Ospitiamo oggi il primo di due articoli dedicati all’Egitto, scritti da un nostro lettore appassionato, Bassam Habib; buona lettura.
La cosiddetta Primavera Araba ha reso l’Egitto non solo instabile dal punto di vista politico e sociale, ma anche da quello economico: il settore che ha risentito di più è certamente il turismo, nonostante ultimamente si possa intravedere una timida ripresa, grazie a russi e tedeschi.
A danneggiare ulteriormente la situazione furono i due incidenti aerei (MetroJet nell’Ottobre 2015 e Egyptair a Maggio 2016) nel Mediterraneo e nel Sinai Nord, in cui vige ancora lo stato di emergenza per la presenza di Ansar Beit Al-Maqdes, divenuto Wilayat Sinai (provincia del Sinai), un gruppo terrorista di matrice islamista affiliato all’IS, che insieme al Movimento Hasam, nuovo braccio violento della fratellanza, mirano a danneggiare principalmente istituzioni ed esercito, anche se non mancano rappresaglie contro la comunità cristiano-copta, minoranza religiosa che rappresenta circa il 20% della popolazione, motivo l’esser ritenuti infedeli e l’aver appoggiato la caduta di Morsi nel 2013.
Il calo di turisti, quindi il poco apporto di valuta straniera (dollari ed euro in primis) assieme alla mala gestione dei Fratelli Musulmani, hanno contribuito a depauperarne le riserve portandole dai circa 30 miliardi del 2010 ai poco più dei 10 attuali, tanto che il governo è stato costretto a chiedere un prestito dal FMI per 12 miliardi di dollari a scopo di attuare le riforme necessarie per rimettere in carreggiata il paese, che nonostante le previsioni rosee sul PIL per i prossimi anni (4,4% nel 2017 e 5,1 nel 2018) è colpito da una costante disoccupazione giovanile al 40% e da un’inflazione su base annuale al 23%, che si prevede resterà alto fino al 2020 visto il mancato sostegno saudita e le stringenti condizioni richieste dal FMI come la svalutazione della Lira Egiziana del 48%, la fluttuazione della moneta sui mercati finanziari e la rimozione dei sussidi su alimenti, medicinali ed energia.
Nonostante l’instabilità economica che il paese sta attraversando, il governo sta spingendo in più direzioni per rilanciare il paese:
1) Raggiungere l’indipendenza energetica (prevista per il 2019), grazie alla scoperta, da parte di Eni, di nuovi giacimenti di gas nel Mediterraneo, tra cui spicca il maggiore Zohr;
2) La costruzione di nuove infrastrutture: strade, ferrovie e rinnovabili, possibili anche grazie ad investimenti esteri principalmente di Germania, Cina, Giappone e paesi Arabi.
Inoltre, sempre con i paesi del Golfo e la Cina, c’è un accordo per la costruzione di una nuova capitale amministrativa ad est de Il Cairo la cui funzione sarà quella di accogliere tutte le sedi istituzionali del paese e far calare la pressione demografica sulla capitale che ha un serio problema di congestione e inquinamento.
Nella nuova capitale saranno costruiti la chiesa e la moschea più grandi del paese, come segno di convivenza pacifica tra le due confessioni: importante menzionare la riforma di Novembre sulla liberalizzazione (se così si può chiamare) e la de-burocratizzazione per la costruzione di Chiese, osteggiata aspramente dai Salafiti in parlamento e per cui prima vigeva una legge ottomana di fine ‘800 che obbligava a un decreto del sultano, quindi presidenziale, per edificarne una.
Attualmente quello della crescita della popolazione è un grosso problema per l’Egitto, purtroppo si fa poco a riguardo in quanto il problema è anche culturale: i maggiori tassi di natalità si registrano nelle zone rurali e con basso tasso di alfabetizzazione; tanto che si prevede che la popolazione passerà dai 90 milioni attuali a 130 milioni entro il 2030 superando persino il Giappone, tutt’ora il 60% della popolazione è composto da trentenni, che unito alla disoccupazione (circa il 14%), ai prezzi alti e alla scarsità di risorse (in primis l’acqua, problema che sarà aggravato dalla Diga della Rinascita in Etiopia), crea un mix letale per la stabilità e la prosperità del paese, che, se ne medio termine è possibile ed anzi, previsto, nel lungo termine può essere compromessa; tutt’ora è improbabile in quanto l’Egitto è reduce dell’esperienza negativa diretta dei Fratelli Musulmani e quelle indirette di Libia e Siria e non possiede al suo interno quella moltitudine di etnie e tribù che spesso non si riconosce nello stato centrale, con annessi problemi e conseguenze varie, cosa che invece caratterizza molti altri paesi arabi/nordafricani.
Bassam Habib
Comment(1)
Comments are closed.
Dove andranno tutti questi giovani senza lavoro? O meglio chi verrà a prenderli se non la zelante marina italiana? Che schifo. L’Italia sta facendo di tutto per suicidarsi.