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Escalate to De-Escalate: una pericolosa teoria della Limited Nuclear War (e la sua applicazione al giorno d’oggi in Ucraina)

Guerra Nucleare, un incubo degli anni successivi al secondo conflitto mondiale, un incubo di due generazioni abituate a convivere con l’idea che improvvisamente la loro vita sarebbe cambiata con un lampo bianchissimo all’orizzonte, un incubo talmente concreto che molte persone nate tra il 1950 e il 1980 ricordano ancora le istruzioni ricevute da bambini su cosa fare in caso di conflitto nucleare. Per nostra fortuna l’incubo non si è mai concretizzato, e anzi le armi atomiche sono viste oggi da moltissimi, inclusi spesso numerosi decisori politici, come uno spauracchio che nessuno userà mai. 

Purtroppo cari amici e lettori la realtà è molto differente, l’incubo non è finito e le armi nucleari non sono strumenti che nessuno userà mai, capiti quel che capiti. Le armi nucleari sono evolute in questi anni, sono diventate più “flessibili”, posseggono potenze estremamente variabili partendo da 1 Kt (Kilotone e cioè mille tonnellate di tritolo equivalente) fino ad arrivare a 50 Mt (Megatone e cioè un milione di tonnellate di tritolo equivalente). Questa flessibilità delle armi atomiche (in particolare parliamo delle potenze più basse) le rende “adeguate” anche per un impiego di tipo limitato, ed è proprio l’argomento che tratteremo oggi: l’uso limitato delle armi nucleari in guerra o per dirla con terminologia inglese parleremo della Limited Nuclear War.

Prima di tutto: può esistere una guerra atomica limitata? La risposta è sicuramente sì, ma con una piccola postilla: per quanto tempo può essere gestita e può proseguire una guerra nucleare limitata prima che questa si trasformi in una guerra termonucleare globale? Oggi cercheremo di dare il nostro punto di vista sulla vicenda parlando di un’ipotesi che potrebbe essere traslata sullo scacchiere ucraino. 

Innanzitutto ricordiamo che la Limited Nuclear War è una dottrina che poi si suddivide in ulteriori sotto-dottrine, e ricordiamo che essa è presente ancora oggi nella dottrina militare russa, così come lo era negli anni 60-80 nella dottrina militare occidentale che in Europa avrebbe dovuto fronteggiare la superiorità convenzionale delle forze del Patto di Varsavia. La Limited Nuclear War trova infatti una delle sue applicazioni più concrete nella sotto-dottrina che prende il nome di Escalate to de-Escalate. Questa forma di strategia militare è messa in atto dalla potenza nucleare che si trova in stato di inferiorità sul piano convenzionale e valuta presente reale e concreta la possibilità di una sconfitta militare sul campo, oppure osserva come presente reale e concreta la possibilità che il prolungarsi estremo di un conflitto determini il cedimento politico o economico della propria nazione. 

Tornando alla dottrina militare russa, dobbiamo ricordare le dichiarazioni del Segretario del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa Nikolai Patrushev, il quale affermava nel 2010 che l’uso delle armi nucleari nella disponibilità della Federazione Russa non sarebbe più stato limitato al caso estremo del rischio esistenziale per la Federazione Russa, ma queste armi sarebbero diventate uno strumento di deterrenza strategica che poteva essere utilizzato anche in situazioni critiche per la sicurezza nazionale, non solo riferite a conflitti di vaste proporzioni ma anche in caso di conflitti regionali o di area. 

“Abbiamo corretto le condizioni per l’uso di armi nucleari per resistere all’aggressione di forze convenzionali non solo nelle guerre su larga scala, ma anche in caso di conflitto regionale o anche locale, non escludiamo un attacco nucleare contro un potenziale aggressore, incluso un attacco  preventivo, in situazioni cruciali per la sicurezza nazionale” (http://rt.com/news/russia-broaden-nuclear-strike/)

Quindi, per quanto sia vaga la dottrina militare russa, essa non proibisce il concetto di escalate do de-escalte e anzi in parte evidenzia come le armi atomiche possano essere utilizzare per determinare la svolta di un conflitto. La Federazione Russa ha sviluppato in questi anni ordigni di minima potenza, anche inferiore al Kt e ha altresì sviluppato vettori a corto e medio raggio in grado di far giungere a bersaglio questo tipo di testate nucleari (parliamo in particolare dei sistemi Iskander sia di tipo balistico che da crociera). 

L’utilizzo di questa dottrina potrebbe essere stata testata in alcune esercitazioni di vasta scala delle forze russe come le “Zapad”. In prossimità o durante queste esercitazioni (come nel 2017), in quella che appare ad un primo sguardo una coincidenza sono state condotte esercitazioni delle forze nucleari con la possibile intenzione di determinare una svolta strategica del conflitto senza tuttavia innescare una guerra aperta con la NATO e l’Occidente.

Oggi in Ucraina assistiamo ad uno stallo dell’avanzata russa e ad importanti offensive delle forze di Kiev nella parte occidentale e centrale del paese. In questo contesto assume più significato un diverso modo di intendere la Limited Global War e cioè multipli attacchi su una decina di obiettivi, che paralizzino la capacità militare ucraina utilizzando testate inferiori al kt. Un simile attacco dimostrerebbe non solo la volontà russa di non perdere questo conflitto ma causerebbe danni reali alle capacità belliche ucraine. Questo tipo di azione potrebbe non essere anticipata da dichiarazioni o messaggi ultimativi in quanto già in queste ore alcuni esponenti istituzionali russi appartenenti al ministero degli esteri (ad es Ryabkov) hanno asserito che la Russia sta valutando se ritenere gli Stati Uniti parte attiva del conflitto e rendendo l’ipotesi dell’utilizzo dell’arma atomica non solo un esercizio accademico. 

Bisogna ricordare che la NATO e gli Stati Uniti possiedono i medesimi armamenti tattici presenti nell’arsenale russo e che il loro utilizzo potrebbe essere messo in atto sia nel caso in cui la NATO dovesse essere sopraffatta in un conflitto convenzionale con le forze russe (ipotesi alquanto irrealistica al momento), sia se la Russia impiegasse armi atomiche contro bersagli NATO. Ma l’Ucraina non è territorio NATO e quindi una eventuale risposta nucleare dovrebbe essere messa in atto direttamente dagli Stati Uniti e non dall’Alleanza Atlantica. 

Mosca potrebbe basare parte della sua strategia di eventuale utilizzo di armi atomiche tattiche in Ucraina proprio alla luce di questi due assunti: l’Ucraina non è NATO e gli Stati Uniti hanno sempre dimostrato di non voler essere in prima fila in caso di guerra. 

Molti politici occidentali, come dicevamo ad inizio di questo post, ritengono che non verranno mai utilizzati armi nucleari, allo stesso tempo essi ritengono che la Russia in questa fase stia solo giocando un grande bluff. Questi politici e questi analisti non considerano però che in questa fase della storia della Federazione Russa il Cremlino osserva come la Russia sia sempre meno sicura della propria indipendenza e della propria sovranità. In queste condizioni, nelle condizioni nelle quali leader politici russi ritengono in pericolo l’essenza stessa della nazione russa, nessuno può escludere che anche l’impensabile diventi pensabile e che anche l’incubo più terribile diventi realtà.

Nel ragionamento della leadership del Cremlino la sconfitta in questa guerra con l’Occidente determinerebbe inesorabilmente, e per la seconda volta nel giro di trent’anni, la fine della sovranità e indipendenza della federazione russa. Putin ha già vissuto questo nel 1989, ha osservato un impero diventare provincia, ha provato sulla sua pelle cosa significa essere prima ufficiale lo Stato russo e poi un misero tassista di San Pietroburgo. Putin, il Cremlino, la Russia di Putin non accetterà mai di perdere questa guerra. In questa prospettiva di rischio per l’indipendenza e la sovranità di Mosca, l’uso di armi atomiche non solo diventa possibile ma, per chi dalle sue stanze osserva le cupole di San Basilio, non sarebbe solo una possibilità ma un dovere assoluto di chi ha in mano le sorti della Russia. 

 Questo nel nostro pensiero è lo schema mentale che guida Vladimir Putin, nella volontà di ripristinare quella che era l’area geografica sotto il controllo dell’Unione Sovietica e nel tentativo di far tornare la Russia una potenza imperiale in Europa.