La guerra in Siria, e vi preghiamo non chiamatela guerra civile perché è una guerra tra nazioni straniere alla Siria che si combatte sul suolo siriano, ha raggiunto le dimensioni di una vera e propria ecatombe. Non importa che siano state usate armi chimiche o artiglieria convenzionale, non importa che al posto del Sarin le due fazioni che si combattono usino il tritolo, il risultato è comunque morte e devastazione.
In Siria, nel disinteresse della comunità internazionale si continua a combattere e i civili continuano a morire. Non esiste nessuna zona franca dove i profughi possano rifugiarsi, nessun corridoio umanitario per far affluire gli aiuti alla popolazione vittima della guerra. E in questo caso non si può accusare una sola delle parti in causa, sia i governativi sia i ribelli, hanno forti responsabilità. I ribelli che hanno torturato e ucciso migliaia di persone, non solamente combattenti, ma anche civili e persone che cercavano solo una via di fuga. I ribelli che hanno bloccato le vaccinazioni di base, come ad esempio quella contro la poliomielite, innescando una epidemia che ha causato già il contagio di decine di migliaia di persone e la paralisi di almeno 25 soggetti, in particolare bambini in tenerissima età.
E i governativi che non hanno esitato a bombardare con l’aviazione, i razzi e perfino i missili Scud aree residenziali, i governativi e le milizie paramilitari del regime che hanno segregato torturato e ucciso prigionieri di guerra. Abbiamo decine di immagini fotografiche e documenti video che testimoniano l’orrore siriano, l’orrore della guerra.
Un orrore che non si ferma incenerendo lo spettro delle armi chimiche, mossa utile sul piano strategico regionale più che per limitare la strage dei civili.
In Siria oggi l’esercito multiframmentato dei ribelli perde quotidianamente posizioni e anche la roccaforte di Aleppo è oggi per metà (parliamo della parte occidentale) sotto il controllo delle truppe fedeli ad Al Assad, così come le zone rurali a sud. La parte est e le zone rurali a Nord sono nel possesso precario delle varie anime della rivolta (il Free Syrian Army, ormai ridotto all’ombra di se stesso, ai combattenti di Al Qaeda e ai membri dello stato islamico di Irak e Siria). Al Assad riceve ogni giorno rinforzi da parte della Russia, mentre a Nord la Turchia ha gradualmente ridotto l’appoggio alla rivolta, che oggi può contare solo sul supporto, e spesso non convinto, delle monarchie sunnite del Golfo.
Ogni giorno i ribelli perdono terreno e, se nulla cambierà una volta spedite all’estero le armi chimiche del regime, la ribellione in Siria avrà i mesi contati. I mesi e non i giorni, perché l’ampia superficie della Siria e la scarsità di uomini a disposizione di Al Assad determinano la persistenza di aree ancora nel totale controllo della ribellione. Tuttavia osservando le constanti sconfitte della coalizione dei ribelli, molti potenziali combattenti non si arruolano più nelle fila delle formazioni che combattono Al Assad, facendo venir meno il necessario rimpiazzo per gli uomini che vengono uccisi o feriti in battaglia, senza contare che spesso le aree in mano ai ribelli sono letteralmente alla fame. Sì, le aree controllate dai ribelli hanno una cronica carenza di cibo, derivata principalmente dalla strategia delle forze governative, le quali da mesi hanno tra gli obiettivi primari quello di “affamare” la ribellione. Le forze di Al Assad sono più attente a non far passare carichi di viveri diretti ai ribelli piuttosto che carichi di armi, e questa strategia, che però uccide anche civili innocenti che hanno la sola sfortuna di vivere nelle aree controllate dai ribelli, questa strategia si sta dimostrando efficace e vincente.
In Siria non esiste una parte che non abbia commesso crimini di guerra, non esite nessun eroe senza macchia e senza peccato ma solo numerose fazioni che lottano con ogni mezzo a loro disposizione nel quotidiano disprezzo per la vita.