Così la missione del sen. McCain e del sen. Graham è fallita e i due politici americani oggi lasceranno l’Egitto con un problema più grande rispetto a quello che avevano trovato al loro arrivo.
Nel mentre la piazza dei fratelli mussulmani si è trasformata in una enclave al di fuori del controllo dello stato egiziano. Check point controllano alcuni accessi a Nasr City e a Giza. Uomini che si qualificano come “servizio d’ordine della fratellanza” eseguono perquisizioni ai volti non noti che vogliono accedere alla piazza dove sorge il palco della Fratellanza.
Barriere con sacchi di sabbia e piccoli blocchi di cemento, ricavati dalla pavimentazione stradale, ostruiscono gli accessi strategici al quartiere di Nasr City, barriere pensate per resistere alla polizia, barriere che le forze del ministero dell’interno egiziano non potranno espugnare se verrano difese con modalità paramilitari dai membri più agguerriti della fratellanza.
In questa situazione dove è nato uno vero e proprio stato dei fratelli musulmani all’interno dell’Egitto, il governo provvisorio ha cercato la via della mediazione, seppur continuando nell’opera di repressione ad indirizzo dei vertici della fratellanza mussulmana e del partito Giustizia e Libertà, sua espressione politica.
Ma la mediazione internazionale e la pubblica vicinanza delle diplomazie occidentali ai Fratelli Mussulmani ha dato coraggio coraggio ai sostenitori della Fratellanza, ne ha ingrossato il numero, li ha resi più spavaldi e consci di avere dalla loro parte gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Talmente spavaldi da essere disposti al “martirio” in caso di scontro con i militari. Un bagno di sangue che qualcuno al Cairo pensa possa essere determinante per garantirsi molto di più di un appoggio diplomatico delle potenze occidentali.
Mancano pochi giorni alla fine del Ramadan ed è altamente probabile che in questi pochi giorni che ci separano dal ritorno nel cielo del Cairo della luna crescente, evento celeste che sancirà la fine di Ramadan, si tenti ancora di ottenere un accordo con quella parte dei fratelli musulmani che sembra ancora disposta al dialogo. Tuttavia le mosse dell’occidente hanno reso la posizione di questa fazione estremamente debole e le possibilità che le piazze si svuotino per via politica sono prossime allo zero.
Su una cosa ha invece ragione il Sen. McCain: l’Egitto dopo la fine di Ramadan rischia un vero e proprio bagno di sangue.
Le aspettative di un intervento occidentale, le barricate che per essere abbattute richiederanno l’intervento dei blindati e le armi (e l’esplosivo) che potrebbe essere nelle mani dei più violenti potrebbe far precipitare l’Egitto in una guerra civile in stile libanese e potremmo vedere incredibilmente le truppe americane mettere piede sul suolo egiziano per prendere il controllo del Canale di Suez. Ma se ciò accedesse non pensate che la Russia resti un’altra volta immobile, la Siria è importante per la Federazione Russa ma al suo confronto l’Egitto rappresenta un obiettivo strategico di un’altro ordine di grandezza. Il porto di Alessandria, il Canale di Suez e il controllo del paese guida del mondo arabo faranno derubricare la questione siriana ad un affare secondario e il confronto tra Stati Uniti e Russia potrebbe essere non più demandato ai rispettivi alleati, in particolare se i generali egiziani chiedessero formalmente l’intervento di Mosca.