Domani sarà un altro venerdì, un altro venerdì che ci avvicina alla festa che celebrerà i settanta anni della nascita dello stato di Israele, un altro venerdì dove vedremo le masse di Gaza accamparsi nei pressi del confine con Israele e tentare di raggiungere i reticolati che segnano la linea di divisione del territorio, con la chiara intenzione di abbatterli e far sì che decine di migliaia di palestinesi invadano letteralmente il territorio israeliano.
La scorsa settimana questo tipo di protesta fu definita “la marcia del ritorno”, domani invece la “manifestazione” potrà chiamarsi “la giornata dei pneumatici in fiamme”; sì perché per tutta la settimana giovani attivisti di Hamas hanno raccolto nella Striscia tutti i pneumatici usati ed abbandonati che hanno trovato e li hanno trasportati nei pressi del confine, ammassandoli in cataste. L’idea sarebbe quella di dare fuoco a questi rifiuti per creare una densa coltre di fumo che, nelle intenzioni dei palestinesi, servirà per offuscare la linea di tiro dei tiratori scelti israeliani. La settimana scorsa i cecchini di Gerusalemme avevano ucciso 16 persone che manifestavano nei pressi del confine o che cercavano di superarlo. La maggior parte delle vittime erano dell’ala militare di Hamas, e avevamo osservato una grande sproporzione tra feriti e morti, a testimonianza del fatto che chi aveva sparato (tranne che in 16 occasioni) non aveva sparato per uccidere (ricordiamo che i feriti sono stati più di 1000).
Ma gli organizzatori dei venerdì di protesta ai confini con Israele non hanno solamente ammassato migliaia di pneumatici, ma hanno costruito numerose tende per ospitare i loro attivisti, li hanno radunati in tutta la Striscia e li hanno accompagnati nei punti di attesa. Allo stesso tempo bulldozer hanno costruito terrapieni ed altre forme di difesa per mettere al riparo i partecipanti dal fuoco delle armi leggere israeliane.
I manifestanti attesi domani al confine con Israele potrebbero essere circa 50000.
Tutto quello che vi abbiamo descritto delinea un aumento della posta in gioco e del rischio di assistere ancora una volta ad un bagno di sangue. A chi andrà ascritta la responsabilità delle vittime che vedremo domani? A chi cerca di invadere letteralmente uno stato, e parliamo di Israele, il cui diritto di esistere è stato affermato anche dall’erede al trono saudita ma non da Hamas; oppure andrà ascritta agli israeliani che apriranno il fuoco contro persone senza armi?
La risposta per noi è chiara. La massa stessa di persone che ha lo scopo di entrare con la forza in Israele è essa stessa un’arma e con le armi se necessario andrà fermata.
Non ci aspettiamo che i media tradizionali abbiano il coraggio di osservare senza filtri quello che accade e riportarlo nei termini che vi abbiamo descritto, così come non ci meraviglieremo se nessuno dei grandi editorialisti radical-chic non stamperà mezza parola contro le (da noi) già attese accuse di terrorismo che verranno rivolte dal Sultano turco contro il governo di Gerusalemme.
Quello che potrebbe accadere domani è già scritto oggi, quello che potrebbe accadere domani e nei prossimi due venerdì che ci separano dalla festa di indipendenza di Israele dipenderà in gran parte anche dalla fermezza dell’esercito di Gerusalemme. Se chi oggi a Gaza sogna di distruggere Israele intuisse timore o incertezza nella azioni del governo Netanyahu, organizzerebbe un evento così imponente che potrebbe mettere a rischio la stabilità dell’intera regione.
Domani seguiremo passo passo l’evoluzione della situazione a Gaza e ve ne daremo conto sulle nostre pagine social.