Pensavate che i tedeschi fossero i pacifisti dell’era moderna? Pensavate che non avrebbero consegnato i loro carri per una forma di rifiuto della violenza ad ogni costo? No, cari amici e lettori, alla base del “Nein” tedesco c’è molto altro.
La Berlino di oggi non è quella di fine 800 e ancora meno quella del ‘39, la Germania ha già gustato l’amaro calice della sconfitta politica, istituzionale e militare ben due volte in meno di trenta anni. La seconda sconfitta per K.O. , occupata e divisa in zone amministrative dalle potenze vincitrici di allora: Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Unione Sovietica. La Germania nel 1945, non esisteva più come stato, ma come espressione geografica con un futuro incerto tra chi voleva ridurla a stato senza industria pesante, diviso in 3 parti come nella mente del piano Morgenthau spiegato nel suo libro “Germany Is Our Problem” e chi non aveva ancora ben chiaro sul da farsi con l’alleato orientale. La Germania di oggi sente più di tutti paesi dell’ex-Asse il peso morale della sconfitta. Ma ridurre le ragioni delle esitazioni tedesche a questioni storiche e psicologiche farebbe perdere di vista gli aspetti economici e militari della Germania post unificazione. Casomai le loro esperienze del passato rendono più acute e più articolate, le loro analisi e le loro paure.
Ma cosa accadrebbe alla Germania se la gran parte dei carri armati Leopard venisse destinata rapidamente entro poche settimane all’Ucraina? Sicuramente questi mezzi, ponendo anche il caso non venissero distrutti sul campo di battaglia, sarebbero soggetti ad un’usura estrema e certamente sarebbero ben poco funzionali al termine delle ostilità. Questa tipologia di carro armato rappresenta il fulcro, o se preferite dirlo all’americana the backbone, delle forze corazzate europee. E gli eserciti europei si troverebbero con una grave carenza di questa tipologia d’arma. Le catene produttive tedesche al giorno d’oggi non sono in grado di rimpiazzare nel giro di pochi mesi una tale massa di carri costruiti in circa trent’anni, allora cosa fare? La risposta è semplice, sembra anche una buona risposta: ci rivolgiamo agli americani, gli stessi americani che adducendo ragioni di tipo logistico affermano che i loro carri armati non possono essere consegnati agli ucraini. I medesimi carriarmati però vengono offerti, naturalmente includendo il necessario pacchetto di supporto tecnico e manutentivo, agli stati che decidessero di donare i loro Leopard all’Ucraina.
Comprendete benissimo, cari amici e lettori, che in un tale scenario l’industria bellica tedesca diventa marginale, tutta l’industria bellica pesante europea diventa marginale, mentre cresce in maniera rapida ed esponenziale la dipendenza dell’Europa dalle armi americane. Anche per questo motivo Berlino ha più volte affermato che i medesimi Stati Uniti dovrebbero consegnare i loro carri armati all’Ucraina, e non tenerli come merce di scambio per gli eserciti europei.
Se la Germania è finita sotto la lente (assedio?) e l’attenzione atlantica, tra campagne di stampa, dimissioni clamorose e incontri notturni, l’altro unico grande paese dall’industria bellica completa importante dell’alleanza nordatlantica, sembra aver adottato un profilo più defilato, quasi schivo: la Francia. Ed oggi, con l’occasione del sessantesimo anniversario del trattato dell’Eliseo, il Cancelliere tedesco ha fatto visita al Presidente francese. Nonostante i vibranti appelli del presidente ucraino a Parigi, il messaggio di Kiev è stato accolto parzialmente a Parigi, i cui carri armati Leclerc potrebbero essere molto ambiti dalle truppe ucraine. Su richiesta di Emmanuel Macron, il ministro delle Forze armate, Sébastien Lecornu, ha annunciato al Senato di aver avviato una procedura per esaminare la richiesta. Ma vista la voragine di materiali rappresentata dal fronte orientale ucraino, la Francia esita.
La Francia, che come la Germania del resto, ha un problema produttivo significativo: la flotta di carri Leclerc, che ora è limitata a 222 unità, non è rapidamente integrabile visto che la produzione è stata cessata nel 2008. È indispensabile quindi calibrare la portata e la dimensione dell’aiuto, sapendo che già i 22 carri richiesti, rappresentano il 10% del parco funzionante francese e molti già parlano del fatto che aiuti inferiori alla dimensione di un battaglione (40 carri), sarebbero poco efficaci.
Sending tanks to Ukraine should not be at the expense of France’s security. E.Macron
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