Il 26 e 27 maggio prossimo è previsto a Taormina il vertice G7, che vedrà l’Italia nel ruolo di paese organizzatore e presidente. Il G7 ha da sempre rappresentato per l’Italia l’emblema stesso delle occasioni perse. Fu una occasione persa il vertice di Genova del 2001, lo è stato ancora di più quello dell’Aquila del 2008, oggi non possiamo permetterci il lusso di un nuovo fallimento.
Quale sarebbe oggi il fallimento del vertice di Taormina? I fallimenti potrebbero essere addirittura due. Il primo sarebbe quello impostare un vertice politicamente corretto, focalizzato in larghissima parte al problema dell’immigrazione. Perché sarebbe un errore? Perché per prima cosa diversi Stati del G7 non sono toccati dal “nostro” problema di immigrazione: gli Stati Uniti e Canada non subiscono i flussi africani e asiatici, il Giappone ha una politica su immigrazione e asilo che é più rigida di quella proposta da Trump, la Gran Bretagna sulla via della Brexit non dovrà obbedire all’Europa, la Francia sarà in piena campagna elettorale, con Marine Le Pen in lizza per l’Eliseo, e chiuderà ogni spiffero alla frontiera. Rimane la Germania, che dopo i fatti di Monaco e Berlino, ha già inasprito i respingimenti verso la Grecia e che tenterà di fare la stessa cosa verso il secondo punto di ingresso dei clandestini: il nostro paese.
Puntare tutta, o gran parte, dell’agenda del vertice sull’immigrazione e sulla sua gestione passiva sarà sicuramente politicamente corretto, ma praticamente inutile. Altra cosa invece sarà proporre politiche di stabilizzazione dell’intera regione Mediterranea e in particolare nord africana, politiche che puntino allo sviluppo della regione, al sostegno a governi locali forti, alleati del le democrazie mondiali e per quanto possibile espressione democratica dei paesi africani stessi. Diciamo per quanto possibile perchè la struttura tribale (e parliamo in particolare della Libia) non permette un pieno sviluppo della democrazia occidentale, la quale non può essere il modello di governo di diversi paesi della regione.
Politiche attive in Libia devono per prima cosa individuare un interlocutore locale che sia in grado allo stesso tempo di godere di buona rappresentatività, e che possieda sufficiente autorità (personale e militare) per agire da deterrente nei confronti delle spinte centrifughe che provengono da tribù o gruppi sociali, religiosi ed etnici, che si possono opporre ad una forza centrale, la quale possa spegnere le attività illegali con le quali queste tribù a volte si arricchiscono, oppure in altri casi soltanto sopravvivono. Traffico di armi, immigrazione clandestina, traffico di droga, devono essere sostituiti da attività lecite (manifattura, agricoltura, turismo), mentre i proventi derivanti dalle ricchezze minerarie dei paesi in oggetto devono essere redistribuite alle tribù stesse, in parte sotto forma di contanti, in parte sotto forma di miglioramenti dello stato sociale.
Il ruolo del G8 deve iniziare in una fase precoce della trasformazione del nord africa, sostenendo con donazioni, ma ancora di più con capitale umano e tecnologico, la prima fase della transizione nella quale paesi come le Libia non possono disporre dei fondi e delle risorse umane e tecniche per uscire rapidamente da quel periodo oscuro iniziato dopo la demolizione, a colpi di bombe, dello stato creato dal colonnello Gheddafi.
Questo rinnovato spirito di collaborazione in un teatro oggi non chiaramente schierato potrebbe dare al possibilità all’Italia di coinvolgere nel vertice la Russia.
Il secondo errore del vertice di Taormina sarebbe infatti quello di non trasformare il G7 italiano in un G8, facendo sedere il presidente Putin al tavolo dei grandi, fornendo una sponda al presidente americano Trump che non potrebbe essere così additato in patria come colui che ha fatto il primo passo verso la Russia. L’Italia, questa Italia dove lo slogan “costruiamo ponti e non muri” impera ma nell’eccezione sbagliata, potrebbe avere la possibilità di costruire un ponte portatore di pace, sviluppo e stabilità. Potremmo costruire un ponte in grado di fermare l’escalation delle spese militari, destinare quei fondi allo sviluppo delle nazioni africane ed impedire che precipitino nel vortice dell’influenza cinese, arresteremo i flussi di immigrazione incontrollata, dando la possibilità di immigrare in maniera regolare e ordinata alle persone che ne faranno richiesta e delle quali il nostro paese avrà bisogno per la sua economia.
Questo vertice siciliano potrà essere ricordato nei libri di storia come un evento eccezionale, oppure potrà transitare come il solito fallimento politicamente corretto, serve coraggio, e visione, serve capire che il vento è cambiato e che restare fermi sulle posizioni di Frau Merkel ci priverà della più ghiotta occasione di riscatto sulla scena politica internazionale degli ultimi 15 anni….