Oggi, con tutte le cautele del caso e dopo mesi di preoccupazioni crescenti, possiamo scrivere un post che delinea un piccolo miglioramento nell’evoluzione dell’epidemia del virus Ebola in Africa Occidentale.
I nuovi dati emessi dall’Organizzazione mondiale della Sanità per il periodo compreso tre il 7 ed il 9 di agosto evidenziano un calo del numero dei nuovi casi in tutti i paesi focolaio del virus. In particolare, nel periodo in questione, in Nigeria non abbaimo assistito a nuovi casi o nuovi decessi.
La Nigeria, a nostro avviso, è un punto geografico cruciale per l’eventuale diffusione mondiale dell’epidemia, a causa degli intensi scambi commerciali e umani tra la Nigeria e paesi extra africani. Le altre nazioni ,dove l’epidemia prosegue (Sierra Leone, Liberia e Guinea), non hanno la stessa intensità di rapporti con l’estero della Nigeria, così come la presenza di viaggiatori europei, americani o asiatici è minore.
Vedere l’assenza di nuovi casi in Nigeria è, così ,per noi estremamente confortante. Tuttavia dobbiamo tenere presente il periodo di incubazione del virus, e del fatto che un focolaio epidemico si deve ritenere spento solo 42 giorni dopo l’ultimo caso registrato. La situazione continua invece ad essere critica in Liberia e in Sierra Leone, dove seppur si stia assistendo ad una diminuzione dei nuovi casi registrati, il sistema sanitario è al collasso e la stessa struttura e stabilità dello stato è messa in discussione. In Liberia rischiano di non essere più efficienti i servizi base dello stato, cadaveri giacciono per giorni nelle strade e l’economia (già estremamente precaria) è ora completamente bloccata dalla paura del contagio.
Nel mondo non si registrano casi del virus e i malati presenti in Europa e nel continente Nord americano sono stati volutamente trasportati nei loro paesi di origine dalle autorità sanitarie locali, al fine di garantire ai loro cittadini il miglior standard di cura possibile. Tutti i casi sospetti negli Stati Uniti, in Europa ed in Asia si sono dimostrati essere pazienti affetti da altre malattie. L’unico caso del virus in uno stato extra africano, e non volutamente trasportato fuori dalla zona di epidemia, risulta essere quello di un cittadino saudito ceduto a Jedda due settimane fa.
L’epidemia sembra essere oggi in una fase stazionaria e non più in quella di crescita esponenziale. L’unico dubbio in merito risiede nel fatto che nelle religioni africane al centro dell’epidemia credenze religiose, usanze e la paura della medicina moderna spingono spesso i clan famigliare a gestire le malattie tra le mura domestiche, senza ricorrere alle strutture sanitarie (seppur precarie) della regione.
Questo schema comportamentale potrebbe far sfuggire alla rilevazione ulteriori focolai della malattia. ed è per questo motivo che il nostro ottimismo oggi è solamente appena accennato.