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Da Londra a Kiev: la Pace imposta è una Guerra dichiarata?
Per coloro che, come noi, ascoltano il *BBC World Service* ogni giorno da quasi quarant’anni, l’idea di Londra sulla “pace” in Ucraina risultava già chiara e cristallina da oltre venti giorni. Mentre il mondo discuteva di piani di pace, cessate il fuoco e truppe di interposizione in Ucraina, ci saremmo aspettati che la voce ufficiale del governo di Sua Maestà Britannica nel mondo parlasse di *peacekeeping*. Con nostra lieve sorpresa, invece, la BBC ha iniziato a utilizzare il termine *peace enforcement*. Ma come può una singola parola rivestire tanta importanza? La scelta lessicale cui abbiamo assistito non è solo significativa: si rivela cruciale per comprendere gli eventi emersi oggi durante il vertice di guerra tenutosi a Londra.
Nella giornata odierna, a Lancaster House, si è riunita una parte dell’Occidente e della NATO, con la presenza dei vertici politici della Commissione Europea. Si è trattato di una coalizione eterogenea, guidata in modo deciso e inequivocabile da Francia e Regno Unito, con la partecipazione determinante della Germania. L’incontro ha ricevuto la benedizione del Sovrano britannico, che ha disposto la presenza delle sue guardie personali, le *King’s Life Guard*, a presidiare l’ingresso di Lancaster House e a rendere gli onori militari ai leader giunti al vertice. Un gesto simbolico che ha accompagnato l’annuncio del Primo Ministro britannico Starmer, il quale ha illustrato al mondo un progetto di garanzia di sicurezza militare per l’Ucraina, definito come un’iniziativa volta a “*enforce peace*”.
Ma perché insistiamo tanto su questa parola? Le missioni di pace, come noto, si distinguono in due categorie principali: *peacekeeping* e *peace enforcement*. La differenza tra le due è sostanziale. Nel caso del *peacekeeping*, le truppe vengono dispiegate sul campo solo dopo il raggiungimento di un cessate il fuoco stabile, quando la pace è già stata concordata in modo equo e approfondito tra le parti, riducendo il rischio di conflitto a mere incomprensioni o incidenti isolati. Nel *peace enforcement*, invece, le forze dispiegate non si limitano a mantenere la pace: agiscono attivamente per imporla. Ciò presuppone che le parti in conflitto non abbiano raggiunto un accordo definitivo, equo e condiviso, e che una delle due intenda – o sia costretta – a imporre la pace attraverso la presenza di truppe sostenute da una coalizione che appoggia pienamente le istanze di una sola parte.
Ecco, cari amici e lettori, perché una parola può risultare cruciale. Che nessuno affermi, in futuro, che non ci sia stato spiegato cosa sta accadendo; che nessuno sostenga domani che ignoravamo il fatto che tali truppe potrebbero essere dispiegate senza un accordo ampio ed equo tra Ucraina e Federazione Russa. Portare, come dichiarato da Starmer, soldati sul terreno e aerei nei cieli in un contesto di guerra ancora aperto rappresenta una mossa tanto audace quanto rischiosa. Perché? È possibile obbligare qualcuno alla pace? Certamente, si può imporre la pace, ma per farlo, purtroppo, può rendersi necessario dichiarare guerra. Dobbiamo dunque interrogarci: noi, l’Italia, l’Occidente tutto, siamo pronti a dichiarare guerra alla Russia? Una Russia che rimane la maggiore potenza nucleare del pianeta. È un elemento che tutti dobbiamo tenere ben presente.
Addendum
Il *peacekeeping* si riferisce a operazioni, spesso condotte sotto l’egida di organizzazioni internazionali come l’ONU, volte a mantenere o ristabilire la pace in aree di conflitto, ma solo **dopo che le parti coinvolte hanno accettato una tregua o un accordo di pace**. I peacekeeper, tipicamente caschi blu o forze neutrali, agiscono come una presenza imparziale per:
– Monitorare il rispetto degli accordi (es. cessate il fuoco).
– Facilitare il dialogo tra le parti.
– Proteggere i civili e supportare missioni umanitarie.
Caratteristiche principali:
– **Consenso**: Le parti in conflitto devono essere d’accordo con la presenza dei peacekeeper.
– **Neutralità**: Non prendono parte al conflitto, ma si limitano a osservare e mediare.
– **Uso limitato della forza**: Solo per autodifesa o per proteggere i civili, non per imporre soluzioni.
Esempio: La missione UNIFIL in Libano per monitorare il confine con Israele.
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### **Peace Enforcement (Imposizione della pace)**
Il *peace enforcement* è un intervento più deciso e coercitivo, autorizzato di solito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, per **imporre la pace** in situazioni in cui non c’è consenso tra le parti o quando una delle parti viola gravemente gli accordi. Qui l’obiettivo è fermare attivamente il conflitto o le atrocità, anche contro la volontà di uno o più belligeranti.
Caratteristiche principali:
– **Uso della forza**: Le truppe possono combattere per sedare violenze o far rispettare risoluzioni internazionali.
– **Mancanza di consenso**: Non richiede l’approvazione di tutte le parti coinvolte.
– **Obiettivo attivo**: Ripristinare la sicurezza o fermare aggressioni, non solo monitorare.
Esempio: L’intervento NATO in Kosovo nel 1999 per fermare le violenze etniche.
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### Differenza chiave
– Il *peacekeeping* è una missione di supporto e osservazione, pacifica e consensuale.
– Il *peace enforcement* è un’azione più aggressiva per imporre la pace, anche con la forza, quando il dialogo fallisce.