protestare contro il governo filo-iraniano, al contrario ieri nessuno ha aperto il fuoco contro i miliziani che puntavano verso l’ambasciata americana.
E’ così iniziato un assedio alla rappresentanza Usa fatto di molotov, incendi, lancio di pietre e distruzione delle opere difensive esterne della sede diplomatica. Nel timore di un nuovo assalto all’ambasciata, del tutto simile a quello avvenuto nel 1979 a Teheran, sempre ad opera degli integralisti sciiti, il Pentagono ha inviato una intera compagnia di Marines all’interno dell’ambasciata e mobilitato in serata la forza di reazione rapida dell’82° divisione aerotrasportata, la cui avanguardia è atterrata nel primo pomeriggio di oggi 1° gennaio 2020 direttamente in Irak.
Sempre in questi minuti l’assedio, perché di questo si tratta, dell’ambasciata americana a Baghdad da parte dei miliziani dell’Hezbollah iracheno prosegue e le bandiere gialle delle milizie sventolano sui cancelli della sede diplomatica americana, nel cui interno è presente l’ambasciatore. Ora solo l’ultimo muro divide i miliziani dal personale americano, e basterà solo l’ordine dei vertici sciiti per determinare il tentativo di assalto finale. Un assalto che non potrebbe avere come unico obiettivo la “cattura” dell’ambasciata, ma potrebbe essere funzionale ad avere decine di martiri da mostrare nelle piazze per chiamare all’insurrezione contro gli americani.
In questa situazione la Casa Bianca ha reso noto che ritiene e riterrà l’Iran direttamente responsabile delle violenze in Irak contro personale ed interessi americani. Questa dichiarazione è nei fatti una nuova linea rossa tracciata dall’amministrazione Trump. E’ quindi consequenziale pensare che in caso di una nuova offensiva armata dell’Hezbollah iracheno contro le forze americane in Irak, la Casa Bianca ordinerà una risposta militare diretta contro strutture e decisori iraniani, anche se essi si trovano all’interno dei confini dell’Iran.
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